Anche l'università poteva essere annoverata nella breve, brevissima lista di cose che Giulia aveva scelto di fare.
Con qualche limitazione, si intende.
Come detto si era iscritta che già lavorava da qualche anno.
Iniziava ad avere qualche soldo da parte, aveva fatto due conti.
Posso pagarmela, l'università, senza chiedere niente ai miei. Così se poi va male, se non mi piace, se non ne tiro fuori niente, saranno solo miei i soldi che avrò buttato via.Quanti "se". Giulia era quella piena di "se" in partenza, trovava alibi e giustificazioni ancora prima di iniziare.
Comunque, si era iscritta.
Scienze della comunicazione. Quella che sceglie chi non ha voglia di studiare- e allora, se davvero è così, perché non le chiudiamo, queste facoltà per chi non ha voglia di studiare, e lasciamo solo quelle per chi ha voglia di diventarci matto, con lo studio?Lei l'aveva scelta con cognizione di causa invece. L'idea era fare la triennale e poi buttarsi nel mondo del giornalismo. Aveva scelto la più vicina a casa sua, così poteva continuare a lavorare; il part time le permetteva di fare entrambe le cose.
All'inizio era contenta. Mondo nuovo, stracolmo di giovani pieni di sogni e speranze, che si stavano affacciando, chi più timidamente, chi in modo più aggressivo, al mondo degli adulti. Andava anche a lezione, quando gli orari glielo permettevano, e le piaceva un sacco. Aveva visto professori infervorati, innamorati dell'insegnamento, che tu li vedevi e dicevi, questo ci è nato, per insegnare.
A volte succede davvero che uno fa quello che ha sempre voluto fare nella vita.Aveva conosciuto anche qualche persona. Superficialmente, si intende, data la sua impossibilità a fermarsi oltre l'orario delle lezioni, quando si parla sì della lezione, ma anche di altro, e ci si conosce, e chissà poi che può succedere.
Agli esami se la cavava piuttosto bene, tralasciando il panico che si impossessava di lei ogni volta che i suddetti esami si svolgevano in forma orale - agli scritti, invece, volava. I professori a volte si complimentavano con lei - ah lei non frequenta? Ha studiato tutto da sola? Complimenti, si vede che è portata per lo studio.
Poi era subentrata un po' di stanchezza. Lavoro- studio- studio- lavoro.
Senza sosta, senza pause, perché indietro non ci voleva rimanere, perché gli esami li voleva passare al primo tentativo.
Quando non lavorava, studiava.Quando non studiava, lavorava.
Iniziò a rendersi conto che non se la stava godendo, quella magica esperienza universitaria. Erasmus. Feste studentesche. Pomeriggi trascorsi a studiare in compagnia. Appunti passati di mano in mano. Vivere con altri studenti.
Per lei l'università non si stava rivelando questo.
Perché era lei a non volerlo, sia ben chiaro.Lei, di quella magica esperienza universitaria, stava sperimentando solo la mole di studio. Non che le dispiacesse, però iniziava a sentirsi un po' sopraffatta.
Pensò anche di mollare, ma ormai le mancava poco alla laurea, e a quel punto aveva trovato anche Andrea, che non si stancò mai di supportarla e incoraggiarla.
Arrivò alla laurea. 103. Il giusto punteggio per chi si è sicuramente impegnato, ma al massimo non ci è arrivato.
Se avesse frequentato le lezioni, se avesse avuto più tempo per studiare, se non avesse accettato ogni voto solo per paura di rimanere indietro, ci sarebbe arrivata al 110. Magari anche con la lode. Giulia lo sapeva. Non lo avrebbe ammesso mai, con nessun' anima viva, ma ne era certa.
Si ritenne comunque soddisfatta. Aveva fatto tutto da sola, e aveva raggiunto un buon traguardo.
Si era ripromessa di superare il cento - chissà come mai abbiamo tutti la fissa per questi numeri, che altro non sono che numeri per l'appunto, e un numero non può definire chi sei, eppure siamo tutti lì, dalle elementari in poi, a basare tutta la nostra esistenza su quei dannati di numeri- e il cento lo aveva superato.Poi si era fermata. Niente specialistica, niente scuola di giornalismo, niente "mollo tutto e faccio gavetta".
Era tornata alla sua vita.
Al suo paese, al suo lavoro. Quella laurea non aveva cambiato assolutamente niente, non le aveva dato nulla.
Se non la soddisfazione di averla presa, quella laurea, di aver deciso di volerci provare a prenderla e averla presa, di non essere rimasta con il rimpianto di non esserci andata, all'università.
Poco, ma almeno era qualcosa.
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Storia di straordinaria normalità.
Kısa Hikaye‼️STO REVISIONANDO ALCUNE PARTI MA IN LINEA GENERALE LA PRIMA STESURA È COMPLETA‼️ Che succede quando ci manca il coraggio di scegliere? È una domanda che si pone spesso Giulia, che a trenta anni si trova intrappolata in una vita che sente di non a...