non volevo

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Ci speravo così tanto di riuscire a vedere qualcuno che i miei occhi costruirono una figura in lontananza.  La sovrapposizione di più ombre o oggetti. Sicuramente, l'opzione più certa.
Impossibile. Non ci credevo. La sagoma si muoveva. 
Un bambino?  Troppo alto.
Una donna? La figura è magra e slanciata ma i capelli mi fanno dubitare.
Un uomo?
Un ragazzo?

L'unica risposta poteva essere data dai miei occhi.
Dovevo solo avvicinarmi, chiunque sarebbe stato non era un problema.
Fosse stato un'amico, non sarebbe esistito ed era tutto frutto della mia mente.
Così come se fosse stato un mio parente.
magari era un 'collega' di lavoro. Noioso, me ne sarei andata.
Un 'nemico', l'avrei ucciso, o mi avrebbe ucciso lui. Poca differenza.

Lasciai correre i miei pensieri inutili e mi avvicinai.

La figura era girata di spalle, il capo era rivolto verso il basso, probabilmente guardava qualcosa.

Mi avvicinai ancora di più e lo riconobbi.
La peggiore che potessi vedere.

Una scheggia di vento sfiorò il mio volto. Un proiettile.
Stranamente non mi spaventai, lo sparo era passato a pochi millimetri dalla pelle ma niente. Mi avrebbe potuto colpire e darmi una fine ma non accadde. Sentii un filo di tristezza mentre sentivo che ero ancora viva ma l'emozione preponderante tra tutte era il menefreghismo.
Senza voltarmi, lanciai un coltello che tenevo in tasca, nella direzione dello sparo. Una volta sentito l'ultimo lamento della vittima mi avvicinai ancora alla sagoma nera.  

?: "Impressionante, davvero impressionante.  Niente scocciatori, solo noi due.  Però non hai paura. Chiunque dovrebbe essere spaventato da questo, comprendi?  
Ma tu non sei un chiunque.
Sei un mostro.  Hai imparato ad uccidere, torturare., usare un'abilità a che costo?
Diventare questo? Un errore". 

Dopo questo l'uomo cadde a terra e quando mi avvicinai il suo corpo non c'era più.

Ero nella mia abitazione. Fissavo il soffitto da più di 2 ore.  Non capivo come al solito niente.  Sempre le solite domande, perché.   Era vuoto, tutto era vuoto, i sentimenti, le azioni e la mente.  Forse ero diventata quello che avrei dovuto essere da tempo.  

Così i mesi passarono. 
Le mie prestazioni sul campo erano ottime. In tutti i campi possibili di mia competenza e non. Avevo smesso le frequentazioni con altri membri ed ero rimasta sola ancora. Troppo avanti, o troppo indietro. 
Mi sembrava che ogni strada che prendessi mi portasse a questa fine. 

Avevo imparato l'arte della finzione e con essa avevo studiato tutto i comportamenti rispetto alle emozioni.  
Potevo sembrare davvero una persona nuova.  

Mori: "Davvero non so più fare, Elise mi odia e non mi parla mai, cosa posso fare?" 

T/n: "Ha provato a non darle fastidio? può essere un problema quello sa". 

Mori: "Oh grazie T/n- kun, cosa farei senza di te, ma, non eravamo qui assieme per parlare della mia dolce Elise ma bensì di una tua missione. 
Sarai un cecchino alle spalle di Oda. Lui entrerà in questo luogo tu, qualunque cosa accada non fare niente se non quello che ti richiedo io. 
Dopo che sarà all'interno, fai in modo che nessuno esca più.
Prego entra".

Dalla porta entro Oda. Sembrava turbato, sembrava davvero cercare di nasconderlo ma era impossibile non notarlo. Il suo volto era pallido, i suoi occhi erano gonfi e turbati.

Mori: "Ho già informato T/n su tutto, questo è un consiglio che do ad entrambi, Dazai non deve venire a saperne niente, potrebbe diventare un problema. Prego andate". 

Fuori dall'edificio io e Oda ci guardammo per diversi secondi e ci incamminammo per tornare alle abitazioni.
Lo abbandonai per prima e dopo avere chiuso la porta andai in camera.
Sentivo che c'era che non quadrava.
L'ansia stava salendo al mille, ma ancora una volta non capivo cosa sarebbe successo. Cercai delle distrazioni nella lettura di classici, poi passai alla scrittura, poi ancora al disegno ma nulla cambiava.
Sentivo ancora quella sensazione di inutilità dentro. Mi stavo impegnando non ho fallito una singola missione, ma la sensazione continuava. Avevo paura,
non riuscivo a sentirmi, non capivo cosa provavo, era tutto confuso.
Cercai conforto racchiudermi su me stessa stringendomi sempre più forte ma non funzionava.

Mi servivano delle stimolazioni che mi ricordassero che fossi ancora viva, stimolazioni drastiche.

A fatica andai verso il bagno dove chinandomi aprii lo sportello bianco in basso sotto al lavandino, raccolsi da una scatola in plastica traspareste il contenuto e accesi l'acqua della doccia.

amore tra pistole (Dazai x reader)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora