Cinque.

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Stiles arriva davanti all’ufficio di Lydia in pausa pranzo: non la vede da quindici anni ma spera di conoscerla ancora abbastanza bene da corromperla con il suo frullato preferito. Appena giunto al piano non si stupisce di essere fermato da un uomo piuttosto muscoloso. “Ha un appuntamento con la signorina Martin?”

Stiles si gratta il retro del collo. “Io… no. Anzi, in tutta onestà credo di essere pure sul suo libro nero. Sulla copertina probabilmente. Ma ho davvero bisogno di parlarle. Può dirle che Stiles è qua?"

Stiles non sa se è stata la sua parlantina o il suo tono disperato ma il ragazzo alza la cornetta e schiaccia un pulsante. Spiega velocemente a Lydia la situazione e ascolta per qualche istante. Poi si rivolge a lui. “Prego, si accomodi” dice indicandogli una porta.

Stiles entra un po' titubante: quasi non si stupisce di vedere l’arredo elegante e nemmeno di trovarla in piedi, appoggiata alla grande scrivania con le braccia conserte. Stiles le porge il frullato. “Come simbolo di pace.”

Lydia glielo prende. “Non ho molto tempo, Stiles. Cosa vuoi?”

“Ho bisogno del tuo aiuto. E sai quanto mi costa essere qui. Ma sei l’unica che può farlo e poi ti giuro che non ti chiederò mai più niente ma… aiutami a riportare Derek da me, ti prego.”

Lydia lo osserva per qualche istante tra l’incredulo e il furioso. “Fammi capire bene perché forse non ho compreso: sei venuto fin qua per chiedermi di aiutarti a riportare Derek in vita? Dopo che mi avete rovinato la vita?”

Stiles abbassa lo sguardo. “Io te l’ho rovinata. Non lui. E lo amo, Lydia, lo amo come non sono mai riuscito ad amare te. E mi dispiace da morire per quello che ti ho fatto. Non te lo meritavi.”

“Non so se posso farlo.”

Lydia sembra vacillare e Stiles si aggrappa alla speranza. “In realtà non sappiamo nemmeno se funziona. È un tentativo disperato. Ma glielo devo e lo devo soprattutto ad Eli. Avevi ragione l’altra sera: me la sono presa con voi quando l’unico responsabile della sua morte sono io. E vorrei davvero poter rimediare. Aiutami, ti prego.”

“E se non dovesse funzionare?”

“Cercherò un altro modo. Ma con Peter ci sei riuscita.”

“Devo pensarci.”

“Il rituale sarà stasera al calar del sole. Ti aspetteremo ai piedi del Nemeten. Se… se non dovessi venire capirò.”

“Va bene.”

“Grazie.”

“Non ho ancora fatto niente.”

Stiles fa un piccolo sorriso. “Mi hai ascoltato nonostante tutto” dice prima di uscire dall’ufficio con qualche speranza in più.

Stiles non riesce ad evitare di torcersi le dita: ha controllato almeno dieci volte che tutto fosse pronto e altrettante il cellulare. Peter gli mette una mano sulla spalla. “Arriverà e lo sai anche tu.”

“Ci spero. Ma non ne sarò sicuro finché non la vedrò comparire.”

Eli si avvicina. “Il sole sta cominciando a calare. Lydia si è fatta sentire?”

“No.”

“E se non dovesse venire?”

È Deaton ad intervenire. “Se tra cinque minuti non è qui proverò a farlo io. Dopotutto sono un druido, anche se non a livello di una banshee posso fare anche io da tramite. O, almeno, ci posso provare.”

I minuti passano e i quattro devono arrendersi al fatto che Lydia non è arrivata. Nonostante quell’imprevisto (Stiles ha anche provato a chiamarla senza ottenere risposta) si preparano ugualmente per il rituale. Deaton comincia a recitare la formula e Stiles si sforza davvero di crederci, di credere di poter rivedere il suo Derek e abbracciarlo dopo avergliene dette quattro. Già si immagina ogni singola parola che gli urlerà contro, quasi riesce a vedersi davanti a lui intento ad urlargli contro mentre il marito lo guarda con il sopracciglio alzato e le braccia incrociate. Se chiude gli occhi riesce perfino a sentire il suo profumo di muschio e legno. Stiles è talmente concentrato su quelle immagini da non accorgersi nemmeno di Deaton che crolla sul pavimento sfinito. È Peter a sostenerlo. "Stai bene?”

“No-non ci sono riuscito. Mi dispiace.”

Stiles sente la delusione pesargli addosso come un macigno ma non vuole arrendersi. “Hai fatto il possibile, va bene così.”

Il rumore di fiale rotte attira la loro attenzione facendoli voltare verso Eli.
Stiles vede suo figlio con lo sguardo basso, ma si percepisce anche a distanza quanto sia agitato. Le sue spalle si alzano e si abbassano velocemente, a causa del suo respiro corto. Ha le mani appoggiare al tavolo, strette alla superficie metallica e sembra non aver notato il caos di fialette rotte tutte intorno a lui. “Eli?” si azzarda a chiedere, facendo un passo verso di lui, ma suo figlio lo blocca.

“Stammi lontano!’ urla. Anzi, ringhia. Il suo tono è deformato da qualcosa di ruvido, di spaventoso. Qualcosa di decisamente animale.

“Guardami, tesoro” gli dice, cercando di mantenere un tono calmo. “Sono qui, non mi avvicino, ma guardami.”

Eli sembra compiere uno sforzo enorme solo per compiere quel gesto, sembra raccogliere tutte le sue forze per non muoversi di scatto. Lentamente, alza lo sguardo e incrocia gli occhi di suo padre. Gli occhi castani e umani di Stiles, si ritrovano davanti gli occhi gialli e sovrannaturali di un mannaro in forma beta.
“Sono io, sono papà” dice, allungando una mano, ma Eli fa un movimento nell’aria, come per scacciarlo dando modo a Stiles di guardare le sue mani. Ora, al posto delle mani affusolate di suo figlio, vede dieci lunghi artigli spessi e appuntiti. Non doveva succedere così, doveva esserci Derek, lui avrebbe saputo cosa fare.

“Eli, guardami” è Peter a farsi avanti, a mettersi davanti a Stiles. Stiles lo guarda, ha gli occhi del suo sovrannaturale azzurro, ma è l’unico tratto mannaro.
“So che sei arrabbiato” continua l’uomo. “So che spaccheresti tutto, ma vedo anche che cerchi di opporti e sei bravissimo, sai? Io la prima volta ho rotto tutti i mobili della cucina. Ma tu hai la tua ancora, devi solo arrivarci da solo, ma ce l’hai già.”

Stiles vede suo figlio prendere lunghi respiri, mentre Peter compie un altro mezzo passo in avanti.
“Dimmi cosa senti” chiede ad Eli. "Prova a descrivere a parole tutto quello che senti."

Eli prende un altro lungo respiro. “Sono furioso” ringhia tra le zanne. “Voglio andare da Lydia e aprirle la gola!”

La schiena di Stiles è percorsa da un brivido di terrore. Ha paura che suo figlio possa fare qualcosa ora che non ha controllo di sé. Non se lo perdonerebbe mai.

“Ma?” chiede Peter. “I tuoi sensi cosa sentono più di tutto?”

Eli chiude gli occhi, come se si stesse concentrando.
Dopo quella che sembra un’eternità, un sussurro lascia le sue labbra. “Papà” dice, puntando i suoi occhi oro su Stiles. “Sento papà, sento che ha paura per me, non di me. E sento il suo odore più degli altri.”

“Bravo, cucciolo” risponde Peter. “Concentrati sul suo odore. L’odore di casa, di quando eri piccolo, di quando eravate felicissimi a New York. L’odore di papà è il primissimo odore che hai sentito, Eli, quello che ti ancora alla realtà. Vero?”

Stiles mantiene lo sguardo su suo figlio che, all’improvviso, si accascia su se stesso, scivolando lungo la parete e sedendosi sul pavimento, accovacciato con le gambe strette al petto. Stiles impiega davvero mezzo secondo a capire che sta piangendo a singhiozzi e a decidere di sedersi lì con lui, stringendolo forte contro il proprio petto, cullandolo.
“Va tutto bene” gli ripete. “Papà è qui e ti ama.”

Solo quando Eli smette di piangere, Stiles si rende conto che Peter e Deaton li hanno lasciati soli. “Stai bene?” gli chiede, specchiandosi in quel verde bosco che ama da sempre.

Eli annuisce, gli occhi ancora umidi di pianto, ma accenna un sorriso. “Un bel dispetto a papà questa trasformazione, no” dice, facendo sghignazzare Stiles che si sporge e gli bacia la fronte.

“Andrò a cercare Lydia, devo sapere perché ha deciso di non venire, anche se non le era dovuto. Okay?”

“È andato zio Peter” gli dice Eli. “L’ha detto a Deaton quando sono usciti, ma ho sentito lo stesso."

Stiles sbuffa un sospiro preoccupato, ma non ha intenzione di fermarlo. Stringe ancora un po’ Eli, poi lo aiuta ad alzarsi, per portarlo a casa.

Family All The Way | SterekDove le storie prendono vita. Scoprilo ora