La Biblioteca

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Quando mi svegliai, mi ritrovai seduta in una enorme biblioteca dal soffitto spazioso e dalle arcate alte. Era fatta interamente in legno scuro, ma nonostante questo pareva molto luminosa grazie anche a degli incredibili lampadari raffinati che pendevano dal soffitto. Lo stile della biblioteca sembrava davvero sofisticato: le poltroncine ai tavoli erano state fatte con della stoffa a motivo floreale, sopra ai tavoli erano disposte diverse candele e al centro c'era una lampada che pareva una delle prime lampade a essere state fabbricate; alcune pareti ospitavano dei quadri a motivi astratti o con raffigurazioni di persone in mezzo alla natura, e c'erano dipinti di scogliere, di spiagge al tramonto, di sentimenti rinchiusi in una cornice e di sogni mai realizzati; i corridoi tra una libreria e un'altra erano lunghissimi e infiniti. Mi sarebbe piaciuto togliermi le scarpe e scivolare sul pavimento dove sembrava che qualcuno avesse appena finito di passare la cera. Anche le librerie sembravano non finire. Erano tantissime. Quella biblioteca era davvero enorme.

Sentivo lo scricchiolio del legno, le persone scrivere sui fogli, il rumore della matita sulla carta; le pagine dei libri che giravano, libri che si chiudevano, libri che si aprivano. Udivo il suono delle piccole fiamme delle candele accese, e il suono di candele che si spegnevano. Nell'aria c'era un impercepibile odore di bruciato, che si mischiava con il profumo della cera sciolta, dell'inchiostro e con l'odore della carta dei libri. L'atmosfera era serena, calma e accogliente.

Davanti a me era seduto un giovane signore che sembrava aver superato da poco i vent'anni di età. Era leggermente robusto, degli occhi marroni e abbastanza grandi; indossava una camicia bianca con sopra un gilet blu scuro e dei pantaloni eleganti beige. Era appoggiato con la schiena a una poltrona verde, che pareva familiare, e il gomito appoggiato sul poggiolo. Sembrava molto interessato alla storia di Dorian Grey. Mi guardai addosso e portavo anch'io una camicia bianca con un golf di lana verde chiaro chiuso da due bottoni giganti, e stavo indossando una gonna a ruota lunga dello stesso colore del golf. Sulle mie gambe era appoggiato il libro di Moby Dick.

-la capisco signorina, anche a me quel libro non appassiona affatto- iniziò a parlare il signore.

-come scusi?-

-Sta leggendo Moby Dick o mi sbaglio?- mi chiese lui.

-ah si, sì ha ragione-

-il sonnellino l'ha confusa?-

-sonnellino?-

-si é addormentata per circa venti minuti. Anch'io mi sarei addormentato onestamente- disse scherzando.

-ma come sono arrivata qui?-

-ah non lo chieda ah me, lei era già seduta quando sono arrivato- affermò il giovane signore con un piccolo sorriso sul finire della frase. Mi concentrai per qualche secondo su quella smorfia carismatica. Quel sorrisetto mi era familiare.

-scusi, non vorrei sembrarle indiscreta ma...lei come fa di cognome?-

-si figuri signorina, non è affatto indiscreta. Il mio nome è Spencer Mitchell, molto piacere e lei è?- mentre si presentò si chinò verso di me per stringermi la mano. Io ricambiai ma mentre ci stringevamo la mano io lo fissavo negli occhi incredula.

-mi chiamo Grace...Grace Mitchell- mi presentai io con il nome che mi aveva assegnato lui.

-che coincidenza! Abbiamo lo stesso cognome. Comunque mi è sempre piaciuto il nome Grace. Credo che esprima eleganza e raffinatezza- dichiarò.

-sono d'accordo- risposi. Ero sul punto di porgli un'altra domanda, tuttavia, all'improvviso sentimmo come un allarme. Ci alzammo di scatto in piedi per seguire quel suono preoccupante. Due sale dopo la nostra, secondo piano, delle fiamme si inseguivano tra una libreria e l'altra come bambini che giocano tra i corridoi.

Il rosso che rincorre l'arancione che rincorre il giallo in un percorso celere e rovente attraverso le librerie e gli scaffali. Mio padre afferrò un libro, lo aprì a metà e lo buttò per terra; vidi tre uomini vestiti da pompieri uscire dal centro del libro con la canna per l'acqua e motivarsi a vicenda per spegnere il fuoco. Si erano uniti al gioco. Qualcuno rincorreva il rosso, altri l'arancione; il giallo era già stato spento.

Le impetuose fiamme erano state interrotte dai coraggiosi pompieri di quel racconto sconosciuto.

-un minuto in più e l'intera biblioteca sarebbe andata a fuoco- osservò mio padre.

-per fortuna sono arrivati quei tre ragazzi a spegnere le fiamme- continuai io facendo finta che il fatto che quegli uomini fossero usciti da un libro risultasse normale. Subito dopo la mia osservazione successe qualcosa di altrettanto bizzarro.

D'un tratto il libro di Moby Dick, che tenevo in mano, si mosse e iniziò a librarsi in aria. Lo guardai molto confusa.

-oh, è scaduto il timer- affermò lui.

-il timer?-

-lei non sa come funziona qui? -

-No, è la prima volta che vengo. Immagino che invece lei ci venga spesso- supposi io.

-i libri per l'università non si studiano da soli cara Grace- disse sorridendo alla fine come sempre.

- guardi- e semplicemente alzando di poco la testa verso l'alto, mi invitò ad ammirare la scena di un incantesimo.

Tutti i libri sparsi in giro si alzarono e iniziarono a volare in giro: prima si alzarono i libri sulla scrivania della bibliotecaria che cercava di riprenderli perché non aveva finito di timbrarne la copertina, dopodiché fu il turno dei libri sui tavoli e infine toccò ai libri sui comodini davanti le poltrone agli angoli della grande stanza. Volavano per lo spazio come se fossero tante farfalle che formavano uno stormo.

Il tutto a ritmo di una musica classica che riempiva la biblioteca di armonia.

I libri si misero tutti a posto nelle rispettive librerie, la musica cessò, mio padre soffiò su una candela e tutte le altre candele si spensero lasciando la biblioteca al buio. 

Colpa della CamomillaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora