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Quella gente non stava bene, Alexis lo sapeva. Gente che in quella fogna ci era nata, ma aveva comunque deciso di restarci. Gente che si era persino riprodotta, in quello schifo ai margini della società. Gente che non solo si era innamorata, con la foga del disperato che ha bisogno di dar fuoco a qualcosa per sentirsi in vita, ma persino gente che si era voluta bene, con tutte le conseguenze del caso. Alexis non sapeva se nei bassifondi ci fosse nato o no, ma quella era l'unica realtà che conosceva. Ci si era sempre mosso ai margini, strisciando come il verme che era stato, finché qualcosa non lo aveva fatto impazzire e reso violento. La violenza aveva chiamato il Doc, poi era arrivato Monique, intorno a loro si era creato il gruppo, Damn'it, Revenge, altra gente che poi era morta.

Monique. Era finito nei bassifondi non si capiva da dove. Età sconosciuta. Maschio. Un metro e novanta circa. Nessuno gli aveva mai chiesto perché avesse un nome da donna.

Aveva il fascino di un guanto di pelle nero, appena stretto alle nocche, ma che racchiude in sé tutto lo status di un oggetto di classe. Si muoveva con lentezza, quasi andasse al rallentatore, ma i suoi occhi vedevano tutto, sapevano tutto in poche, studiate occhiate. Con gesti precisi ed economici estraeva due pistole dall'apparenza pesante e un uomo piombava accanto a lui. Poi un altro. Poi un altro. Persone cadevano come mele. Monique a volte sorrideva, a volte no. Non giudicava mai. Era l'unico che continuasse a usare armi da fuoco quando Alexis era diventato la Guerra Bianca. Gli altri potevano, ma allora erano carne sua. Schierato alle spalle di Alexis, annientava quella categoria che ancora sperava di farlo fuori in modo sporco, senza duello. Erano cavallo e cavaliere di una leggenda rumorosa. Nessuno aveva potuto ignorarli.

Ai più attenti sembrò che i bassifondi fossero perdonati, ripuliti, riabilitati dal loro modo di combattere. Niente agguati, esecuzioni, stragi. Tutto sparito, come sotto una spugna pregna di aria bianca.

Alexis riuscì a farsi una doccia, la prima da quando l'avevano riportato a casa. L'acqua era fredda e puzzava di fogna, ma almeno era limpida. Dai capelli gli colò un rivolo nero simile a inchiostro, alla fine aveva i capelli bianchi. Anche se aveva ancora le palle, era un uomo castrato.

Da sconfitto hai una sola identità. Lui non aveva più alle spalle quella specie di mostro, fasciato di pelle nera, nascosto sui tetti o accucciato nei balconi, che sparava a qualunque testa di cazzo cercasse di cecchinarlo. Come puoi camminare per strada con lo stesso passo, quando hai avuto chi ti affrancava dai proiettili e ti permetteva di essere il dio della spada? "Ormai non sono più nulla. Non sono più la Guerra Bianca. Lo ero finché c'era Monique".

Quando l'avevano ammazzato non poteva funzionare più, per questo era scappato. Non per il dolore, per la pena, per la perdita. Ma perché non avrebbe più camminato in una sparatoria, sguainando la spada, sopravvivendo e vincendo. Monique si era portato via la sua identità primaria. Monique era il custode definitivo della sua leggenda. La Guerra Bianca non era Alexis, ma Monique. Uccisa l'ombra, non rimane il padrone.

Il Doc lo sapeva, anche solo per istinto animale. Era stato lui ad addestrare Alexis, era stato lui ad accoppiarlo a Monique. Gli sarebbe andato bene anche se avessero scopato, bastava che stessero insieme. Dove c'era Alexis, potevi scommetterci, nascosto in qualche angolo buio trovavi Monique. Lo vedevi dalla brace della sigaretta. Erano pazzi. Si erano lanciati nella guerra senza neanche pensarci. Era ovvio che prima o poi sarebbe finita. Uno con un minimo di sale in zucca avrebbe capito che per affossare i bassifondi doveva ammazzare Alexis. E, per ammazzare Alexis, bastava prima fare secco Monique. Quel bastardo di uno stratega dell'esercito l'aveva capito. Aveva massacrato qualche decina di persone, in piazza. Uomini, donne, ragazzini armati di niente. Avevano snidato Alexis, seguito la scia dei proiettili, ed ecco Monique. Due colpi alla nuca, il mostro era morto. Esposto il cadavere, ad Alexis erano venuti i capelli bianchi. Non lo poteva sapere, visto che si li tingeva di bianco apposta. Ma erano sbiancati di terrore, se li sarebbe tenuti così per sempre.

E adesso il Doc l'aveva fatto tornare. Lo odiavano, era questa la verità. Chi chiama un perdente per combattere una battaglia già persa è un disperato. E i disperati odiano. Gente come loro, ognuno un dio della guerra, non poteva ignorare che si stessero illudendo. Uccidere lo sgherro del governo? E poi? Revenge era un'assassina nata, votata nome e corpo a vendicare: se stessa, la sua infanzia, la madre. Tutto. Vendicava affronti che non aveva ancora subito. Damn'it era pazzo, pazzo biologicamente. Aveva dodici anni quando aveva implorato Alexis di lasciarlo entrare nella banda, 'che viveva solo per lui, era il suo idolo. Alexis l'aveva addestrato, Monique l'aveva cresciuto a cibo e silenzi. Il paradiso in terra per un orfano senza pace e senza dove. Era devoto. E amava Revenge perché era squilibrata e senza controllo come lui.

Sapevano di camminare sulle macerie. Non ci sarebbe mai stata una replica del passato. Dio, era stato un caso. Il Doc ne aveva addestrata di gente come loro, ma nessuno era diventato loro, prima di loro. Era stato un corto circuito primordiale a votare Alexis alla violenza; la violenza alla spada; Monique alla difesa di Alexis. Tutto il resto era venuto dopo, non perché quella gente preferisse le lame ai proiettili. Erano fan di una banda che vietava le pistole, tutto qui. Erano groupie: si sarebbero fatti tutti scopare da Alexis o Monique, tanto bastava che esistessero. Che gli dessero un sogno.

Cristo, un sogno, pensò Alexis, fradicio d'acqua e coi capelli color cenere. Non esiste niente di più pericoloso e noi gliel'abbiamo dato. Gliene abbiamo fatto sentire il sapore. E adesso? Quelli mi seguiranno di nuovo, moriranno tutti per rivivere uno straccio di emozione a cui non hanno più diritto. Sono fottuti. Siamo tutti fottuti. Non ne usciremo vivi.

Alexis sospira, ormai una persona diversa dal barista prelevato a forza. Sembra più alto, più forte. Ѐ magro, ma veloce. Ha muscoli piccoli, ma scattanti. Ѐ un uomo, è stanco. Guarda fuori dalla finestra quel quartiere degradato, grigio e sporco, dove è vissuto tutta la vita. Lo ama, maledizione. E lo odia ferocemente. Lo ama perché non ha altro, lo odia perché è tutto quello che ha. E non è abbastanza. Ѐ pericoloso, cazzo. Desiderare più di quello che si ha è sempre stato pericoloso.

Alla fine eccoli qui: in un palazzo decrepito, pieno di polvere e ricordi. Nessuno sa di loro, nessuno racconterà mai di loro. Non ne vale la pena, non sarebbe d'esempio. Elogio della violenza? Ma per favore. Non porterebbe bene a nessuno.

Ѐ singolare che tutto sia andato a puttane per la morte di un solo uomo. Ne sono stati ammazzati a centinaia, ma l'arco è crollato solo con la morte di Monique. Alexis non capisce. Non può capire. Sente che tra loro c'era un qualche tipo di legame karmico, destino fatalista, quello che è. Monique gli ha dato più di chiunque altro, si è preso più di chiunque altro. Il ponte non c'è più, ma lo vogliono tutti attraversare per vendicarlo. Alexis ride. Moriranno tutti, è ovvio. Ma non c'è niente da fare. Con gente così, non c'è mai stato niente da fare.

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