Su Giulia.

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Sedici in punto di qualche tempo prima.

Dopo i soliti tre, quattro giri fatti per trovare parcheggio, Giulia arriva al bar. Il barista la saluta e non chiede niente. Le prepara il solito caffè, ormai ha imparato.
Espresso, con una bustina di zucchero.
A quella cosa che il caffè è più buono amaro non ci ha mai creduto. A lei piace dolce.

Una bustina di zucchero forse è troppa però. Fa ingrassare.
Considerando che quello delle sedici non è l'unico caffè della giornata, le bustine di zucchero in tutto vanno da tre a cinque. Ma tant'è.
Non è mai stata ossessionata dalla linea, né tanto meno dell'attività fisica.

Da questo punto di vista Giulia appartiene a quella categoria di ragazze che possono definirsi fortunate, per quanto lei sia la prima a non amare le etichette.
Mangia di tutto, spesso tanto e male, senza ingrassare.
È sempre stato così, o quasi.
Le dicono che da piccola non mangiava praticamente niente, e genitori e parenti vari ancora gliela rinfacciano, quella cosa lì del mangiare.
Crescendo è migliorata. Ha imparato a mangiare, male, ma almeno a mangiare.
E in più non ingrassa.
Costituzione, le dicono. Sei come la nonna.

Volendo riassumere quindi, e tornando a quel discorso delle etichette che non le piacciono ma che a volte aiutano a definire una certa situazione, una certa persona o una certa cosa, Giulia si colloca nella categoria di quelli magri, esili e gracilini, di quelli molte ossa e pochi muscoli.

Giulia non fa sport, non ne trova uno che le piaccia davvero.
Non che ci abbia mai provato così tanto in realtà.
Non le interessa e basta.
Al massimo ogni tanto va a lavoro a piedi, camminando quindi una decina di minuti. Camminata lenta però, quindi non sa se possa essere considerata "attività sportiva".

Prende il suo caffè, sfoglia il giornale, legge l'oroscopo. Non che ci creda particolarmente, ma leggerlo le piace.
Così, senza un motivo apparente.

Sono tante le cose che fa senza un motivo apparente.

Si siede fuori, il tempo ancora lo permette, e si fuma l'irrinunciabile sigaretta. Anche quella fa male. E anche quella non è la sola della giornata. Un rapido sguardo al cellulare, qualche notizia da leggere, qualche profilo da consultare, qualcuno che passa e la saluta.

Routine.
Tra poco andrà a lavoro.
Ingresso sedici e trenta, uscita diciannove e trenta.
Entrata puntuale, uscita un po' meno. C'è sempre qualcosa da fare negli ultimi cinque minuti di lavoro. Routine anche quella.

Ormai è abituata.
Si alza e si incammina verso il negozio in cui lavora, chiedendosi se sia giusto, alla sua età, vivere di routine e di abitudine.

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