<<Buongiorno papà… >> dissi assonnato. << Giorno… Allora oggi hai il colloquio con quel ristorante… Come si chiama? Il Lume della ragione?>> chiese mio padre.
<<Il Lume della vita… Che nome orrendo! >> lui accennò un flebile sorriso. <<Risparmiati questo commento al colloquio mi raccomando… E vedi di fare una bella figura!>> mi rimproverò in modo amichevole…<< Come si può rimproverare qualcuno in modo amichevole? >> chiede la piccola Leah incuriosita.
<< Semplicemente si può, non so come spiegartelo… Comunque, non interrompermi ogni tre minuti altrimenti perdo il filo. >> le dico dolcemente.<<Aspetta… Questo è un rimprovero amichevole? >>mi chiede.
<< Direi di sì… Ora posso continuare? >> la sua spiccata intelligenza non la smette mai di colpirmi. <<Non puoi… Devi! >> dice saltando sul divano. << Ok, ma ora smettila di saltare oppure finirai per farti male. >> lei annuisce ed io continuo…<< Posso farcela… Come sta mamma? >> gli chiesi. << Bè… È difficile… Lo sai… >> mi rispose mio padre con lo sguardo rivolto verso il basso.
Sì lo sapevo, ma non la capivo. Perché era difficile per tutti, ma ce la stavamo facendo, sembrava assurdo ma ci stavamo riuscendo. Secondo il me del passato era lei che non ci stava provando sul serio. << Vabbè io vado a farmi una doccia, altrimenti farò tardi… A dopo… >> lui mi salutò con un cenno della mano ed io corsi in bagno. Come al mio solito ero in ritardo e dovetti fare tutto in fretta. Arrivai con il fiatone e mi ritrovai davanti un damerino con degli orrendi occhiali da vicino. Stava leggendo un foglio dove erano scritti i nomi dei " candidati ". Manco fosse un fottuto concorso. Pensai. << Salve… Lei dovrebbe essere il… Signor Storm… Vero? >> mi chiese con una vocetta odiosa.
<<Sì, Jason Storm. Piacere di conoscerla. >> dissi cercando di risultare cortese.Dopo una serie di varie prove per testare le mie abilità da cameriere, lui mi osservò attentamente.
<< Allora… Non è andata male, a parte per il piatto rotto… Ma su quello si può lavorare. Le vorrei fare una domanda. >> mi chiese dubbioso. Io annuii.
<< Perché vuole questo lavoro? Insomma perché vorrebbe lavorare da noi? >> mi chiese. Perché non ho un quarto di dollaro e ho ventuno anni? Lei che dice? Pensai di dirgli. << Bè… Perché ho bisogno di questo lavoro e perché sono curioso di sapere come si lavora in un ristorante. >> dissi cercando di risultare convinto. Non ho mentito del tutto… Il cinquanta per cento di ciò che ho detto è vero. Mi giustificai con la mia coscienza.
<<Capisco… Mi lasci il suo numero. La contatteremo per un'eventuale settimana di prova. >> mi chiese il tipo poco convinto. Io gli lasciai il mio numero e, dopo averlo salutato, mi diressi verso casa. Raccontai le cose che mi aveva detto a papà e insieme ridemmo un po', con lui stavo recuperando i rapporti.
<< Dai… Non è andata poi così male. >> disse.
<< Direi di no. >> gli risposi sorridendo.La mattina seguente mi svegliai intontito, non avevo dormito molto bene, ma soprattutto avevo dormito poco, infatti passai quasi tutta la notte a rigirarmi nel letto mentre una valanga di pensieri e ricordi mi offuscavano la mente. A malapena mi reggevo in piedi e ci misi un po' a mettere a fuoco la vista. Dopo essermi velocemente lavato e vestito, mi avvicinai alla finestra e scostai la vecchia tenda blu petrolio per vedere come fosse il tempo. Che schifo. Certe volte mi sembra di vivere a Londra, piove sempre! Pensai incazzato e di malumore. Dai doppi infissi riuscii a vedere le gocce di pioggia scendere velocemente e schiantarsi sulla strada con l'asfalto nuovo di cui amava vantarsi il vicino di casa. Il signor Wilson si era occupato personalmente di chiamare il comune per fare riasfaltare la vecchia e rovinata stradina che divideva le nostre case. Abitavamo in un vicolo dell'enorme Manhattan, uno di fronte all'altro, infatti non eravamo " vicini " nel vero senso della parola, ciononostante lui adorava definirci tali solo per i buoni rapporti che aveva con mio padre. Ogni volta che veniva a trovarci parlava di quel dannato asfalto e di come era stato serioso il suo tono quando aveva insistito per farlo fare, a suo dire,
<<Dobbiamo essere noi cittadini a lottare per i nostri diritti, anche se a volte possono sembrare cose cretine come l'asfalto nuovo! Perché noi abitiamo dove a nessuno interessa e dobbiamo lottare per far vedere che non c'è bisogno che interessi a loro, perché interessa a noi! >>era un veterano che aveva combattuto la Guerra in Vietnam quando era un ragazzo uscendone, fortunatamente, senza mutilazioni e ogni volta che mi vedeva non si dimenticava di ricordarmelo finendo il suo discorso con la classica frase: " Voi giovani d'oggi non sapete cosa sia il dolore! Avrei voluto vedervi in guerra! Scommetto che non sareste durati un'ora in un campo di battaglia! Altro che i tikki tokki e tutti quei social che usate adesso! " lo diceva con convinzione e fierezza ed io annuivo dandogli ragione. Un po' ero d'accordo con lui, però non ritenevo giusta la sua convinzione che noi giovani non conoscessimo la sofferenza.
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LA STELLA PIÙ LUMINOSA DEL CIELO
Chick-Lit> è la domanda che Jason pone a sua nipote Leah quando le dice di volerle raccontare una storia. Una storia molto importante per lui, una parte della sua vita che non potrà mai e poi mai dimenticare.