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*Jeno*

Rientrai a casa completamente fradicio. Nessuno era ancora venuto a salutarmi, come era solita fare mia madre, ad esempio. Non ci badai più di tanto, i miei pensieri confluivano tutti verso di lei. Sorrisi al solo pensiero di averla potuta tenere stretta tra le braccia dopo così tanto tempo. Mi tolsi le scarpe e nonostante ci provassi, il mio sorriso non accennava ad andarsene, e fui più che contento di ignorarlo, e decisi che quel giorno sarei stato il più felice del mondo. 

Avevo aspettato che entrasse in casa, prima di attraversare e lei non era riuscita ad entrare prima di concedermi un sorriso che aveva rimesso i pezzi del mio cuore al loro posto. Mi era mancata da morire, avrei dato qualsiasi cosa per tornare come prima, per riavere un suo sorriso in cambio di una semplice carezza, o il suo calore di un abbraccio dopo avermi ringraziato per le cose più piccole. 

Tornai in me quando vidi arrivare mia madre con un sorriso tirato e che si sistemava compulsivamente i capelli sulla fronte, e cercando di coprire l'occhio destro. Posai lo zaino a terra e mi tolsi la giacca. «Tesoro, sei fradicio!» si preoccupò facendo però attenzione a non avvicinarsi troppo a me. Cosa stava succedendo?

«Si...il temporale ci ha colti d'improvviso e siamo rimasti sotto la pioggia-» mi bloccai intravedendo un livido e una piccola striscia di sangue percorrerle la fronte, lì dove non era riuscita a coprire con i capelli. Corrugai la fronte preoccupato come non mai, e mi avvicinai spostandole non curante la mano dal viso. Le scoprii l'occhio diventato nero e una serie di graffi, compreso quello da cui fuoriusciva il rivolo di sangue. Notai solo dopo la sua guancia ancora rossa e tumefatta. Prima che potesse lei dire qualcosa, per giustificare quello che le fosse successo, sentii il rumore di vetri spezzati in cucina. 

La spostai superandola e mi catapultai in cucina, dove ai miei occhi si piazzò uno spettacolo a dir poco orribile. Spalancai gli occhi vedendo la figura imponente di mio padre spaccare con una furia mai vista le vetrine di bicchieri, e bevendo ogni tanto da una bottiglia di liquore, e la figura di una donna più giovane di lui certamente, mezza svestita, e con i segni delle percosse sul volto. Quando gli occhi scuri di mio padre mi puntarono, sorrise spaventosamente lanciando poi la bottiglia di liquore verso la parete accanto al mio viso, facendomi rannicchiare di spalle per evitare di ferirmi. 

«Figliolo! Sei tornato» disse biascicando e avvicinandosi a me lentamente con fare minaccioso. Lo avevo visto in quelle spoglie pochissime volte; mia madre mi lasciava rifugiare nella casa dei vicini quando succedeva. Sapevo fosse violento, ma vederlo in quello stato, dopo quello che aveva fatto a mia madre, mi fece stringere i denti e serrare i pugni. 

«Come ti sei permesso...» sibilai tra i denti, riferendomi al volto di mia madre, al volto di quella che sarebbe dovuta essere sua moglie e che ora era mostrava i segni della violenza subita. Inclinò la testa di lato e con fare quasi incredulo si puntò un dito verso di sé. «Io?» chiese come se non sapesse di cosa stessi parlando. «Non ho fatto nulla, io. È stata colpa di quella puttana!» si difese indicando la giovane donna che intimorita si stava rannicchiando su se stessa, sperando che il tutto finisse presto. 

«Jeno, ti prego, devi capire che tuo padre è ubriaco» mi dimenai dalla presa gentile che mia madre aveva provato a tendere verso il mio braccio rigido. «Diglielo anche tu, tuo figlio sembra non credermi!» sbottò furioso come se gli fosse lecito. Quella donna mezza nuda, mio padre con la zip dei pantaloni abbassata e la cintura slacciata, i vetri rotti, l'alcol. Non mi ci volle nulla per capire cosa era appena successo. Non ci vidi più dalla rabbia e mi fiondai su di lui, sferrandogli un gancio destro sullo zigomo, e facendogli voltare la testa. «Come cazzo ti sei permesso» urlai in preda alla collera più totale. Avevo visto solo una volta mia madre in quello stato, ed ero troppo piccolo per reagire, anche volendo, lei era sempre lì a tenermi le mani e a singhiozzare in silenzio. 

𝐃𝐈𝐕𝐄 𝐈𝐍𝐓𝐎 𝐘𝐎𝐔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora