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14 Ottobre

Il numero dei sospiri di Manuel è direttamente proporzionale al numero di volte in cui si aggiusta i capelli, come se la perfezione del ricciolo che gli ricade sull'occhio destro potesse determinare l'impressione che di lui avrà Simone.

Alla fine si arrende, ma soltanto perché è tardi e lui non vuole far tardi a quello che gli sembra l'incontro della sua vita.

Recuperato il dinosauro, salta in sella alla sua moto e raggiunge l'università. Parcheggia e raggiunge il bar nascondendo il giocattolo nello zaino.

Aspetta fuori la porta di ingresso in vetro che quella mattina gli sembra enorme. Soltanto in quel frangente prende coscienza del fatto che lui non ha la benché minima idea di quale aspetto abbia Simone. Prende un bel respiro e si guarda intorno, controlla l'ora sul telefono più volte. Dopo dieci minuti decide di scrivergli. Anzi, fa partire una registrazione audio.

«Ciao, ehm... senti io sto... sto qua davanti al bar e... io... io me so reso conto che non lo so te come sei fatto. C'ho 'na felpa rossa e 'no zaino verde... c'ho pure il casco della moto appeso al braccio.» dice, interrompendosi per rilasciare una risata nervosa.

«Insomma, me vedi?» conclude.

Osserva le spunte diventare blu quasi istantaneamente ma la sua attenzione viene poi distolta perché un ragazzo un po' più alto di lui gli si avvicina e distrattamente pensa che potrebbe tranquillamente trattarsi di un modello ma in quel momento lui ha cose più importanti da fare.

«Ciao, scusa, posso» balbetta il ragazzo e lui è rapido ad interromperlo, agitare una mano davanti al suo volto e «scusa, sto aspettando una persona, è importante.» dire, ritornando con gli occhi sullo schermo del cellulare.

Poi sente una piccola risatina che gli pare stranamente familiare.

«Aspetti Simone?»

È lo sconosciuto a parlare e lui strabuzza gli occhi prima ancora di alzarli ed incastrarli nei suoi, trovandoli divertiti.

«Che ne sai? Che ne sai te?» domanda, spalancando la bocca.

Poi man mano che la consapevolezza si fa largo dentro di lui inizia a sussurrare qualcosa come «no, no...» fin quando non vede l'altro sorridere e crede che la sua prima impressione sia più che giustificata. Quel ragazzo è davvero bellissimo e a quanto pare è proprio —

«Sono io. Piacere, Simone.» ridacchia, interrompendo i suoi viaggi mentali che si stavano tenendo a bocca aperta.

Vede la mano di quel ragazzo aperta davanti a sé e si appresta a stringerla nonostante sia anche impegnato a notare la quantità di anelli che sta indossando in quel momento e che lo lascia oltremodo colpito.

«Manuel.» dice, sorridendo felice, per una volta.

«Andiamo dentro allora.» propone Simone, indicando poi l'ingresso.

Lui annuisce e lo segue.

Quando si siedono al tavolo, il cameriere li raggiunge subito, chiedendo loro cosa vogliano ordinare, senza lasciare ad entrambi il tempo di parlare, di chiacchierare un po' per rompere il ghiaccio magari.

Restano tutti e due con le bocche schiuse a fissarsi di sottecchi quando all'unisono affermano «un cappuccino al cioccolato.», soprattutto quando il cameriere va via e Manuel inizia a ridacchiare.

«Anche te?» domanda.

Per un istante dimentica completamente perché si trovino in quel luogo.

«È il mio preferito.» scrolla le spalle Simone, togliendosi il lungo cappotto nero che aveva tanto colpito l'altro.

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