4.

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Chissà se saresti fiera di me...

Ecco a cosa penso mentre osservo sulla grande vetrata che da sulle strade di New York le goccioline rincorrersi.
Di lei ho solo quella foto,ormai rovinata dal tempo e dalle mie dita che ogni volta ripercorrono i suoi lineamenti del viso. Era così bella...
Il suo sguardo dolce, contornato da occhi verdi come edera e capelli biondi come il grano.
Mi è sempre stato raccontato della sua tenacia, della sua bontà d'animo,ma sopratutto della sua forza per combattere per le persone a cui voleva bene.
Istintivamente mentre la mia mente viaggia verso mia madre accarezzo con i polpastrelli la cicatrice ormai anche lei rimarginata dal tempo sul mio polso.
Me la ricordo bene questa cicatrice, una delle tante cicatrici non visibili a tanti occhi,ma letteralmente impresse sulla mia pelle e nella mia testa.
Ogni una di loro ha la sua storia, ogni una di loro rappresenta la mia tenacia a non arrendermi ai voleri di altri, lasciando però un segno non tanto fisico quanto mentale.
Ma questa è speciale, questa è stata la prima.

Ricordo bene quel giorno:
Camminavo lungo i corridoi di casa, avevo sette anni su per giu, ero una bambina molto curiosa, tutt'ora lo sono.
Aveva attirato la mia attenzione una piccola scatola in camera di papà, era una scatolina color rubino racchiusa nell'ultimo cassetto del comó.
L'avevo vista più volte tra le mani mi papà, quindi decisi nella mia ingenuità di voler vedere con i miei occhi cosa contenesse,magari qualcosa di mamma.
Avevo ragione, ci ragionai un po' prima di aprirla, me la passai tra le mani più e più volte accarezzando la superficie in velluto.
Mi sedetti sotto la finestra e mi decisi ad aprirla.
Una fede ricadde sul tappeto, conteneva solo quella, solo quella fede, che sicuramente era di mamma.

Me la rigirai tra le dita,era bella, luccicava ai raggi del sole e fino a quel momento non mi ero resa conto della piccola scritta al suo interno.
"Emma"
Il mio nome era inciso proprio in quell'anello,l'anello di mamma.
Sorrisi,ero così felice, me la portai al cuore e la strinsi a me.
Non mi ero accorta però di non essere sola, non feci  nemmeno in tempo a riporla di nuovo nella scatola che la voce di mio padre tuono alle mie spalle.
"Cosa stai facendo?"
Era furioso, con due falcate me lo ritrovai davanti a me, i miei occhi si spalancarono, sapevo di non poter stare lì, ma continuavo ugualmente a tenere quel piccolo ricordo nel mio pugno.
Appena mio padre si accorse della scatola a terra non lo riconobbi più, iniziò ad avere il fiato corto, le sue mani si chiusero a pugni lungo i fianchi,i suoi occhi color nocciola cambiarono in un batter d'occhio, la sua pupilla si dilato così tanto da mascherare il suo vero colore.
Dopo quello non capì più niente, la sua mano si strinse tra i miei capelli e mi trascino nella mia camera, persi la fede di mia madre lungo il tragitto per il mio dimenarmi. Non capivo, non capivo cosa avessi fatto di male. Rimasi in silenzio e mi raggomitolai all'angolo della mia camera. Mio padre continuava ad avere il respiro affannato e io iniziai a tremare della paura.
Si sfilò il cinturino e fu questione di un attimo prima che mi colpisse sulle gambe.
Istintivamente dopo la prima cinghiata misi le mani avanti e la fibbia andò a scontrarsi conto il mio polso.
Non si fermò, mi riempi di schiaffi ma non emisi nemmeno un suono, non riuscivo ero troppo spaventata.
Chi era quell'uomo? Lui non era mio padre. Non era mio papà.
Se ne andò lasciandomi li impaurita con le lacrime che si mischiavano al sangue.
Non arrivò nessuno a soccorrermi, sapevo che non sarebbe mai arrivato nessuno, e con la forza di una bambina di sette anni andai a farmi una doccia senza emettere suoni, non emisi più suoni da quel giorno,non lasciai più trapelare nessuna lacrima o suono. Per quanto paradossale fosse, non volevo che lui come gli altri pensassero che io avessi paura è che proprio per questa mi sarei "inchinata" al suo cospetto.

Scuoto la testa e mi dirigo verso il mio palo da pole dance. Se mio padre sapesse di questo mio sport andrebbe letteralmente fuori di testa.
Sinceramente non mi interessa, quell'uomo non è più mio padre da molto tempo, ho smesso di aver paura di lui.
Iniziò a volteggiare lasciando libera la mente, è così liberatorio, mi sento così leggera e spensierata mentre sento le mie gambe stringersi al palo cosi da darmi maggiore presa.
È bello vedere tante ragazze,donne così amanti di questo sport. Sembrano spensierate tanto quanto me e anche a loro non sembra fregare del giudizio delle persone, per chi pensa che magari qualcuna non abbia un fisico adatto o un etá adatta a ciò.
Vedo solo donne coraggiose, di voler essere spensierate per un ora almeno tanto quanto me.
Non posso non pensare che forse, anche mamma sarebbe stata una di loro, a lei piaceva uscire dagli schemi. Si sarebbe sicuramente sentita a suo agio, e il sorriso che ho visto solo su quella foto,forse oggi, lo avrei visto qui in questa stanza. Però lei non è qui, almeno fisicamente, quindi cerco di rimpiazzare il suo sorriso, per quanto sia possibile nei sorrisi di queste donne.

Finita la lezione saluto le mie compagne di corso per dirigermi verso le docce.
L'acqua calda scorre sulla mia pelle facendomi rilassare i nervi. Nell'aria ben presto si propaga il profumo di camomilla mischiato a quello dell orchidea.
Sciacquo via i pensieri e i residui di sapone per poi uscire dalla doccia.
Iniziò ad asciugare i capelli per poi infilare la mia tuta e uscire da lì.

<<Tormento>>
Dio ti prego non di nuovo, sbuffo alzando gli occhi al cielo voltandosi verso la direzione della voce,e dio mio ringrazio per averlo fatto.
Oddio ma che dico?!
Vedo Williams fermare il sacco da box con un braccio per poi appoggiarsi ad esso.
Ha i capelli appiccicati alla fronte e dei pantaloncini neri. Il corpo ricoperto di tatuaggi, osservo la sua schiena da dietro e vedo i suoi muscoli muoversi mentre prende l'asciugamano dalla panca.

<<Tormento chiudi la bocca>>
Lo sento sghignazzare. Una vampata di calore mi parte dai piedi arrivando fino ai capelli.
Quanto è borioso, e sicuramente io adesso avrò le gote rosse.
<<Boss, quale onore incontrarla>> decido di parlare incrociando le braccia al petto. Mi avrà preso per una scema.
<< Già, gran bel culo comunque>> dice gustandomi dallo specchio.
Inarco un sopracciglio non capendo la sua battuta, o forse non lo era?
Capisce la mia aria interrogativa quindi indica la vetrata sopra di noi.
Merda.
Nessuno sa del mio sport, nemmeno Kendra, non vorrei che in una sua ubriachezza molesta se lo lasciasse sfuggire e a quel punto chi lo sentirebbe quel maniaco del controllo di mio padre.
<< Mi hai guardato il culo?!>> non riesco a camuffare il fastidio e l'imbarazzo nella mia voce.
<<Diciamo che era difficile non notarlo>> dice scrollando le spalle.
<< Beh la tua ragazza non sarà contenta di questo>> dico avanzando di un passo verso di lui.
<<Gelosa Tormento?>> alza un sopracciglio facendosi scappare un risolino.
<<Di te? Per favore>>
<< Beh allora non vedo motivo di tirare in mezzo Clarissa>>
<<Clarissa? Mh gran bel nome, potreste essere i nuovi Coco Chanel>> dico ironicamente.
Ovviamente non coglie la mia battuta, alzo gli occhi al cielo ridendo per poi spiegargli.
<<Coco Chanel , sai? Grande marchio francese, la grande Coco Chanel la grande stilista francese? Hai presente?!>>
<<Ma che stai dicendo?>> continua a guardarmi come se avessi tre teste.
Okay nella mia testa faceva molto ridere quella battuta.
<<Oh mio dio le due C incrociate>> scoppio a ridere.
Lo vedo scuotere la testa.
<<Hai un senso dell'umorismo davvero osceno lasciatelo dire>>
<<Hey! Faceva ridere sei tu che non capisci il senso dell'umorismo>> incrocio nuovamente le braccia sotto il seno e vedo i suoi occhi posizionarsi proprio lì.
<<Hey bello, i miei occhi sono qui>> schiocco le dita davanti al suo viso indicando poi con un dito la mia faccia.
<<Emma ti prego, non farti strane idee, sono fidanzato e perdonami ma per quanto tu abbia un bel culo non sei il mio tipo>> conclude con un ghigno sulla faccia.

Non so perché, ma ci resto male, e seriamente borioso e senza peli sulla lingua. Gran maleducato.
<<Ci sei rimasta male?!>> ovviamente il mio silenzio ha destato sospetti.
<<Assolutamente, non sei sto gran che, quindi le tue parole nemmeno mi sfiorano>> sentenzio stizzita.
<<Già, e nessun altro ti sfiora o ti ha mai sfiorato a quanto so>> dice continuando a ridere,ridere di me.
Sinceramente non mi sento in imbarazzo ad essere ancora vergine, non mi fido delle persone,sopratutto degli uomini, ecco questo è il segno più grande che mio padre mi abbia lasciato, il genere maschile non mi fa schifo, bensì mi spaventa. Che è anche peggio.
Lui questo non lo sa, nessuno lo sa, non sa che con quella frase mi ha ferita e nemmeno lo deve sapere,ma istintivamente sento la rabbia risalire.
<<Pensa alla tua fidanzata Williams, a lei sicuramente piace essere sfiorata da te a differenza mia>> dico prendendo il mio borsone e dirigendomi come una furia verso l'uscita.

<<Tormento scherzavo dai>> lo sento dire in lontananza.
In tutta risposta alzo il dito medio e esco dalla porta.

Mi infilo dentro la mia macchina ed accendo il motore. Ma proprio mentre sto per uscire dell'edificio un messaggio di Kendra attira la mia attenzione.

"Stasera ci aspettano al C-club"
Rileggo il messaggio almeno tre volte. Come mai dobbiamo andare nel covo dei Cobra?

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