pietro

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Manuel, come ogni notte, si sta dirigendo verso il forno dove tra poco dovrà iniziare il suo turno di lavoro, decide però di passare prima dal tabaccaio in piazza per acquistare il tabacco e le cartine che ha terminato.

Una volta raggiunta la macchinetta, inserisce i soldi ma una voce alle sue spalle lo fa sobbalzare

«Hai da accendere?» ed eccolo lì, il ragazzo riccio che l'altra sera l'aveva apostrofato come sfigato, quel termine che aveva mandato in corto circuito il cervello di Manuel, facendolo scattare in avanti e arrivandogli a pochi millimetri dal naso prima che il signor Flavio lo portasse via.

Un po' vorrebbe urlargli addosso o lasciargli una cinquina sulla guancia ma si trattiene, non è il caso.

«Aspetta che finisco di prendere il tabacco e arrivo» risponde secco Manuel, quel ragazzo proprio gli stava antipatico, neanche un per favore nella sua richiesta.

Dopo aver prelevato il pacchetto di tabacco e la confezione di cartine, Manuel inizia a tastare tutte le tasche per poi estrarre il suo clipper verde e porgerlo al ragazzo

«Si chiama Pietro» dice Manuel
«Chi?» risponde interrogativo il ragazzo
«No dico, l'accendino si chiama Pietro perché torna indietro»
Il corvino scoppia a ridere «Certo che sei strano te, eh»

«Ah, mo pure strano, ammazza che simpatico» risponde stizzito il riccio mettendo il tabacco sulla cartina appena acquistata
«Ma stavo scherzando» dice soffiando via il fumo
«Beh, che fai di nuovo in giro a quest'ora?» Domanda Manuel mentre inizia a fumare la sigaretta appena girata

«Sto tornando da una festa e te?»
«Sto andando al lavoro»

Il ragazzo lo guarda come se improvvisamente gli fosse spuntata una seconda testa «A quest'ora?!»

«Che ma 'n te ricordi de martedì scorso dove m'hai dato dello sfigato? Stavo davanti al forno e v'ho detto che stavo ad annà a lavorà»

«Io non ricordo niente di quella festa, e anche del post serata» Manuel si chiede cosa ci sia di divertente a spaccarsi così tanto da non ricordare nulla, solitamente si fanno esperienze, ci si diverte per custodire preziosamente i ricordi e poi, magari, raccontarli a distanza di anni.

Questo ragazzo proprio non lo riesce a comprendere.

«Vabbè, io mo vado. Te dovrei dì buonanotte?»
«Grazie. Buon lavoro a te»

Manuel prosegue la sua camminata notturna e ripensa a quell'assurda conversazione avuta poco fa con quel ragazzo di cui non sa neanche il nome, perché non gli è venuto in mente di chiederglielo. Non che gli interessi più di tanto, ma è la seconda volta che si incontrano per caso. Che poi, lui al caso non ci ha mai creduto, però questa persona non c'entra niente con lui, quindi perché dovrebbe entrare nella sua vita?

Quando entra nel laboratorio, Flavio nota il ragazzo molto pensieroso, tuttavia, come sempre, non fa domande, — se vorrà sarà lui a parlargliene. C'è questa sorta di accordo non scritto dove ognuno si fa i fatti suoi finché il diretto interessato non vuole vuotare il sacco ed allora lì passano intere notti a parlarne e a confrontarsi. Come quella volta in cui Manuel si rifiutava di parlare con sua mamma, semplicemente perché aveva trovato un uomo che le interessava. Alla fine, dopo vari discorsi del signor Flavio, lui l'aveva accettato, anche se era finita poco dopo e il riccio aveva iniziato di nuovo a detestare qualsiasi figura maschile che si avvicinasse alla madre.








Simone fa il suo ingresso in casa sbattendo distrattamente sui mobili dell'ingresso. Non gli interessa se faccia casino o meno, tanto in casa è solo. Come sempre.

«Simone!» ecco, pensava di essere solo, invece sua madre accende la luce illuminando l'ambiente e la sua faccia corrucciata
«Ti sembra il caso di tornare a quest'ora?!»

Simone passa oltre, non ha certo voglia di stare a discutere con quella che dovrebbe considerare madre. Oltrepassa la donna sfiorandole la spalla con la sua e si chiude in camera. La sbronza lo fa oscillare da una parte all'altra della stanza e con non poca difficoltà raggiunge il letto dove ci si tuffa.

La sua vita è sempre stata scandita da regali non richiesti, banconote lasciate nello svuota tasche all'ingresso e grandi, immense assenze. È da solo Simone, da sempre probabilmente.
I genitori non lo volevano perché era un ostacolo per la loro carriera lavorativa, quindi è stato cresciuto da numerose tate che si alternavano tra il giorno e la notte. L'unica costanza era sua nonna che, anche se abitava lontano, gli ha sempre fatto sentire la sua presenza.

Sua mamma e suo papà hanno sempre pensato che dargli tutto ciò che desiderava era il modo giusto per conquistare l'amore del figlio: a Simone non mancava niente ma mancava tutto.

I pomeriggi al parco li ricorda con grande tristezza. I suoi amichetti andavano sullo scivolo dove, in fondo, c'era la mamma o il papà ad accoglierli a braccia aperte, Simone alla fine dello scivolo non aveva nessuno.

Quando arrivava l'ora della merenda i genitori degli altri bimbi estraevano dallo zainetto un panino con la nutella o un pacchetto di schiacciatine, Simone chiedeva alla sua tata di turno se potesse andare ad acquistargli un qualcosa, che per la maggior parte delle volte era un pacchetto di patatine invidiato da tutti i bambini del parco, lui, invece, invidiava la loro merenda perché qualcuno aveva pensato a loro e preparato apposta uno snack.

Nel periodo dell'adolescenza la situazione, se possibile è andata peggiorando. A quest'età iniziano a crearsi i primi problemi, anzi, sembrano giganti matasse irrisolvibili che però con accanto qualcuno si riuscirebbero a sciogliere con molta più facilità. Lui ha provato a farlo da solo, ancora. E le tate non c'erano più perché "è già grande può badare a se stesso" così avevano detto i genitori.
Ma come si spiega che non si è mai troppo grandi per una carezza o un bacio sulla fronte?

Simone a scuola andava bene perché per lui apprendere è la cosa più preziosa che una persona possa fare, arricchire il proprio bagaglio culturale, capire il perché delle cose, ma soprattutto imparare per non fare gli stessi errori.

Ed ora frequenta una delle università più prestigiose di Roma, ma nessuno aveva dubbi. I suoi genitori gli hanno imposto la scelta su quale università andare, lui ha scelto il corso da frequentare.

Simone non è felice e non lo è mai stato.






sun to the darkest days | simuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora