<<Secondo te com'è Parigi?>>mi chiese quella dolcezza che avevo davanti di punto in bianco.
Ingoiai il pezzo di panino e guardai il suo volto pensieroso mentre spezzava una patatina.
<< Non mi dire che ci sono pianiste misteriose che vivono nell'Upper East Side che non sono mai state a Parigi? E smettila di torturare quel povero alimento... >>dissi.
<<Grazie Jason sei molto d'aiuto... E comunque, ho compiuto diciotto anni due mesi esatti fa, non posso aver visto chissà quanto. E poi se non la smetti di prendermi in giro per il fatto dell'Upper East Side giuro che ti uccido.>> mi disse con un sorriso troppo bello per essere dimenticato, poi mangiò la patatina con sguardo di sfida.
<<Aspetta un secondo, se hai compiuto diciotto anni esattamente due mesi fa...>> dissi io con fare riflessivo.
<< Sì lo so, sono ancora praticamente un'adolescente... >> stava per dire qualcos'altro ma non la feci finire.
<< Sì, sì... Che me frega? Io stavo riflettendo sul fatto di aver invitato a cena un capricorno. Capisci? È un suicidio! Anche perché secondo l'oroscopo non siamo per niente compatibili.>> lei scoppiò a ridere. Rimase scioccata, non si aspettava di certo una considerazione del genere.<< E tu che segno saresti? Comunque sappi che non è educato parlare di segni zodiacali al primo appuntamento. >> mi disse con fare saccente dopo aver smesso di ridere.
<<Senti cara, io lo premetto, non sono il massimo con il bon ton. Io il galateo non lo vedo nemmeno in cartolina. E comunque non è il nostro primo appuntamento. Per rispondere alla tua domanda, comunque sono dello scorpione.
Scorpione, capisci Sel? Capricorno e scorpione hanno 0 compatibilità. >> dissi io tra un boccone e l'altro.
<<Effettivamente il galateo non lo vedi davvero nemmeno in cartolina. Ad esempio, i gomiti sul tavolo non si mettono e poi il bicchiere si mette sempre alla propria destra. Tu l'hai spostato sulla tua sinistra. >> disse con fare riflessivo. << Ti dà fastidio? >> le chiesi. << Non sono abituata>> disse semplicemente. Tolsi i gomiti dal tavolo e spostai il bicchiere alla mia destra.
<< Meglio?>> le chiesi cercando di metterla a suo agio. Quando sorrise capii che aveva compreso il mio intento.
<<Comunque io non ci credo ai segni zodiacali. Sono solo credenze popolari. >> mi disse dopo un po' di tempo. << E come me lo spieghi che tutte le persone che conosco si rispecchiano benissimo nei propri segni? >> dissi con un po' di orgoglio, convinto di avere ragione. Lei bevve un sorso d'acqua e mi guardò con dolcezza per poi sorridere e dire.
<< Si rispecchiano nei propri segni perché ci credono. Se una persona è convinta di una determinata cosa allora leggerà tutto con quella chiave. Se io penso che tu sia una bella persona allora vedrò il bene in ogni cosa che fai. >> disse convinta.
Sollevò il capo e mi fissò per un attimo, poi distolse lo sguardo e si concentrò sul cibo.
<< Tu pensi che io sia una bella persona? >> dissi dopo un momento di riflessione.
Non riflettei sul concetto che espresse, pensai molto di più a cosa pensasse di me. Preso da quel pensiero decisi di chiederglielo direttamente. Via il dente, via il dolore.
Ci pensò sù a come rispondermi. I suoi occhi giravano per la sala, mangiava lentamente e faceva dei macro movimenti così delicati e leggeri da farla sembrare una farfalla.
Sembrava cercare le giuste parole, gustare il momento. Con dolcezza incrociò di nuovo il mio sguardo. Io ero completamente imbambolato a guardarla. Era come se non ci fosse assolutamente niente intorno a noi, anzi come se non ci fossi nemmeno io.
Solo lei, con quei suoi modi di fare dolci ed eleganti, fini e delicati che illuminavano i miei occhi come la stella polare illumina il nord.
<< Sì Jason, ai miei occhi sei una bella persona. >> disse poi dolcemente. Pronunciava le parole in modo elegante, sensuale anche.
<< Anche tu sei una bella persona. >> dissi io dopo una manciata di minuti. Non riuscivo a dire altro, ero completamente incantato da lei.***
<<Ora che si fa?>> gli chiesi quando eravamo già in strada.
Lui sorrise con furbizia e sbadigliò.
<< Si dorme! Mi sembra ovvio. >> disse poi.
<<Di già? Hai vent'un anni e daiiii>> dissi con il tono di una bimba viziata. Gli tirai uno schiaffetto sulla spalla ridendo. Lui mi guardò ridere e rise con me in meno di un secondo.
Intrecciò la sua mano nella mia.
Continuammo a passeggiare e nel mentre io pensavo a cosa fare per stupirlo.
<< Ti va un gelato?>> mi chiese.
<< Jason, siamo a marzo. Lo sai vero??>> gli dissi scherzosamente.
<< E vabbè! Per me non c'è una stagione giusta per il gelato.>>
<< Jason fa freddo>> gli dissi con un sopracciglio sollevato.
Ero solita a trovare sempre una parte razionale in ogni cosa.
Lui mi chiese semplicemente se mi andasse un gelato ed io risposi con razionalità dicendogli che era troppo presto per un gelato.
Ci riflettei sul nostro breve dialogo, mi resi conto che quel gelato mi andava davvero, e pensai al perché non gli avessi risposto semplicemente con un sì. La risposta non fu facile da dare, poiché io agivo sempre così.
Noi esseri umani siamo, alla fine dei conti, il riflesso delle nostre esperienze e dei nostri ricordi, c'è molto poco di veramente nostro dentro di noi. Nel nostro cervello spesso agiscono coloro che ci hanno cresciuti o che ci sono rimasti impressi. Ci pensai sù, pensai a chi potrebbe aver detto quella parola al mio posto. Pensai inizialmente a mio padre, ma mi dissi che da lui ereditai solo l'omissione. Allora doveva essere stato qualcun altro a parlare... Ma chi? Forse il professor Fester? Con la sua razionalità e la sua devozione per la scienza?Misi da parte quelle teorie e decisi di fare parlare me.
<< Lo voglio il gelato. >> dissi soddisfatta. Jason mi guardò sbalordito e probabilmente mi diede per pazza, eppure sorrise.
<< E va bene cara, andiamo a prendere il gelato! >><< Il cono è più buono! >> protestò Jason quando gli dissi di volere una coppetta. << Ma che cambia? È sempre gelato... >> roteai gli occhi di fronte al suo sguardo di disappunto.
Mi fece il broncio e gli occhi dolci, non potendo resistere al suo sguardo da cagnolino bastonato, decisi di accontentarlo. Mi fece mettere anche una cialda e la glassa al cioccolato fondente, mi voleva mettere anche la panna montata ma lo fermai in tempo.
<< Non ho mai mangiato un gelato così pieno...>> dissi assaggiando la cialda. Era davvero buona, tutto era così bello e buono.
Pensai che quella serata fosse perfetta. C'era una brezza fresca che annunciava la fine dell'inverno e l'inizio della primavera, si emanavano profumi da ogni dove.
E quel gelato era di una dolcezza disarmante. I miei capelli si muovevano con quella brezza che si divertiva a scompigliarli una volta tanto e la mia mano era unita a quella di Jason, ci tenevamo stretti ma con delicatezza, era tutto troppo bello per essere vero.Passeggiando finimmo per arrivare fino a Brooklyn, dall'altra parte del ponte, il posto in cui prendemmo il gelato. C'ero stata pochissime volte e l'avevo vista solo di passaggio.
Brooklyn non era proprio il posto preferito di noi di Manhattan,
infatti mi era tutto così nuovo!
E lo considerai speciale come solo le cose che si vivono per la prima volta possono essere.
Era la prima volta che sentivo quei profumi, la prima volta che mangiavo un gelato tanto buono, la prima volta che nonostante la camminata non sentivo male ai piedi, la prima volta che ero così serena a passeggiare con la persona che...<< Ti è piaciuto? >> la voce di Jason irruppe nei miei pensieri.
Lo guardai sognante e lo vidi ridere sotto i baffi.
Prese un tovagliolo e me lo porse.
Corrucciai lo sguardo senza capire.
Lo guardai confusa e lui scoppiò in una risata fragorosa.
<< Sei tutta sporca! >> disse dopo essersi ripreso.
Sobbalzai leggermente a quella constatazione e feci immediatamente per pulirmi.
<< Aspetta, sei sporca sulla guancia... No l'altra.>> disse ed io indicai con il tovagliolo la guancia destra. << Ecco, lì! >> disse e poi si stravaccò sulla panchina.
Buttai il fazzoletto in una spazzatura vicina e mi sedetti vicino a lui. << Potevi prendere anche più gusti però, sarebbe stato più divertente. >> disse con un sorrisetto furbo. Per rispondere alla sua battuta da stronzo, feci una smorfia di dissenso. << Io non cambio mai gusto. È sempre lo stesso: cioccolato bianco>> dissi fermamente. << Perchè? >> Chiese.
Feci spallucce e iniziai a sentire male ai piedi.
Feci una smorfia di dolore e mi tolsi i tacchi sedendomi come un indiana sulla panchina e tenendo i tacchi in mano. Guardai Jason che aveva osservato ogni mio movimento, lo vidi deglutire, poi si schiarì la voce e fece una battuta.
<< Hai dei bei piedi >> mosse le sopracciglia ed io mi spiaccicai una mano in fronte.
<< Ora sei anche un feticista? >> gli chiesi ridendo. Mi avvicinai a lui e posai la testa sulla sua spalla e chiusi gli occhi. Lo colsi di sorpresa, ma lui non parve infastidito da quel contatto, anzi mi mise il braccio intorno alla vita e lo vidi con la coda dell'occhio guardarmi come se fossi la cosa più bella di questo mondo. Il suo sguardo era sognante, posò la sua testa sulla mia ed io sussurrai un grazie. Era palesemente confuso così sollevai la testa, misi i tacchi e mi alzai.
Era stato così sincero e meraviglioso con me, mi aveva dato tanto di sé in poco tempo.
Decisi di dargli un po' di me.
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LA STELLA PIÙ LUMINOSA DEL CIELO
ChickLit> è la domanda che Jason pone a sua nipote Leah quando le dice di volerle raccontare una storia. Una storia molto importante per lui, una parte della sua vita che non potrà mai e poi mai dimenticare.