59

30 11 18
                                    

Franklin guidava come un pazzo, infischiandosene della strada sconnessa e del ghiaccio. L'auto tremava, sussultava, sbandava, ma lui riusciva sempre a tenerla in carreggiata. Gary si complimentò tacitamente con lui per le sue abilità che non avevano nulla da invidiare ai piloti di really. Tra non molto avrebbero imboccato il sentiero che conduceva alla casa di Ted Greyson e ancora non avevano idea di cosa aspettarsi.

I fiocchi stavano scemando, ma le folate gelide continuavano a ululare come lupi lontani, nascosti nel folto della foresta. Gary osservava il cielo con la fronte bollente premuta contro il finestrino, chiedendosi se la tempesta che li aveva minacciati nelle ultime ore avesse deciso di proseguire oltre o se si trattasse soltanto di una breve tregua.

«L'ha portata a casa», commentò Franklin. «L'ha davvero portata qui, cazzo.»

Gary annuì, gli occhi abbassati sui solchi freschi che un'altra auto pareva aver lasciato da poco nella neve. Aveva la testa in fiamme e l'impressione che tutto il suo corpo oscillasse tra il torpore e fitte insopportabili. Se qualcuno gli avesse piantato un coltello nella spalla, forse, il dolore sarebbe stato meno intenso.

«Tu sei certo di quello che mi hai raccontato, vero?» domandò Franklin. Non l'aveva mai visto così preoccupato, sembrava quasi che potesse esplodere in mille pezzi per la pressione.

«I miei amici sono a Pentwater», ripeté. La bocca era impastata, la gola secca. Avrebbe volentieri ceduto uno dei suoi ormai inutili arti per un sorso d'acqua. «Stanno collaborando con la polizia locale per scoprire l'identità delle bambine rapite, ma non so quanto tempo ci vorrà. Non hanno idea di quale strada abbia percorso per arrivare qui.»

«Però devi avere qualche sospetto! Diavolo, Stanford, sei o non sei il grande poliziotto che tutti dicono?»

Gary ebbe come un déjà vu. Aveva già sentito parole simili quella sera. Forse meno sarcastiche, ma spinte dalla stessa paura.

La voce di Root era metallica, distante migliaia di miglia, eppure gli era parsa così vicina che ricordava di essersi voltato per essere sicuro che non fosse alle sue spalle. Quanto tempo era trascorso? Un'ora? Due? Eppure a lui sembravano mesi. Era stato prima dell'incidente, prima della visita a casa di Lillian Goodwin, quando Hayley era ancora al suo fianco, con tutta la sua testardaggine e il desiderio di proteggerlo.

E adesso potrebbe essere...

Zittì immediatamente quel pensiero. Era subdolo, infido, una menzogna che aveva come unico scopo punirlo per avere permesso che fosse risucchiata nei suoi sbagli.

No, sta bene, si disse. Perché Greyson avrebbe dovuto portarla con sé se fosse morta? Avrebbe potuto lasciarla seduta accanto a me e addossarmi la colpa della sua ennesima vittima.

Sebbene quel ragionamento apparisse sensato, non dissipava dubbi a cui, proprio come Franklin, non aveva risposta. Perché Greyson aveva rapito Hayley?

«Ho detto loro di concentrare le ricerche nelle vicinanze. Non credo che Greyson abbia rapito le bambine dopo essersi allontanato troppo da Pentwater.»

«Come puoi esserne sicuro?»

Gary scosse la testa e il mondo attorno girò con lui, provocandogli un moto di nausea. «Non lo sono. Però Greyson non ha agito come qualcuno che stia improvvisando. Non troppo, almeno.»

«Non ti seguo.»

«Rifletti, Case. Per essere un uomo distrutto dal dolore ha agito sin dall'inizio con una certa lucidità. Si è trasferito dopo poche settimane dalla morte delle figlie, vero, ma ha acquistato una casa, si è trovato un lavoro, ha scelto un luogo dove era sicuro che nessuno lo conoscesse o si facesse troppe domande sul suo conto. Penso che Greyson avesse già deciso di non partire da solo. Forse aveva anche già scelto le bambine che avrebbe portato con sé e non potevano trovarsi a troppe miglia da Pentwater. Devono concentrarsi nelle aree limitrofe.»

Il segreto di Ted GreysonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora