Sul dopo.

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Dopo.

Carlo e Giulia distesi sulla coperta di Carlo.

Vicini, ma persi ognuno nei propri pensieri.

La mente di Giulia è un turbinio di cose, e pensieri, ed emozioni, si accavalla tutto, non riesce a pensare una cosa per volta.

Carlo è rilassato. Osservandolo si potrebbe leggere qualcosa sul suo viso. Alcuni la definirebbero un accenno di felicità, quella felicità brevissima, che non ti aspettavi e invece è arrivata, quella felicità che ti danno le cose autentiche, le cose che vivi fino in fondo, felicità che profuma di vero, felicità che chi lo avrebbe mai detto che stasera sarebbe andata così?

E Giulia si vede accanto a Carlo. Si vede farsi coraggio e lasciare Andrea, distruggerlo, lui che non capisce, che non si capacita, ma abbiamo un bambino insieme, e tutto quello che abbiamo costruito?

E Giulia si vede determinata come non mai mettere fine a quella storia che non funziona più, adesso le è chiaro, e tutti quei discorsi sull'amore che si trasforma erano solo balle, l'amore finisce, può succedere, fa male ma finisce anche l'amore, quello che tutti vogliamo credere eterno.

E Giulia si vede improvvisamente stanca di una vita che non vuole, accanto a una persona a cui vuole un bene dell'anima, ma che non la emoziona più, e le emozioni ci fanno sentire vivi, e senza emozioni ci spegniamo piano piano.

E si vede mandare al diavolo il suo lavoro, il tanto agognato posto fisso, e tanti saluti a tutti, sto impazzendo qui dentro, tutti i giorni per il resto dei miei giorni.

Si vede trasferirsi a Milano con Carlo, vede lui pubblicare il suo secondo romanzo e lei che grazie a lui inizia a muovere i primi passi nel mondo delle lettere e delle parole, dove le lettere diventano parole, e poi frasi, e poi libri.
Accetta uno stage in una casa editrice. La pagano poco, niente rispetto a quanto costa la vita a Milano -mannaggia, è tutto così caro, al paesello mica servivano tutti questi soldi- ma decide che per adesso le va bene.

Il suo lavoro finalmente le piace, finito lo stage si vede riconoscere i meriti che in vita sua non si è mai voluta prendere.
Brava, le dicono, ci piaci, resta.
La assumono.

Adesso Giulia passa le sue giornate a leggere, e correggere libri, per la casa editrice in cui lavora.
Correttrice di bozze.
Le piace un sacco.

A volte, a casa, butta giù qualcosa anche lei, sia mai che ne venga fuori un best seller, da quel diario che custodisce gelosamente nel cassetto del comodino.

Lei e Carlo sono felici.
Hanno una bella vita, fatta di complicità che non si esaurisce nel tempo, ma cresce, e cambia, e si trasforma, e trovano sempre nuovi spunti per tenerla viva.

Giulia si vede felice, lontanissima dalla vita vera, la sua, quella che ha adesso.

Chissà perché quando pensiamo a cosa potrebbe renderci davvero felici ci viene in mente sempre qualcos'altro, la felicità non ce la abbiamo mai nella vita che stiamo vivendo, siamo sempre alla ricerca di un altro modo, di un'altra città, di un altro amore, di un altro lavoro.

E se non fosse andata a fare la commessa? Se non avesse accettato la sicurezza del posto fisso? Dove sarebbe adesso? Se invece del lavoro avesse scelto l'università, per davvero?

Magari avrebbe fatto la triennale in una città e la specialistica in un'altra; avrebbe vissuto due città diverse, scoprendo i lati nascosti di ognuna.

E poi magari all'estero, a imparare la lingua e a vivere per un periodo in un college straniero, di quelli che si vedono nei film.

Con la specialistica sarebbe arrivato lo stage, obbligatorio.
E chissà che da quello stage non sarebbe partita la sua brillante carriera nel mondo del giornalismo,o delle casa editrici -su questo non riusciva ad avere le idee chiare, le piacevano entrambe le cose.

Se non avesse trovato Andrea? Se fosse andata in un'altra città a vivere, e non avesse trovato Andrea?

Probabilmente sarebbe accanto a qualcun altro, adesso.
O magari no, magari adesso vivrebbe da sola, nella casa che ha affittato e che può permettersi grazie al suo lavoro di giornalista. O di correttrice di bozze.

E Davide non ci sarebbe.

Se fosse riuscita a scegliere, scegliere davvero, pensando solo a quello che avrebbe voluto lei, senza dare peso a quello che avrebbero voluto gli altri, sarebbe più felice adesso?
Forse. O forse no.

Il bello -e il brutto- di quando immaginiamo le cose è che le immaginiamo per l'appunto, possiamo portarle nella direzione che vogliamo noi, farle andare come ci sembra meglio. Non la includiamo quasi mai la realtà, quando immaginiamo. Forse perché gran parte delle volte la realtà stride un po' troppo con la nostra immaginazione.

E diventare grandi significa trovare un modo per farle quadrare, realtà e immaginazione, per farle andare, se non d'accordo, almeno su binari che la smettano di scontrarsi tra loro in continuazione. Farle andare su binari perpendicolari, che si incontrano una volta e una volta soltanto, e magari quella volta realtà e immaginazione combaciano, hanno trovato l'incastro perfetto, il modo per non darsi addosso una contro l'altra -qualcuno la definirebbe felicità.

E poi via, di nuovo ognuno per la sua strada, fino all'infinito. 

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