Capitolo XII "Cosa c'è tra te ed Henry?"

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<< Signor Storm! >> una voce tremendamente squillante raggiunse le mie orecchie.
Non mi ci volle molto tempo per riconoscere a chi appartenesse.
Quel miope del mio caposala mi raggiunse con un sorriso stampato in faccia.
Ogni mattina mi sorrideva e mi salutava, non lo faceva con gli altri dipendenti. Con me rideva e scherzava, con loro invece era molto severo e, per quanto mi urtasse la sua voce squillante, iniziavo a riconoscere che la sua presenza diventava piacevole.
<< Buongiorno, come sta? >> risposi cortese mentre aggiustavo la manica della camicia.
<< Molto bene, la ringrazio per averlo chiesto Signor Storm... Signor Storm... >> disse poi guardando un pelino disgustato il mio modo di aggiustare la camicia.
<< Si? >> chiesi io rendendomi conto che aveva smesso di parlare.
Lui mi guardò e poi guardò la manica, si soffermò a guardarla con sguardo di disapprovazione.
Poi guardò di nuovo me.
Dal canto mio, il mio sguardo era corrucciato: non mi sembrava aggiustata male, anzi era molto meglio del solito.

Il caposala roteò gli occhi e scosse la testa, incrociò le braccia al petto, alzò un sopracciglio e sbatté il piede destro con movimenti veloci e di poco sforzo.
<<Signor Storm, andiamo! Non si aggiusta così una camicia!>> sbuffò scocciato e mi prese il polso con violenza.
Mi sorpresi di quanta forza avesse in quelle braccia gracili.

<< Ahia! Ma è stretta! >> dissi intimandomi tra me e me di non gridare. << Suvvia Signor Storm! Non faccia il melodrammatico! Adesso si metta a lavoro! Su, su!>>
Contrariato e con i polsi stretti in una camicia, mi misi a lavoro.
I miei colleghi mi odiarono fin dal primo giorno, come dissi la cosa era reciproca.
Ma più passava il tempo e più era peggio.
Credo fosse perché ero il preferito del caposala, e per comprarsi Katy probabilmente... Ma soprattutto per invidia, sia del fatto che ero il cocco del caposala, sia perché Katy mi aveva dato confidenza preferendo me a loro, ma anche perché ero modestamente il più bello.
Mi escludevano, mi lanciavano occhiatacce, sparlavano di me... E altre cazzate simili. Non mi interessava onestamente, i miei pensieri erano diretti solo a Selena, mi bastava avere lei, Liam, Charlotte ed i miei genitori, mi andava bene così.
Tuttavia, il destino voleva darmi qualcuno in più da mettere nella lista delle persone più importanti.
E decise di ridarmi due persone del passato...

<< E come fece? >> mi chiede Leah.
<< Bè... Fece in modo di farmele reincontrare.>> le spiego dolcemente. << Ohhh, okay. >> dice scandendo bene le paroline.
Fa sempre così quando è curiosa o stupita, perché mentre parla pensa a ciò che l'è stato detto molto attentamente...

<< Amico! Jason! Cazzo... >>
Ero tornato da poco a casa e mi stavo cambiando quando sentii la porta aprirsi e chiudersi alla velocità della luce.
Poi sentii il mio amico gridare come un coglione, ma con un forte affanno nella voce. Poi sentii uno schianto e un cazzo pronunciato per essere quasi un grido, per poi risultare come un'imprecazione di un vecchio. Lo raggiunsi, avevo la camicia sbottonata a metà, ero senza giacca ed avevo i pantaloni. Ma ero senza scarpe.
" Le scarpe da lavoro " le chiamavo così perché le usavo solo per quello, non ero mai stato tipo da mocassini dopotutto.
Lo vidi seduto a terra con una gamba distesa ed una piegata che si teneva il piede sinistro e ci soffiava sopra mentre imprecava tutto il calendario gregoriano. Aveva il ciuffo scombinato, ma si vedeva che aveva appena rifatto la tinta.
Liam aveva i capelli sempre tinti da quando aveva tredici anni.
Per trovare una foto con il suo colore naturale dovetti chiedere a Sophia, sua madre, che mi diede il suo album di foto dove Liam era un moccioso con le dita nel naso.
Li aveva avuti di tutti i colori, i capelli, poi però si era dato al biondo platino. Io lo preferivo castano, ma di sicuro era meglio con i capelli biondo platino e non verde menta come si era ostinato a portare per un anno buono.
Anche se io sapevo che lui continuava a preferire il verde, ma si era fatto biondo solo per Charlotte. Non lo ammise mai, ma un vero amico non ha bisogno di sentirle dire, certe cose le capisce e basta. Ad ogni modo, si alzò quando mi vide ridere come un coglione alla sua visione a dir poco imbarazzante.
<< Ridi, ridi stronzo. Intanto io, mi sono fatto male! >> disse risentito.  << Poverino! Il bimbo si è fatto la bua, ti ci do un bacino? Così ti senti meglio? >> dissi prendendolo in giro.
<< Fanculo tu e i tuoi bacini! Quelli conservali per Selena.
Piuttosto coglione, indovina che notizia ti do?>> disse ed incominciò ad agitarsi come una scimmia.

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