che succede, simo?

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Negli ultimi giorni Manuel è particolarmente intrattabile, motivo per cui ha appena terminato una discussione con sua mamma uscendo da casa diverse ore prima dell'inizio del suo turno di lavoro.

Cammina nervosamente verso la piazza per poter acquistare le sigarette che ha terminato, si detesta perché neanche lui capisce perché sia così insopportabile, non sa che gli succede. Nella sua testa regna la confusione più totale, e non ha idea di come trovare l'inizio di quella matassa di fili da srotolare.

Non si concede neanche di piangere perché si sente in colpa per rendere la vita degli altri impossibile, è arrabbiato con se stesso e non sa come sua madre lo sopporti ancora. Per non parlare del signor Flavio, che non ha mai detto una parola fuori posto e gli sta accanto nonostante il suo terribile atteggiamento.

Una volta arrivato nella piazzetta, mentre si appresta a prendere un pacco di sigarette, sente un rumore provenire poco lontano da lui, si gira di scatto e trova Simone a terra, completamente ubriaco, non riesce neanche a reggersi in piedi.

È contento di vederlo ma non così, sente la sua preoccupazione crescere quando si avvicina al ragazzo e lo trova in lacrime

«Simo! Simone!» grida Manuel prendendo tra le braccia il ragazzo
«Guardami, Simone, cosa hai fatto?» in risposta ottiene solamente due occhi colmi di lacrime puntati nei suoi

«Ascoltami, adesso ti aiuto ad alzarti e ci sediamo sulla panchina, okay?» il riccio passa le braccia sotto le spalle del corvino e lo solleva trascinandolo fino alla panchina poco distante.

Si siede e mette Simone disteso con la testa appoggiata sulle sue gambe cercando di farlo calmare per capire cosa gli stia succedendo. Una mano finisce tra i ricci del corvino, gesto che lo fa immediatamente rilassare, Manuel non lo sa ma questo è l'unico gesto d'affetto che il ragazzo ha ricevuto da piccolo, poco prima di addormentarsi la signora Rita gli accarezzava i ricci fino a farlo addormentare.

«Che succede, Simo?»
«Perché non mi hai salutato l'altro giorno?» sbiascica il corvino e Manuel sussulta, non vuole aprire questo argomento ora
«Beh...» inizia a balbettare
«Chissenefrega, sono abituato» esclama Simone per poi scoppiare a ridere.

Il riccio si sente in colpa e questa frase non nega che lo fa sentire ancora peggio. Si maledice, ma ora non è il momento di perdere tempo, Simone non può stare da solo in giro in queste condizioni.
«Simone, ora vieni con me al lavoro, non ti lascio da solo» non riceve risposta e, dopo essersi alzati con non poca fatica, Manuel porta Simone al forno, così starà al caldo e sotto controllo.

«Flà, lui è Simone non sta tanto bene, me puoi tirà fuori il tuo sdraio?»
Flavio, come è suo solito fare, non fa domande e prende ciò che Manuel gli ha chiesto.
«Tiè, t'ho preso anche 'na coperta»

Il riccio lo ringrazia silenziosamente e poi fa sdraiare Simone coprendolo per bene

«Simò, te lascio qui 'na tisana e la bacinella, io sto nel laboratorio se hai bisogno me chiami, ok?»
«Grazie» sussurra e Manuel sente un po' di fastidio all'altezza dello stomaco, non ci dà molto peso però percepisce qualcosa di strano in lui.

La notte prosegue lentamente, il riccio ogni tanto si affaccia controllando se il ragazzo sullo sdraio si sia ripreso, Flavio continua a non fare domande ma manda un messaggio a sua moglie Roberta per dirle di portare un cambio di vestiti per un amico di Manuel. Lui già ha capito la situazione, ma non si mette in mezzo, vuole che se ne accorgano da soli.

È ormai l'alba, Manuel si avvicina a Simone e prova a svegliarlo. Il corvino apre gli occhi e sente le tempie pulsare e l'odore dei croissant gli fa venire voglia di vomitare. Per fortuna la bacinella si rende utile e il ragazzo inizia a sentirsi un po' meglio.

Nel frattempo è arrivata Roberta che porta con sé la t-shirt per Manuel e il cambio per Simone. Quest'ultimo si affretta ad indossare la tuta che i gentili signori gli hanno procurato, ma vorrebbe solamente sparire, che vergogna. Manuel saluta tutti e, insieme a Simone, esce dal forno.

«Vieni a casa mia» dice Manuel ancora preoccupato, il freddo punge le loro facce e la pelle diventa rossa, non solo per le basse temperature
«No, vado a casa» risponde gelido Simone
«Vengo co' te Simò, non te lascio solo» è la seconda volta che lo dice e il corvino non è abituato perciò annuisce e, silenziosamente, si avviano verso l'abitazione del più piccolo.

Simone si vergogna, casa sua è un disastro, rispecchia perfettamente ciò che c'è nella sua testa: non c'è un qualcosa in ordine, niente di niente.

«Scusa il casino» si giustifica il corvino
«Mi spieghi che te succede?» prova Manuel accomodandosi sul salotto. Questa casa è molto diversa dalla sua, è enorme, eppure sembra così vuota.
«Non ti voglio stressare, Manuel»
«Sto qui finché non parli»
«Ma io andrei a farmi una doccia, mi sento uno schifo»
«E io ti aspetto, allora»

Il corvino fugge da quella situazione sperando che Manuel si stufi di aspettarlo, come d'altronde hanno sempre fatto le persone che sono entrate nella sua vita.
Una volta uscito dal bagno lo trova ancora lì, seduto sul sofà, intento a cercare qualcosa sul telefono.

«Stai meglio?»
«Sì, grazie»
«Ora me puoi dì che t'è successo?»

E Simone inizia a raccontare di quanto la sua vita faccia schifo, racconta tutto, ma soprattutto ci tiene a dire quella cosa che l'ha ridotto in quel modo la sera prima «Era il mio compleanno, mi hanno chiesto di uscire, e per non pensare ci sono andato. Ovviamente ho bevuto, troppo per quanto io possa permetterlo, date le mie condizioni. Ma per l'ennesima volta sono stato solo al mio compleanno nonostante i miei genitori – mima le virgolette – sappiano quanto sia difficile condividere il compleanno con tuo fratello gemello che non c'è più da quando aveva tre anni» Simone termina il suo racconto con gli occhi colmi di lacrime, si sente stupido, cosa gliene frega a Manuel delle sue sfighe?

«Scusami» Il corvino si alza e prende dall'armadietto delle medicine le sue pasticche per placare il dolore fisico che prova dopo la serata di ieri sera, per il dolore psicologico non c'è più cura, secondo lui.

«Perché te scusi Simò? Non hai una colpa che sia una, e anche se tu avessi sbagliato qualcosa nun te meriti de stà solo. Te conosco poco, è vero, ma sei una persona buona che però indossa uno scudo per non lascià che gli altri te feriscano, però questo scudo te para anche le cose belle. Da oggi c'hai n'amico Simò e togliti dalla testa che lo faccio per pena» Manuel sembra averlo letto nel pensiero «Lo faccio perché penso davvero che tu lo meriti e che te per me potresti esse quella cosa che me serve pe' esse 'na persona migliore»

sun to the darkest days | simuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora