Capitolo 12. Riflessioni.

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«Signorina? Signorina?».

Mi girai verso la cassiera. Ero al minimarket, stavo facendo la spesa. Mia madre mi avevo chiesto di passare a prendere gli ingredienti per preparare la Paella.

«Tesoro prendi solo gamberi, cozze, scampi e cipolla, il resto lo abbiamo», mi aveva detto lei prima che uscissi.

Oggi a cena ci sarebbe stato anche mio padre. Evento più unico che raro per il periodo. Nelle ultime settimane capitava di sentirlo rincasare anche alle 2 del mattino; aveva dei grossi lavori tra le mani che lo tenevano occupato mattina e sera. Mi faceva piacere vederlo, ma mi infastidiva il fatto che, nonostante la suo esserci, non fosse mai davvero presente quando stava con noi. Ricordai una sera di quando avevo 7 anni. Lui era appena tornato a casa. Appena sentii aprire la porta corsi ad accoglierlo con un abbraccio.

«Ciao papi, finalmente sei tornato».

Mi prese in braccio e si avviò verso la cucina.

«Ciao tesoro», disse.

«Io e mamma domani pomeriggio andiamo al parco, vieni anche tu?».

«Papà lavora domani tesoro, dovremo fare un altra volta purtroppo», disse poggiandomi sul bacone della cucina.

«Ma tu lavori sempre papi».

«È per portare il cibo a tavola piccola», rispose distrattamente mentre si toglieva la giacca.

«Se io mamma e Tommy mangiamo meno, puoi stare di più con noi magari?».

Ricordo a che quella domanda la sua espressione cambiò e si contorse in un misto di rabbia, frustrazione e tristezza, come se stesse affrontando una terribile battaglia interiore. Si avvicinò a me e con semplice "no" e un bacio sulla fronte chiuse quella conversazione.

«Signorina, sono 24 euro e 70 centesimi», disse perplessa la cassiera, cercando di capire se la stessi ascoltando.

«Scusi, ero distratta», risposi passandole la carta.

«Nessun problema».

Presi la busta e uscii. Guardai il cellulare, erano le 19:25. Papà sarebbe tornato alle 20:00. Cercai di affrettare il passo per fare prima.

Era da 5 giorni che non parlavo con Francesco, e la mia mente, in quei momenti vuoti, tornava spesso a lui. Pensavo che in seguito a quella lunga conversazione, le cose avrebbero subito dei cambiamenti nel nostro rapporto, ma cosi non fu. Le lezioni successive si era seduto sempre ai primi banchi e questo lo aveva reso completamente inaccessibile a qualsiasi tipo di interazione. Per quanto riguardava l'uscita alla Valle del Patio, avevamo convenuto tutti che il momento migliore sarebbe stato fra 2 settimane da allora. Avevamo un buco di 7 giorni e questo ci avrebbe dato più liberta.

Dopo quella chiacchierata con Francesco, una volta tornata a casa, avevo riflettuto. Avevo preso il cellulare e, appuntandomi tutto sulle note, avevo cercato di ragionare su quanto ci eravamo detti.

Il primo punto che avevo affrontato era quello riguardante l'aspetto sociale:

"Non è strano come la società ci impedisca di essere davvero noi stessi?".

Nonostante la resistenza iniziale dovetti ammettere che aveva ragione. Francesco mi piaceva e avevo fatto pensieri perversi su di lui, ma il fatto che "quelle cose" fossero successe in condizioni simili mi metteva addosso un enorme senso di disagio. Mi ero interrogata sul perché di questa spiacevole sensazione e aveva concluso che fosse per due motivi:

1. Mi vergognavo di me stessa. Il fatto che avessi provato piacere durante quei giochi perversi mi faceva sentire una pervertita. Mentre il modo in cui ero stata trattata durante quei due incontri, nell'aula di chimica, mi faceva sentire una puttana.

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