Qualcosa può arrivare all'improvviso, come il taglio affilato di un coltello su pelle inattesa, un dolore che si insinua dove prima non c'era nulla.
Una ferita, che sia fisica o invisibile, può colpire nel silenzio di un istante e lasciare tracce profonde, destinate a restare anche quando il dolore si attenua. È come il vento che, senza preavviso, si solleva e spazza via ogni certezza. Arriva e spezza, scuote, modifica.
Non c'è avvertimento, solo l'improvvisa consapevolezza che qualcosa è cambiato, che il mondo di prima non è più lo stesso. Ed è lì, nel caos lasciato dal colpo, che cerchiamo di rimettere insieme i pezzi, mentre la vita continua a sorprenderci, a volte con violenza, a volte con una dolcezza altrettanto inaspettata.
Erano le cinque del mattino quando lo vidi. La
luce fioca dei neon illuminava l'ingresso
dell'ospedale, gettando ombre fredde e immobili
sulle pareti, mentre il silenzio irreale dell'alba
avvolgeva tutto.Un ragazzo apparve sulla soglia, come una figura spettrale, sostenendosi contro il muro come se fosse l'unico legame tra lui e il pavimento. I suoi passi erano incerti, strascicati,
e ogni movimento sembrava un atto di pura volontà, una battaglia silenziosa per non crollare.II suo volto era cereo, chiazzato di sudore freddo; sembrava aver perso tutto il colore, come se la vita gli stesse lentamente scivolando via.
I suoi occhi vagavano smarriti, terrorizzati, ma non riuscivano a fermarsi su nulla di preciso, come se persino la realtà intorno a lui fosse diventata un luogo estraneo.Fu solo quando mi avvicinai che notai l'ampia macchia scura che si allargava sulla sua felpa bianca, proprio all'altezza dello stomaco. Una chiazza di sangue rosso cupo, che si espandeva a vista d'occhio, segno inequivocabile che il ragazzo aveva bisogno di aiuto immediato.
Inequivocabile che il ragazzo aveva bisogno di
aiuto immediato.Mi guardai intorno, sperando di scorgere qualche collega, ma in quel momento il corridoio era deserto. Inspirai profondamente per mantenere il controllo, quindi gli andai incontro con decisione, «Tranquillo, ci sono io» gli dissi, tentando di infondergli sicurezza. Le mie parole sembrarono sciogliere la sua ultima riserva di forza, perché lasciò andare il muro e si accasciò lentamente, le ginocchia che cedettero fino a toccare il pavimento.
Mi inginocchiai accanto a lui, sollevando con cautela il bordo della sua felpa.
La ferita che mi apparve davanti era una ferita
d'arma da fuoco, il foro netto e minaccioso,
circondato da un alone di sangue che continuava a fuoriuscire a ogni suo debole respiro. Era la mia prima ferita di questo tipo, e sentii un misto di paura e determinazione farsi largo dentro di me.Compresi che ogni secondo contava, così iniziai
a premere sulla ferita con fermezza, cercando di
fermare l'emorragia.
«Codice rosso!» urlai, la mia voce che squarciava il silenzio della notte e riecheggiava nei corridoi vuoti, in un appello disperato per ottenere aiuto.«Andrà tutto bene» sussurrai, cercando di tranquillizzarlo, anche se non ero sicura di chi stessi cercando di rassicurare davvero.
Notai un movimento impercettibile delle sue labbra, un tentativo forse di sorridere o di sopportare il dolore, e questo fragile atto di resilienza mi colpì profondamente.Mentre premevo sulla ferita, sentii sotto le dita
un altro foro, più piccolo, sul retro.
Il proiettile era già uscito, una circostanza che avrebbe evitato complicazioni peggiori, ma la perdita di sangue era comunque massiccia. Dovevamo intervenire subito.In pochi secondi arrivò un infermiere con una barella, e insieme lo sollevammo con attenzione. Lui continuava a fissarmi, i suoi occhi incollati ai miei, come se trovasse in me un punto di ancoraggio nel vortice di confusione e sofferenza.
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L'ultimo giorno d'inverno
Acak"Perché scappi sempre via da me?" "Perché la mia vita è un campo minato, pronto ad esplodere al primo passo falso." Roma. Nina ha appena compiuto 25 anni, è un'infermiera e si sta preparando a sposare Marco, il suo amore del liceo. Ma la sua vita si...