Capitolo 9. Accettazione parte 2.

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L'astinenza era finita. Fu incredibile, mai nella vita mi era capitato di provare piacere in modo così intenso, così libero e cosi proibito. Il battito iniziò gradualmente a decelerare e il respiro a tornare regolare. Sentivo il corpo pesante, come se la gravita fosse aumentata di 3 volte.

«shh, shh, shh...». Era lui. Continuava a darmi piccole carezze sui capelli e a bisbigliarmi vicino all'orecchio quelle poche lettere.

Chiusi gli occhi e spinta dalle sue carezze girai, senza rendermene conto, la testa sulla sua spalla. Sentivo il suo cuore battere e la sua erezione premermi, ancora vigorosa, sul fianco sinistro. Non mi importava, ormai non mi importava di nulla, volevo solo stare lì, in quella posizione, mentre lui mi coccolava.

«Hai perso», disse improvvisamente.

Quelle parole arrivarono come un eco lontano alle mie orecchie. Avevo perso? Mi sentivo ancora in un mezzo stato di trance. Cercai di raccogliere le forze e tornare lucida. Dovevo ragionare. Cosa dovevo fare? Cosa avrebbe fatto del mio video?

"Devi mentire Chiara. Digli una bugia", pensai.

«Non sono venuta», dissi con un tono assurdamente onesto.

«Stai mentendo», disse poco dopo, controbattendo alla mia menzogna.

Ricordai uno spezzone di un documentario sulla psicopatia che avevo visto due mesi fa. Nel documentario veniva intervistato un truffatore di nome Jack Nelson che attraverso articolati stratagemmi era riuscito a truffare 42 persone, accumulando più di 900 mila dollari.

«Jack, mi dica, come ha fatto ad ottenere la fiducia di cosi tante persone al punto da riuscire facilmente ad ingannarle?», gli chiedeva il presentatore del programma.

«Se togliamo la scelta specifica delle persone target, posso dire, generalizzando, che tutto riguardi il modo di mentire. Il miglior modo di mentire è condire un po'di menzogna con un po' di verità», rispondeva jack.

Era questo che dovevo fare, espormi un po' senza però dirgli la verità.

«Non sto mentendo, c'ero molto vicina ma non sono venuta», dissi imbarazzata.

«Perché ti sei fermata allora?», chiese lui tempestivamente.

«Ero stanca...», risposi.

Era l'unica cosa che mi venne in mente. Sapevo che non era convinto, perlomeno al 100%, ma rimaneva comunque la mia parola contro la sua. Mi resi conto di avere il coltello dalla parte del manico, se avessi continuato a mentire non avrebbe potuto scoprirmi. Mi tenni pronta per la prossima domanda.

«Va bene, ti credo», rispose inaspettatamente, «adesso non devi più fermarti, per nessun motivo, capito?».

«No, non è giusto, così potresti andare avanti all'infinito», risposi.

«5 minuti».

«Devo resistere 5 minuti?», chiesi.

«Esatto».

Mi resi conto, ancora una volta, di quanto fosse assurda quella situazione. Stavamo contrattando su quando mi era permesso avere un orgasmo, come ero arrivata a questo punto?

«Va bene», risposi.

Lo vidi prendere il cellulare e mettermelo davanti. Entrò nell'orologio, selezionò il cronometro e lo mise affianco a noi in modo che entrambi potessimo vederlo.

«Adesso toccati», disse con un tono che non ammetteva obiezioni.

Iniziai a toccarmi. Ancora una volta mi mise una mano sugli occhi e prese a baciarmi il collo.

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