11.

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Non provava niente. Niente di niente. Il rumore dello scontro gli aveva rievocato sensazioni di una volta ma erano illusioni, come il fumo di una sigaretta: eteree, impalpabili, svanite. Se fosse stato lucido si sarebbe chiesto che cazzo stava facendo lì. Ma era impazzito, quindi non se lo chiese. Rimase a guardar morire un po' di gente. Almeno ora se ne rendeva conto. Una volta non ci avrebbe fatto caso, preso com'era dalla foga. Ora la foga era un fantasma: ne avvertiva la presenza, ma era incorporea, lo attraversava. Non si era mai sentito così fuori posto in tutta la sua vita.

Esplose qualcosa un paio di strade più avanti. Urla e bestemmie seguirono l'onda sonora. Alexis sapeva che non era roba loro. Vide venirgli incontro dei compagni, che scappavano in preda al panico.

Poi, da una laterale, circondato da lingue di fuoco e accompagnato da un terzetto di uomini, apparve lui.

Alexis uscì dal suo stato di assenza: all'improvviso sentì tutta la carne e il sangue che contenevano la sua esistenza. La botta di calore, di pressione, di rabbia fu così forte da lasciarlo stordito. Udì il ruggito, vibrava sotto le costole. Un filo di saliva gli rigò il mento. Cazzo, se era potente. La rabbia gli montò in corpo, fatta di brace e carbone, il sangue gli soffocò la vista, rimbombandogli nelle orecchie.

Ecco, sollevava il braccio. Ecco, le dita sfioravano l'impugnatura della spada. Ecco, il suono dell'acciaio. Ecco, l'adrenalina. Un'esplosione bianca lo accecò per uno, due, tre secondi. Poi il mondo era in bianco e nero e gli veniva incontro sfarfallando.

Scese in piazza, non si sentiva più il suono degli spari. Intorno a lui si alzò un boato, come un coro di saluto. Gli uomini alle spalle del tizio arretrarono: l'avevano riconosciuto. Caddero come sacchi, il tizio si girò, Rev e Damn'it erano già spariti.

Allora lui e Alexis si guardarono, riconoscendosi. Il tizio sorrise. Alexis no.

Il primo si ricordava di una checca bionda, armata di una spada, che aveva fatto secchi un centinaio dei suoi prima di essere stanata. Poi ricordava la stessa checca che scappava piangendo sotto la pioggia, lanciando i suoi stracci intorno a sé. Poi gli venne da ridere.

Alexis ricordava un tizio sempre in disparte, che dava ordini a destra e manca, senza mai sporcarsi le mani. Un uomo che aveva bisogno di ricordare a tutti che le palle le aveva solo lui, ma che alla fine non aveva mai combattuto. Alexis sputò per terra. Quel figlio di puttana aveva fatto una sola cosa degna di nota, quattro anni prima: aveva trovato Monique. Sarebbe stato in grado di fare meglio?

«Sai combattere guardando qualcuno negli occhi?» gli chiese con voce di tomba.

Quello rise.

«L'importante è il risultato» replicò.

Alexis sentì le labbra ritrarsi, come fosse un cane che ringhia. Era fuori controllo.

«Vuoi combattermi con la spada o con la pistola?» chiese. I suoi erano in delirio, gridavano il suo nome: la Guerra Bianca, è tornata la Guerra Bianca!

L'uomo rise ancora, impugnando un coltello estratto dallo stivale.

«Ѐ abbastanza lungo, per te?» chiese.

Alexis rise.

«Ho ammazzato uomini con lame più corte».


La Guerra BiancaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora