Il Vagone Ristorante

5 1 0
                                    


Gradino dopo gradino, mi sembrò di essere arrivata alla fine della scalinata. Sentii qualcuno che mi prese delicatamente la mano, come per non farmi inciampare.

-ecco signorina, il vagone ristorante. Spero che non si perderà di nuovo all'interno del treno- mi disse una giovane voce maschile. Prima di quella frase ero ancora nel buio.

Il ragazzo mi fece procedere in avanti fino a che non vidi uno spazio luminoso.

Mi venne spontaneo deglutire. Non so per quale motivo ma non riuscivo a sentire bene dalle orecchie.

-forse, la prossima volta, dovrebbe aspettare che il treno abbia passato il tunnel prima di alzarsi dal suo posto. In questo modo eviterebbe di camminare al buio per alcuni tratti del treno e riuscirebbe anche a restare in equilibrio- mi consigliò lui.

Quando uscimmo alla luce il mio sguardo passò dal giovane bigliettaio del treno al vagone ristorante. L'atmosfera si sarebbe potuta definire solo con la parola "sofisticata". I sedili di velluto rosso intenso abbinati alle tende ai finestrini e ai piccoli ricami sulle tovaglie bianche; le posate poste sul tavolo in perfetto ordine di portata, i bicchieri per l'acqua, per il vino e quelli per lo champagne, illuminati da sole che entrava dai finestrini e che rendeva il cristallo qualcosa di incantevole.

Riuscivo a percepire il profumo dell'arrosto di vitello appena arrivato al tavolo numero sei, la salsa che si sparge sulle fette di carne e il profumo delle patate ancora calde con i rametti di rosmarino appoggiati sopra. Avevo l'acquolina in bocca. Dopodiché mi arrivò al naso il profumo di una delle signore eleganti e raffinate sedute al tavolo dietro. Di mezzo c'era anche l'odore classico dei treni, quell' odore di chiuso, un odore quasi impercepibile, che però sembrava che ti impedisse di respirare come si deve.

Diedi uno sguardo a tutte le persone presenti. Alcuni immersi con il volto nel menu, altri concentrati sui sapori dei piatti, altri annusavano il vino bianco come se fossero, e probabilmente erano, sommelier.

Una delle persone immerse nei menu, lo abbassò, e riconobbi un'altra volta il mio non ancora padre che si godeva un pasto su un elegante treno che portava chissà dove.

Mi avvicinai al suo tavolo e senza pensarci bene mi sedetti di fronte a lui.

-salve, lei dev'essere la signora Grins?- mi chiese lui.

-no, desolata. Mi chiamo Grace Mitchell- risposi io sorridente.

-Mitchell, interessante. Sa che abbiamo lo stesso cognome?- domandò chiudendo il menu e posandolo sul tavolo.

-il mondo è piccolo-

-concordo con lei signorina Grace, è stato un piacere anche se per circa quindici secondi- notò lui guardando l'orologio.

-mi dispiace chiedervi di lasciare il posto, ma sto aspettando la signora Grins per un'importante offerta di lavoro- continuò.

-oh si certo, mi scusi. Tolgo subito il disturbo signore- mi alzai dal posto e iniziai a dirigermi verso l'uscita del vagone ristorante. Percorrendo il corridoio in mezzo ai tavoli, mi si scontrò addosso un signore leggermente robusto che mi oltrepassò facendomi male alla spalla.

-scusi, è questo il modo?- domandai io in modo retorico riferendomi all'uomo.

Il signore si fermò, aveva le mani aggrappate ai sedili che aveva a destra e a sinistra.

Era di spalle davanti a me. Si voltò. I miei occhi si accorsero della persona che avevo di fronte. Era quell'uomo giovane che aveva cercato di uccidere mio padre con il pennone della nave.

-ragazzina, il viaggio è lungo. Torna nella tua cabina- mi ordinò. Io continuavo a fissarlo, paralizzata. Il signore si diresse nel vagone successivo, stavo per seguirlo quando il bigliettaio mi prese una mano e lentamente mi fece indietreggiare verso la parte opposta. Mi liberai dal ragazzo, e iniziai a rincorrere l'uomo.

Passammo per diversi vagoni e diverse persone ci guardarono confuse. Non smettevo di seguirlo. La mia intenzione era di arrivare alla fine del treno, un vicolo cieco, e farmi dare una spiegazione. A un certo punto arrivammo alla cabina di comando. Lui entrò sbattendomi la porta in faccia. Iniziai a bussare senza sosta sulla porta. Nessuno stava guidando il treno. La cabina era vuota, c'era solo lui. Cosa aveva intenzione di fare? Far andare il veicolo fuori dai binari e uccidere tutti?

D'un tratto sentii il treno traballare, cercai di tenermi alla porta per mantenere l'equilibrio. Diedi una sbirciatina alla cabina di comando. L'uomo ristabilì il treno e non traballava più. Diventai sempre più confusa. Voleva salvarci quindi? Ma allora perché far cadere il pennone della nave su mio padre? E perché la cabina di comando era vuota prima che arrivasse lui?

Mi scostai dalla porta e il signore uscì. Avevo il viso rivolto verso il basso e le braccia dietro la schiena. Poi alzai il viso e ci scambiammo uno sguardo. Dovevo capirne di più. Il bigliettaio mi aveva raggiunta e mi invitò a tornare nel vagone ristorante per mangiare e rilassarmi. Seguii il consiglio.

Tornata alla zona ristorante, notai che mio padre aveva appena finito quel colloquio per l'offerta di lavoro. La presunta signora Grins si era alzata dal tavolo dopo aver stretto la mano di mio padre. Lo raggiunsi e mi sedetti di nuovo di fronte a lui.

-ah, Grace Mitchell. Ha scatenato parecchio trambusto nel treno, sa?-

-ho solo confuso l'intento di una persona-

-stia tranquilla, può capitare di sbagliare opinione su qualcuno-

-lo so. Com'è andata l'offerta di lavoro?-

-molto bene, grazie per averlo chiesto signorina-

Cominciò a raccontare della sua passione per il sassofono e per il pianoforte. Tutte cose che sapevo già. Mi raccontò dell'offerta di suonare in un locale jazz a New Orleans davanti un produttore discografico. Gli feci i miei complimenti e continuammo a parlare del più e del meno davanti a un piatto di pesce fresco.

Mi mancava parlare con mio padre. Dopo pranzo tornammo nelle nostre cabine per riposare. Mi resi conto di quanto mi sentissi spaesata. Non avevo idea di dove mi trovassi né di dove portasse il treno. Mi sdraiai sul divanetto in cabina e chiusi gli occhi. 

Colpa della CamomillaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora