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16 Marzo 2024

Sono passati quasi sei mesi dal primo incontro di Manuel e Simone. Hanno trascorso insieme praticamente tutti i giorni delle vacanze di Natale, un periodo che solitamente si trascorrere con la propria famiglia. Hanno imparato tante cose l'uno dell'altro, si sono conosciuti, hanno litigato, hanno fatto pace, hanno pranzato insieme e hanno cenato insieme. Manuel ha imparato qual è il piatto preferito di Simone e Simone ha imparato che con una torta riuscirà a convincere il suo ragazzo a fare praticamente di tutto.
Sono stati un enorme supporto l'uno per l'altro prima di ogni esame, in quella nuova e delicata fase della loro vita e mentirebbero se dicessero di non sentire un legame quasi viscerale tra loro.
Un po' come se fossero collegati da un filo invisibile che rende impossibile per entrambi distaccarsi dall'altro anche a chilometri di distanza.

È forse proprio a causa di questo legame che li unisce che a Manuel sembra di sentire dentro di sé il dolore di Simone. Gli sembra che ogni sorriso che Simone non gli concede sia un sorriso a lui strappato. Gli sembra, banalmente, di non riuscire a respirare bene quando Simone non è felice, e sa che lo stesso vale anche per Simone.

È stato proprio il più piccolo a confessarglielo la sera di Natale quando lui era particolarmente giù di morale in quanto — nonostante l'avanzare dell'età — continua a sentire la mancanza di una figura paterna e vedere l'altro ridere e scherzare con suo padre gliel'aveva ricordato.

È proprio per questo che il 16 Marzo Manuel si ritrova seduto sul letto di camera sua con il suo ragazzo che dorme steso su un fianco tra le sue braccia, poggiato fra le sue gambe con la testa sul suo petto.

Lo fissa a lungo, osserva i suoi capelli leggermente scompigliati, il suo naso un po' arrossato, le labbra schiuse ed il modo in cui la sua felpa è rimasta aggrovigliata nel suo pugno in una stretta ora più debole.

La sua mente ritorna a qualche ora prima quando in università gli ha asciugato le lacrime e poi l'ha visto ritrarsi, nascondersi nel suo collo.

L'ha visto farsi piccolissimo, schiacciato dalla paura di non essere all'altezza, dalla vergogna di star piangendo per un esame universitario e spera di aver fatto un buon lavoro quando l'ha abbracciato e gli ha ricordato che i successi e i fallimenti accademici non definiscono il valore di una persona e che i sentimenti sono di chi li prova, che aveva tutto il diritto di piangere e di sentirsi come meglio credeva.

Può soltanto sperarlo, almeno finché Simone continua a dormirgli fra le braccia.

Si limita a baciargli la testa, all'altezza dei capelli, sulla fronte, di tanto in tanto, in attesa che si svegli e voglia mangiare qualcosa.

Tira un sospiro di sollievo quando, qualche ora più tardi, sono nella stessa posizione, ma Simone è seduto, sveglio, parla, sorride. Hanno mangiato del gelato ed ora stanno guardando un film che entrambi giuravano che avrebbero visto appena terminati gli esami.

Lo stringe alle spalle, cingendogli la vita con le braccia, con la punta del naso gli accarezza l'orecchio. Più che prestare attenzione al film, si concentra sulla bellezza di ciò che sta stringendo. Occasionalmente fa qualche commento, sussurra qualcosa di stupido per il semplice motivo che gli piace sentire la risata di Simone mentre è poggiato sulla sua schiena.

Crede di aver fatto un buon lavoro come fidanzato quando la sera, quando è il momento di salutarsi, Simone dedica più tempo del solito alle sue labbra, baciandolo dolcemente ma a lungo, come se in quel bacio ci fossero tutte le parole che nel corso della giornata non ha saputo dire.

17 Marzo

Inizia però a dubitare dello stato della salute mentale di Simone il giorno seguente, precisamente quando riceve un messaggio nel pomeriggio, in un orario in cui sa che l'altro dovrebbe essere agli allenamenti.

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