Resta accanto, non dire parole,
come l'ombra che segue la sera,
come il fiore che in silenzio s’inchina
al peso leggero dell’aria leggera.Tu sarai il respiro che sfiora,
sarai l’attesa che tace,
un filo sottile che unisce
due cuori nascosti nella stessa pace.La mattina a scuola, i ragazzi si dividevano nettamente: c’era chi attendeva il suono della campanella nell’atrio, immergendosi nella calma dei corridoi, e chi invece preferiva approfittare di quei minuti per concedersi una colazione al bar, un rituale quasi sacro di caffè e risate.
Io appartenevo alla prima categoria, quella dei diligenti osservatori. Ero la classica ragazza che si perdeva tra le pagine di un libro, nonostante i tentativi delle mie amiche di trascinarmi fuori da quella bolla di studio.
Avevo quattordici anni quando iniziai il liceo, spinta verso lo scientifico dal desiderio dei miei genitori. Non che fossi contraria, ma c’era stato un momento, durante la terza media, in cui avevo sognato di frequentare l’artistico. Col passare del tempo, però, realizzai che forse era destino: le materie scientifiche mi affascinavano davvero.
Ricordo quel 14 settembre, il mio primissimo giorno di liceo. Ero probabilmente la ragazzina più emozionata dell'intero istituto, con gli occhi che brillavano di aspettative e timori. Ma quel giorno non segnò solo l'inizio della mia avventura scolastica: fu anche la prima volta che incontrai colui che sarebbe diventato l'amore della mia vita.
Lui era del terzo anno, un po' come quei protagonisti di storie romantiche liceali che si incontrano nei corridoi. Solo che, nel nostro caso, l’incontro non fu esattamente da film. Mi notò solo perché scivolai sul pavimento ancora umido, vittima dell’operosità della bidella, finendo sdraiata in tutta la mia goffaggine.
Un primo giorno indimenticabile, no?
Marco, che passava proprio in quel momento, esplose in una risata contagiosa, senza nemmeno tentare di trattenersi. Paradossalmente, non me la presi: la sua risata mi colpì al punto da farmi ridere anche a me.
«Tutto bene?» mi chiese, allungandomi la mano. Annuii, stringendogliela mentre mi aiutava a rialzarmi dal pavimento scivoloso.
Lo ringraziai e, da lì, una parola tirò l’altra. In pochi minuti eravamo già complici, e da allora diventammo migliori amici.
La nostra amicizia crebbe negli anni, fino a quando, al mio terzo anno di liceo, mi feci coraggio e gli confessai i miei sentimenti. Con mia sorpresa e sollievo, anche lui provava lo stesso. Così, da amici, diventammo una coppia felice.
Cos’è che mi fece innamorare di lui? Ogni mattina mi dedicava una poesia diversa, piccole perle d’amore racchiuse in versi.
«Tutte le poesie sono d'amore.» mi disse un giorno, promettendo di regalarmene una ogni giorno, per sempre. E mantenne quella promessa, fino a quel giorno maledetto in cui il nostro mondo si fermò.
***
Mi trovavo in giro con Federica, per una giornata tutta per noi, lontana da quei pensieri.
«Come sto?» mi chiese Federica, facendosi ammirare in un vestito rosso che le disegnava la figura, con uno spacco audace sulla gamba.
La osservai, e un sorriso mi scivolò sulle labbra. «Ti sta benissimo.» dissi, mentre lei si voltava verso lo specchio con occhi luminosi.
«Lo prendo.» disse con entusiasmo. Poi, rivolta a me, aggiunse: «Dovresti prendere qualcosa anche tu.» Prima che potessi protestare, mi lanciò addosso una maglietta bianca di pizzo.
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L'ultimo giorno d'inverno
De Todo"Perché scappi sempre via da me?" "Perché la mia vita è un campo minato, pronto ad esplodere al primo passo falso." Roma. Nina ha appena compiuto 25 anni, è un'infermiera e si sta preparando a sposare Marco, il suo amore del liceo. Ma la sua vita si...