La Guerra Bianca

10.

Quella mattina Alexis si svegliò: sbarrò gli occhi passando dalla fase rem allo stato di veglia.

Fuori il cielo era coperto. Una nebbia leggera, simile a foschia, appannava le vie. Ma l'aria, respirandola, era bianca.

Certe emozioni generano allarme, vibrano nell'aria come onde sonore. Un movimento di Alexis aveva svegliato il Doc. Un suo comportamento aveva allarmato la banda. Il brusio aveva svegliato Revenge. Damn'it non dormiva più, combatteva meglio in carenza di sonno. Passarono ore di preparativi veloci come minuti.

Ora erano tutti sulla porta, vestiti e armati. Guardandoli si sarebbe pensato a uno scherzo, ma avvicinandosi e guardando meglio, scrutando negli occhi sgranati come punte di spillo e avvertendo il ritmo dei respiri ormai piatti, l'istinto avrebbe fatto capire che era il caso di darsela a gambe. Il pericolo puzza, sa di rancido. Allontana gli sprovveduti.

Alexis si mosse nelle azioni seguenti come travolto da un sogno a occhi aperti. Non era fatto, ma gli sembrava. Non sentiva gli effetti dell'adrenalina, ma qualcos'altro alterava le sue percezioni. Guardò morire i kamikaze, come previsto: gambizzati, trapassati, sventrati come tacchini. Il sangue non aveva odore, con quella foschia. Poi vide sbucare i militari, emergere dalle porte come ratti che escono dalle fogne. Il massacro si svolse come previsto. Con la coda dell'occhio seguiva i movimenti di Damn'it e Rev, che cavalcavano i tetti. Revenge si muoveva fluidamente, come un'immagine residua. Damn'it a scatti, come un'allucinazione. Nessun altro li aveva visti. Il Doc stava in disparte, passando di palazzo in palazzo, sgusciando dalle finestre sulle scale antincendio e dando ordini crivellati di proiettili da un angolo all'altro delle strade. Non si erano ancora accorti di Alexis. Per questo quegli idioti si stavano facendo ammazzare, docili come agnellini: credevano che alla fine avrebbero vinto. Si sentivano i vincitori. Alexis sorrise: ormai aveva rinunciato a dare un senso alle cose.