☁️ 12 ☁️

64 7 17
                                    

*Akiha*

Chiusi la porta alle mie spalle, dopo averlo fatto entrare nel bagno che si affacciava in camera mia. Mi ero assicurata che mia madre stesse con le due donne al piano di sotto, e mio padre fece lo stesso, preparando ad entrambe una tazza di tè fumante, che avrebbero sicuramente gradito dopo la lunga doccia e medicazione che entrambe avevano già fatto e ricevuto.

Io e Jeno eravamo rientrati da poco, invece, eravamo rimasti in completo silenzio, l'uno tra le braccia dell'altro, e ancora non proferimmo parola. Nemmeno quando mi allungai verso di lui per alzargli la maglietta e medicargli tutte le ferite, prima di lasciarlo lavare con abbondante acqua calda.

Non smise nemmeno un secondo di analizzare i miei occhi vispi e attenti, e quando riuscii a togliergli la maglietta rimasi a fiato sospeso. Notai quanto fosse cresciuto in quegli anni di liceo, le mezzelune dei pettorali e le curve dei suoi addominali risaltarono ai miei occhi. Le mie dita sfiorarono la sua pelle, e lui sembrò più rigido del solito, in risposta a quel mio gesto. Passai il dito indice sulla sua pelle sfiorando i suoi muscoli e poi mi soffermai sui lividi, grandi e scuri. Alzai gli occhi sul suo viso e li riabbassai subito dopo. Mi staccai e mi apprestai alla medicazione. Aprii la valigetta medica e presi l'acqua ossigenata iniziando a pulirgli tutte le ferite, partendo da quelle dell'addome, ricoperto di lividi, e graffi. Lasciai l'applicazione della pomata lenitiva al dopo la doccia e mi preoccupai di ripulire tutte le sue ferite aperte.

Sporcai le mie dita di sangue, del suo sangue, sentendomi incapace di aiutarlo realmente, nonostante lo stessi già facendo con il kit di primo soccorso. Tremai quando poggiai il cotonino imbevuto di disinfettante sul suo zigomo. Allungò la mano e strinse la mia, aiutandomi ad essere precisa. «Non mi farai male, non mi farai nulla, rilassati, è solo un graffio». Alzai gli occhi incastrandoli nei suoi già intenti a osservarmi.

«Non è solo un graffio, sai quanto ci metterai a guarire?! Se solo oggi non avessi iniziato quella rissa-» lasciò andare la mia mano e mi interruppe. «Non l'ho iniziata io» sibilò a denti stretti. «E allora come è andata? Perché sinceramente non ho idea del perché ti sei fatto rovinare il viso in quel modo» lui si alzò lasciando la mia mano sospesa nel vuoto. «Mi sembra di averti già detto che la cosa non ti riguarda» mi guardò abbassando un sopracciglio. Sospirai e mi alzai a mia volta. Lo fronteggiai.

«Voglio saperlo lo stesso. Soprattutto la parte dell'ufficio del professore. Lui crede che tu mi abbia protetto perché siamo una coppia» Jeno si leccò le labbra e non accennò a sedersi di nuovo o a darmi per lo meno una spiegazione.

«Mi aiuti con le ferite o no?» chiese prendendo dalle mie mani il cotone. Schiusi le labbra per contrastarlo, ma sapevo fin troppo bene che non si sarebbe arreso tanto facilmente nel rivelarmelo. «Siediti» sospirai e poi ripresi il mio lavoro.

Finite le medicazioni ripulii il tutto e lui sembrò impaziente di farsi una lunga doccia rigenerante. Si slacciò i pantaloni davanti ai miei occhi e fui abbastanza imbarazzata nel non sapere cosa fare, se dovessi aiutarlo in qualche modo, oppure uscire a gambe levate, consapevole delle possibili reazioni del mio corpo, nel vedere il suo.

L'unica cosa sensata che riuscii a fare fu il voltarmi dandogli le spalle incapace di compiere un passo. «Tu non devi farti una doccia?» chiese avvicinandosi a me, posando poi una mano sul mio fianco. Deglutii a vuoto, sentendo la pelle bruciare di nuovo al suo tocco. «Mi aiuti?» sussurrò a debita distanza, spostando con l'altra mano le ciocche di capelli che mi erano ricaduti oltre la spalla. Il mio cuore andò in tachicardia e le mie guance avvamparono al solo pensiero di dover condividere un momento del genere con lui, un'intimità del genere con lui.

Mi voltai di lato e osservai il suo addome colorato a chiazze di un violaceo, e le mani ancora troppo ferite. «Io- io andrò di sotto a fare la doccia, fai pure con calma» dissi ma non riuscii a fare nemmeno un passo. Sospirai quando lui annuì sconsolato, scostando la mano dal mio fianco. Aspettò che uscissi prima di continuare a spogliarsi, ma io non ebbi la forza di farlo. Mi voltai verso di lui che analizzava ogni mia mossa. Mi tolsi la felpa, rimanendo di fronte a lui con solo il reggiseno a coprire il mio petto. Sentii subito l'aria fredda graffiarmi l'addome piatto. Abbassò gli occhi discreti, bruciando ogni mio lembo di pelle scoperto ai suoi occhi, e li riportò poi su di me, quando abbassai le mani per slegare il laccio che teneva stretti ai miei fianchi la tuta. Divenni rossa non appena si avvicinò e mi aiutò a toglierli dai piedi.

𝐃𝐈𝐕𝐄 𝐈𝐍𝐓𝐎 𝐘𝐎𝐔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora