5. same mistake, again

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Meno 7 giorni.

Erano passate due settimane, ma di Alex ancora nessuna notizia. Pensare al peggio, era ormai inevitabile. Jimin passava il suo tempo a crogiolarsi nella preoccupazione, quando non era impegnato a occuparsi di Dahlia. Quella bimba, doveva riconoscerlo, era stata l'unica luce e fonte di speranza delle ultime settimane. Doveva ammettere che Alex avesse scelto un nome veramente appropriato per sua figlia. Dahlia era il nome di una persona forte, nonostante le avversità. Proprio come la madre. Da quando si erano separati, davanti a quel benzinaio, Dahlia non si era mai scoraggiata. Aveva chiamato sua mamma più e più volte, dimostrando quanto le mancasse. Ma, da un certo punto di vista, quella mancanza era stata colmata da un'altra presenza importante per Dahlia.

Jimin ricordava ancora, quel giorno.

Dopo che Alex era scesa dall'auto e, con la culla vuota, si era diretta verso il bar del benzinaio, Jimin era rimasto solo con Dahlia. Fingendo che andasse tutto bene, aveva sprecato qualche minuto prezioso per fare rifornimento e, una volta constatato che gli uomini che li stavano inseguendo non badassero più attenzione a lui, aveva riacceso il motore e, con Dahlia sistemata malamente sul sedile del passeggero, erano sfrecciati via, il più lontano possibile.

Viaggiarono per molto tempo con l'ansia alla gola, temendo di essere ancora inseguiti ma, dopo numerosi accertamenti, Jimin fu felice di rendersi conto di averli veramente seminati.

Così, con più tranquillità, mentre il sole cominciava a calare, il ragazzo guidò l'auto attraverso un lungo sentiero sterrato, costernato da alti e fitti alberi. Così fitti, da rendere impossibile vedere al di là di essi. Se si fossero trovati in un film horror, quegli alberi, dietro ai quali non poteva avere idea di cosa si celasse, avrebbero dovuto spaventarlo a morte. Invece, Jimin aveva imparato, nel corso della sua vita, che non aveva senso sprecare tempo ad avere paura di ciò che non poteva vedere, perché gli orrori più brutti, spesso, si trovavano proprio ad un passo dal proprio naso, in piena luce del sole.

Quando, finalmente, intravide un piccolo casolare, nascosto tra gli alberi, Jimin tirò un sospiro di sollievo e rallentò il passo dell'auto.

Si voltò a guardare Dahlia che, da qualche ora, dormiva tranquilla e le rivolse un sorriso amorevole.

«Siamo arrivati, piccina.» sussurrò, sentendo un nodo formarsi all'interno della sua gola. «Ce l'abbiamo fatta.»

Qualche minuto più tardi, Jimin parcheggiò l'auto tra gli alberi e, una volta spento il motore, si apprestò a radunare tutte le sue cose. Per ultima, prese delicatamente Dahlia in braccio, stando attento a non svegliarla. Chiuse la portiera dell'auto e, inspirando profondamente, si voltò.

Fu allora che lo vide.

Il suo sguardo era fisso davanti a sé, gli occhi neri puntati sul viso della bambina tra braccia di Jimin. A dividerli, c'erano solo un paio di metri ma, in quel momento, la distanza pareva abissale. Jimin lo osservò. Aveva il corpo proteso verso di loro ma, allo stesso tempo, c'era qualcosa che gli impediva di avvicinarsi.

Paura?

Rimorso?

Jimin non poteva saperlo con certezza.

Quando, però, gli occhi di Jimin si spostarono nuovamente sul suo viso, fu allora che la notò. Una singola lacrima stava scendendo lentamente sulla sua guancia, creando una sorta di collegamento tra i suoi occhi lucidi e il piccolo sorriso che si stava formando sulle sue labbra.

«Ce l'avete fatta.» mormorò con tono strozzato, come se fosse più una domanda, che un'affermazione. A malapena spostò lo sguardo su Jimin, quasi come se avesse paura che, se avesse smesso di guardare Dahlia, sarebbe potuta sparire dai suoi occhi improvvisamente.

Paradise Gone Wrong [Rosekook Italian FanFic] j.jk • p.cyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora