Il Capitano

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Riaperti gli occhi mi trovavo sott'acqua, sotto al livello del mare; un mare blu scuro, ma pareva comunque cristallino, profondo, quieto e sereno, attraversato da un raggio di sole che illuminava quel panorama così marino.

Ero contesa tra il restare a guardare quell'acqua pacifica e cercare di arrivare alla superficie per non affogare. D'un tratto sentii qualcuno prendermi dalle braccia per tirarmi fuori dall'acqua. Mi ritrovai sdraiata sul ponte di una nave con dieci uomini a fissarmi. Per un momento la mia vista pareva appannata poi sembrò essersi ristabilita.

-capitano, si sente bene? – mi chiese preoccupato un marinaio davanti a me.

-capitano?- domandai io confusa cercando di poggiarmi sui gomiti.

-santo cielo, ha perso la memoria-

- quante dita sono queste?- uno degli uomini fece il numero tre con la mano.

-tre-

-mi sembra che stia bene-

-infatti sto bene- dissi alzandomi.

-come evitiamo la scogliera?- mi chiese uno dei marinai appena mi ripresi.

-scogliera?- chiesi io preoccupata e confusa. Gli altri indicarono dietro di me.

Nei miei occhi si riflettevano le rocce alte e taglienti, affilate e levigate come se fossero state scolpite appositamente da qualcuno. Il terrore prese possesso del mio corpo paralizzandolo completamente dalla testa ai piedi. Subito dopo l'istinto di sopravvivenza rispose e il mio corpo reagì. Mi aggrappai al timone cercando di tenermi saldamente per non scivolare mentre la nave traballava tra le onde.

Tutti i marinai presero le loro posizioni sulla nave. Uno di loro era aggrappato all'albero maestro e si girò verso di me urlando:

-CAPITANO, DEVO LASCARE LE VELE?-

-CHE SIGNIFICA LASCARE?- gli risposi io con un'altra domanda.

-DEVO GONFIARE LE VELE CAPITANO?-

-NON LO SO, NON SONO MAI STATA A CAPO DI UNA NAVE- dichiarai nel panico della situazione. Il marinaio prese la decisione da solo e gonfiò le vele. Girai il timone tutto a sinistra e riuscii ad evitare la scogliera e a proseguire per il mare. Appena superato il pericolo, la truppa mi fece un applauso. Il ragazzo che prima aveva gonfiato le vele mi venne a stringere la mano dicendo:

-complimenti capitano- lo guardai bene in faccia. Com'era possibile che fosse ancora lui?

-Spencer Mitchell-

-wow, si ricorda sia il mio nome, sia il mio cognome. Che memoria di ferro capitano- esclamò prima di staccare la mano e raggiungere gli altri marinai.

Lo seguii con gli occhi con la bocca semiaperta, cercando di capire cosa ci facesse mio padre su quella nave. La mia attenzione passò involontariamente su un marinaio che stava cercando di tagliare una corda. Seguii il percorso della corda con gli occhi e capii l'intento dell'uomo. Raggiunsi Spencer correndo e lo scansai dal punto in cui si trovava, levando di torno anche tutti gli altri. In mezzo al ponte della nave cadde uno dei pennoni. Per fortuna si erano spostati tutti.

-meglio andare a controllare, in modo che nessuno venga schiacciato da un pennone- disse Spencer con tono simpatico, ma anche preoccupato, guardando in alto gli altri pennoni.

-si, meglio controllare- risposi io fissando negli occhi minacciosamente l'uomo vicino al davanzale della barca, che dopo aver ricevuto il mio sguardo si era girato verso il mare.

-avanti, andiamo in sottocoperta per bere qualcosa truppa!- propose uno dei marinai e tutti lo seguirono contenti e sorridenti. Io continuavo a fissare l'uomo sabotatore.

-capitano? Tutto bene?- mi chiese Spencer togliendosi il cappello per pettinarsi i capelli. Io tornai dal mondo delle nuvole con i piedi per terra, o meglio, sulla nave.

-si, tutto bene. Andiamo con gli altri-

Ci dirigemmo alle scale per scendere nelle cabine in sottocoperta e cominciammo a scendere quella scalinata buia. 

Colpa della CamomillaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora