Capitolo 10

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Capitolo dieci.

"Tante volte uno deve lottare così duramente per la vita che non ha tempo di viverla."

- Charles Bukowski

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Se me l'avessero detto qualche settimana fa, avrei riso. Avrei negato e poi me ne sarei andata, rifiutandomi di sentire ancora una parola in più da quell'idiota che ha avuto il coraggio di dirmi una cosa così assurda.
Ma nonostante questo, eccomi qua. Seduta contro una roccia a fare da guardia, e guardare minacciosamente Troy dormire.
Non so il perché l'ho accettato come alleato. Può avere semplicemente un piano per uccidermi. Il che non mi sorprenderebbe affatto. Il mio voto alto non comportava solo la possibilità di sponsor, ma anche l'odio, la stima e la paura dei miei avversari. E Troy proviene dal due. Un distretto particolarmente orgoglioso, con precisi principi. Non mi stupirebbe il fatto che mi vorrebbe fuori dai piedi. Il che è reciproco. Ma non ho intenzione di uccidere senza motivo. Solamente se è strettamente necessario. Se lui mi farà sentire minacciata anche leggermente, non esiterò a ficcargli un coltello dritto nell'occhio.
Sospiro e mi posiziono meglio cercando disperatamente di distogliere lo sguardo da lui, e concentrarlo sul cielo, ma fallisco il mio tentativo. Continuo a fissarlo spudoratamente cercando di ignorare i miei pensieri sui possibili commenti di Cesear su questa scena.
Però un' oggetto che non ho notato prima, attira la mia attenzione. Un braccialetto. Un braccialetto che gli penzola dal polso, con incisioni che citano:"Finché mi ricorderai, non morirò mai definitivamente." È intrecciato con al centro delle iniziali d'orate, che fanno un splendido effetto con l'argento del bracciale. Ma il fatto che lui abbia qualcosa di personale con se, ed io no, mi irrita. Lui, probabilmente, con quel bracciale penserà a casa. Penserà a quella persona tanto speciale a cui appartengono le iniziali. Magari guardandolo invocherà ricordi, e riuscirà anche a sorridere. Nell'arena. Dove nessuno sorride mai per felicità. Per pura felicità.
Lui potrà sorridere ed io no. Io non ho nulla che mi ricordi casa o il mio distretto. E devo davvero resistere alla tentazione di strapparglielo di dosso e buttarlo al fiume, dal momento in cui sento una rabbia montarmi.
Il cielo oggi è silenzioso. Il che mi ricorda che dovrei fare scambio con Brendon, ma per ora non mi va di dormire. Ho la mente troppo popolata da pensieri per occuparmi di qualcosa così bello e semplice come dormire.
Per ora, decido di osservare il mio nuovo alleato davanti a me, e continuare a domandarmi, se ho fatto bene o male.

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Saranno passati circa tre giorni da quando abbiamo preso Troy come alleato. Osservo distrattamente un albero con i fiori più belli che abbia mai visto, quando vedo Troy inchinarsi verso una piantina con l'evidente intenzione di stapparne le fragole. Ma purtroppo, quello che non sa, è che quelle fragole blocchino il sistema nervoso, quindi mi sembra ovvio spingerlo bruscamente prima che li tocchi. Lui mi osserva confuso prima di lasciar spazio alla rabbia, ma io non gli do molto caso per poi schiacciare i frutti velenosi sotto il mio scarpone.
Ammetto di esagerato un po' col spintone, ma devo dire che la storia del braccialetto non mi è andata completamente giù, così ignoro i suoi insulti e continuo a camminare.

"Non lamentarti troppo, biondino. Ti ha salvato la vita."

Sospira Brendon stufo dei miei dispetti e dei suoi insulti rivolti a me. È da tre giorni che aleggia una forte tensione piena di occhiatacce da parte mia e commenti sarcastici da parte sua.

"Infatti. Forse avresti dovuto impegnarti un po' di più sulle piante che vantarti con la spada."

Commento acidamente non rivolgendogli nemmeno uno sguardo. Posso giurare che in questo momento abbia alzato gli occhi, ma non mi può interessare minimamente.

"Volevo fare colpo su di te, dolcezza."

Risponde ed io lascio un verso disgustato.
Camminiamo per altro un paio d'ore, quando ci lasciamo cadere esausti contro un albero. Le spalle sono a pezzi, la schiena urla pietà, e le gambe sembrino aver preso fuoco.
E continuo a pensare che questa idea sia maledettamente stupida. Anche se Brendon mi ha spiegato che ci siano grandi possibilità che Jason sia ferito e che aspetti solo me.
Sospiro esausta e prendo lo zaino tirando fuori un paio di mele e della carne secca. Le passo a Brendon e Troy per poi portarmi alla bocca le rimanenti, mangiandole avidamente.
Mi manca il cibo di Capitol City, devo ammetterlo. E dell'intere serate dove io e Jason mangiavamo senza ritegno , riempiendoci la pancia già piena. Mi manca averlo accanto. Mi manca tantissimo. E sapere che lui è qui, esposto a pericoli, senza avermi accanto mi provoca un senso di amarezza.
Vorrei che torni da Marianne, davvero. Lei è una brava ragazza e non merita di soffrire. E nemmeno lui. Nel distretto ha una numerosissima famiglia, e molti, moltissimi, amici. Probabilmente supererà il ricordo dell'arena facilmente ,con il costante affetto dei suoi cari. Mentre io... Io se vincessi mi trascinerei il ricordo di ogni dolore, di ogni sconfitta e di ogni perdita. Mi sforzerei di ricordare ogni cosa. Dal sangue secco dei miei coltelli, agli occhi vitrei delle mie vittime . Mi infurierei con chiunque mi dicesse di andare avanti, e sono sicura che mi lascerei andare qualche insulto indirizzato a Capitol City, mettendo a rischio sia la mia vita che quella di mia madre.
Sopravvivere non sembra una buona idea, ma neanche morire è così allettante.

La 59esima edizione degli Hunger GamesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora