Capitolo 3.

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Ero andato in 'cucina', se così si poteva chiamare. C'era soltano un cucinino, un tavolo di legno e delle sedie dello stesso materiale. Poi c'erano anche diversi mobili con dentro il cibo, anche se mangiavo poco a casa.
Dopo un po' la mia attenzione fu richiamata dalla ragazza di sopra che urlava "aiuto" disperata, quanto gridavano gli umani?
Sbuffai e andai da lei, aprii la porta e mi avvicinai a lei, mentre mi avvicinavo lei mi guardava confusa e con terrore. Mi sedetti vicino a lei e poi la feci sedere, la guardai e mormorai ridacchiando.

"Come ti chiami?"
Rispose quasi sussurrando il suo nome.
"Audrey, tu chi sei?"
"Jeff, Jeff The Killer."

Era così carina e spaventata, poi la guardai e gli accarezzai i capelli.

"Perché piangevi?"
Mi guardò fulminandomi e rispose sfacciatemente.
"Non sono affari tuoi."

Cosa?! Certo che quella ragazza aveva coraggio da vendere! Fu così che scoppiai a ridere e gli sussurrai all'orecchio di andare a dormire, uscii dalla camera e chiusi la sua. Entrai nella mia e mi buttai sul letto, tirai fuori la mascherina e la indossai cercando di dormire.

• • •
Mi svegliai di buon'ora, tolsi la mascherina e ammirai il sole che illuminava la stanza dalla finestra impolverata con fatica. Mi ricordai della ragazza, Audrey.
Entrai nella sua stanza e la guardai dormire, quel giorno l'avrei uccisa a malincuore.
Gli accarezzai la guancia e poi si svegliò, il suo sguardo era impassibile. Così affermai, tanto non poteva fuggire.

"Adesso ti scioglierò i polsi, così farai colazione. Okay?"
"Uccidimi, cosa aspetti?"

Mi lasciai scappare un'altra risata prima di slegarla e le presi il polso tirandola leggermente verso la cucina. La feci sedere e aprii un mobiletto, presi dei biscotti secchi e li poggiai sul tavolo davanti a lei, scosse la testa.
Mi inginocchiai davanti a lei.

"Non hai fame?"
"No." affermò Audrey, ma io volevo assolutamente sapere il motivo del pianto della sera prima.
"Raccontami perché piangevi, su." accarezzai per l'ennesima volta la sua guancia delicatamente, il suo sguardo distrutto mi incuriosiva.
O forse perché mi ricordava me, quando i miei genitori erano vivi.

La vidi tirare sù con il naso e cominciò a raccontare, il suo sguardo era vuoto e pieno di dolore. La cattiveria si sentiva dalla sua voce decisa e arrabbiata con il mondo.

"Li odiavo, hai fatto bene ad ucciderli.
Mio padre? Mio padre si sbatteva un'altra tutte le notti e mia madre per sfogarsi se la prendeva con me, mi picchiava a volte."
"Oh, piccola."

Sembrava quasi che stessi provando compassione per lei, la sua tristezza rispecchiava tanto la mia. Dovevo liberarla, dovevo ucciderla.
La sua sofferenza sarebbe finita, per sempre.
Afferrai il coltello dalla tasca e lo avvicinai a lei, prima le accarezzai il mento e il collo con la lama, poi la posai sul suo petto ma non riuscii. C'era qualcosa che mi bloccava, forse la sua espressione o forse lo strano interesse che provavo per lei.
I suoi occhi divennero lucidi, poi si lasciò scappare delle lacrime spostando la lama e mi abbracciò.
Cosa stava facendo? Ricordo che ero pietrificato, non venivo abbracciato da tantissimo tempo. La allontanai dopo un po' e mi alzai con il mio solito fare da acido.

"Oggi esco e tu..tu vieni con me, sappilo."

La presi per il polso e la tirai in camera mia, non potevo farla uscire uscire di certo con solo la magliettona nera addosso, tirai fuori dei vecchi pinocchietti larghi che avevo preso da una delle mie vittime, lo mettevo per non farmi riconoscere di giorno, così glielo porsi.

"Su vai a metterlo."

Audrey's POV.
Ero così confusa, non riuscivo capire. Mi trovavo in una casa sporca, con un killer che mi diceva si uscire con lui per andare non so dove.
Mi porse dei pinocchietti orribili, marroncini ma non osai ribattere. Andai nella camera dov'ero legata prima e indossai i pinocchietti, mi sedetti e misi la testa tra le mani.
Mille domande mi passavano per la testa, perché non mi aveva uccisa? Perché sto andando con lui? Perché non ho paura di morire?
Venni interrotta da Jeff che pronunciò il mio nome acidamente. Alzai lo sguardo e lo guardai, i soliti pantaloni stretti neri con la felpa bianca, ma pulita senza una goccia di sangue. Indossava il cappuccio della felpa e poi indossava una sciarpa fino al naso per non far vedere i tagli sulle guancia, il coltello era nascosto dentro la tasca e coperto dalla lunga e larga felpa.

"Su, andiamo."
"Dove?" dissi alzandomi e avvicinandomi a lui, mi prese piano la mano e mi tirò verso l'uscita.
"Tienimi la mano, così se ci sarà gente non desteremo sospetti e non scapperai. Non ci provare, non ti conviene."

La cosa che mi preoccupava era il fatto che la sua mano non mi dispiaceva, e così mi limitai a seguirlo fuori. Ci incamminammo verso l'uscita della città e poco dopo ci trovammo davanti una grandissima casa con un portone di legno.
Ero confusa, lo guardai e lui tolse la mano dalla mia.
"Dove siamo?"
"Dai miei amici, non urlare quando li vedi."
Questo mi spaventava.


We're monsters.||Jeff The Killer||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora