Capitolo 17

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Sospirai, affondando la mano nella sabbia fresca. Ne presi una manciata, guardandola cadere dal mio palmo. L'aria era rilassante, calma. Stavo sulla spiaggia antistante la casa di mia madre, osservando il mare che si infrangeva sulla riva, cose che normalmente facevo quando avevo bisogno di pensare.
Era passato quasi un mese da quando ero tornata ad Honolulu, eppure non mi ero riuscita a lasciare tutto alle spalle. Justin era sempre nei miei pensieri. Ormai mi ero rassegnata: mai e poi mai avrei smesso di pensare a lui.
Mi toccai il collo, sul punto dove c'era il succhiotto ormai sparito da tempo, come a cercare un segno tangibile di lui. Sospirai quando capii che era inutile: di Justin potevo avere solo ricordi.
«Che fai, sorellina?»
Mi voltai, sorridendo a Noah. «Mi annoio.»
Mio fratello si sedette accanto a me, posandomi un braccio sulle spalle. «Stai ancora pensando a lui?» chiese, badando a non dire il suo nome.
Lo stato in cui mi avevano accolta mia madre, mio fratello, le mie due sorelline e mia nonna era a dir poco disastroso. Il viaggio mi aveva fatto riflettere più a lungo sulla situazione e, appena scesa dall'aereo, mi ero ritrovata in lacrime. La cosa era peggiorata quando mi ero ritrovata costretta ad ammettere il perché della mia visita... se non fosse stato per Noah, Mali e Jaendry non mi sarei mai ripresa.
«Non posso non pensare a lui.» sospirai, poggiando la testa sulla spalla di Noah che prese ad accarezzare lentamente i miei capelli.
«Mali dice che non dovevi farti scappare l'occasione, lo sai? - disse all'improvviso - Pensa che con un fidanzato del genere ti saresti sistemata a vita.» aggiunse ridendo.
Risi con lui. «Per avere dodici anni ha una mente abbastanza contorta.»
«Amelia, potresti venire un attimo dentro...?» mi chiamò mia madre.
Mi alzai, dirigendomi dentro casa. Mamma era in cucina, appoggiata al bancone. La sua espressione era tesa. «C'è una persona che vorrebbe vederti.» disse timorosa.
«Chi è?»
Fu in quel momento che lo vidi. Era seduto a tavola, occupava il posto che abitualmente era mio. I suoi capelli erano cresciuti dall'ultima volta. Il suo volto era tirato, piegato in un'espressione timorosa. I suoi occhi, l'ultima cosa su cui ebbi il coraggio di soffermarmi, mi distrussero. Erano lucidi di colpa, e rimorso.
«Ciao Amelia.» mi salutò, con voce roca.
«Cosa ci fai qui?» gli chiesi subito, scontrosa.
Justin si alzò. «Vorrei parlarti.»
«Abbiamo parlato abbastanza.» sbottai, incrociando le braccia al petto.
«Uh... io vi lascio soli. Jaendry aveva bisogno di aiuto con i compiti...» mugugnò mia madre sommessamente, lasciando la cucina. Si chiuse la porta alle spalle.
Justin mi raggiunse, la sua mano sfiorò il mio braccio destro. Sentii i brividi percorrermi da capo a piedi, quella sensazione mi riscaldò. L'angolo destro della bocca di Justin si sollevò per un secondo, evidentemente s'era accorto della mia reazione al suo tocco. «No, non abbiamo parlato abbastanza. Almeno io non l'ho fatto.»
«Quello che non hai detto è stato più che sufficiente.» replicai seccata, distogliendo lo sguardo. Guardarlo troppo non mi faceva bene, mi erano bastati solo cinque secondi per decidere che se avesse parlato troppo gli avrei tappato la bocca con un bacio.
«Smettila di fare l'acida e di comportarti come se vedermi ti dia la nausea.»
«Mi da la nausea, infatti.»
Justin rise, una risata che non era la sua. «Credi che non l'abbia notato? Sei tesa come una corda di violino.»
«Sono tesa perché tu mi dai fastidio!» quasi strillai.
«Per quale motivo ti do fastidio? Perché credi che quella volta io sia venuto da te solo per fare un dispetto a Selena? Sei così stupida.»
«Non darmi della stupida!»
«Ma tu lo sei! Ti nascondi dietro le scuse più banali per non lasciarmi entrare nella tua vita. Posso sapere perché hai così paura di una nostra possibile relazione?»
Le sue parole mi bloccarono. Non avevo mai considerato questa opzione. Come avrei potuto? Ero convinta che Justin fosse venuto da me solo perché Selena l'aveva mollato...
Forse era davvero così. Io avevo paura di una mia possibile relazione di Justin? Probabile, considerata la mia ultima relazione. Forse avevo così tanta paura di affezionarmi a lui - cosa che poi è successa comunque - da nascondermi dietro le cose più stupide pur di allontanarlo da me.
«Ci stai pensando.» mugugnò lui, serio ma con un sorriso debole sul volto.
Scossi la testa, mentre lui si avvicinava a me e mi faceva indietreggiare verso il muro. Le sue mani si poggiarono sui miei fianchi, impendendomi di andarmene. Chiusi gli occhi mentre la sua bocca si poggiava sul mio collo, torturando la pelle.
«Invece sì. Ci stai pensando.» ansimò, respirando sulla mia pelle. Quando aprii gli occhi, le sue labbra erano a pochi centimetri dalle mie. Mi stupii quando la mia mano si mosse automaticamente verso il suo viso, imprimendo le mie cinque dita sulla sua guancia. Justin indietreggiò, mollando la sua presa su di me. Si massaggiò la guancia, guardandomi in attesa di una spiegazione.
«Io non ho paura di una nostra relazione, ok? So solo che tu non mi porterai a niente di buono.» aggiunsi, poco convinta. Ma che cazzo stavo dicendo?
«Smettila di dire cazzate! Tu non sai niente, capito? Niente! Non ti tratterò come Troy, e questo lo sai benissimo. Non te l'hanno detto tutti che io potrei renderti felice? Evidentemente l'unica che deve ancora capirlo sei tu.»
«Tu non mi renderai felice. Non stiamo neanche insieme e già soffro a causa tua!»
«Stavo solo cercando di difendermi.»
Risi istericamente alle sue parole, prima di uscire dalla cucina. Stavo per uscire di nuovo fuori, quando sentii mia madre singhiozzare parole sommesse. Mi diressi verso il corridoio, scoprendo che stava in camera di nonna. Anche Noah, Jaendry e Mali erano con lei. Sembravano tutti tristi, e presagii il peggio.
«Cosa succede?» chiesi, con un filo di voce.
Mamma si voltò verso di me, asciugandosi delle lacrime sfuggite al suo autocontrollo. «Niente, torna da Justin.»
«Non nasconderle la verità - mugugnò mia nonna, debole - È abbastanza grande e abbastanza forte da sapere che sto morendo.»
Il mio cuore fece un tuffo secco nello stomaco. Ce l'aspettavamo tutti, la nonna era di salute cagionevole ed era molto anziana, ma sentire quelle parole era peggio di una pugnalata al cuore.
Inutile dire che scoppiai a piangere, aiutata dalla litigata avvenuta con Justin poco prima. Non mi accorsi che lui mi aveva seguita fino a quando non sentii le sue mani fredde posarsi sulle mie spalle.
«Vattene - gemetti - Non è una cosa che ti riguarda.»
«Non essere dura con lui.» mi ammonì mia nonna, guardandomi apprensiva. Persino in fin di vita non perdeva il carattere cazzuto cha la contraddistingueva.
Sentimmo bussare alla porta, mamma andò ad aprire. Quando tornò, era con il dottor Sandy.
Io e i miei fratelli lasciammo la stanza, sedendoci sui divani del salotto. Jaendry e Mali si abbracciarono, piangendo insieme; Noah uscì di casa, dando un calcio alla sabbia e tenendosi la testa fra le mani mentre si sedeva. Lasciai che Justin mi stringesse tra le sue braccia, mentre piangevo, troppo debole per protestare in qualsiasi modo.
Aspettammo qualche ora, il cielo fuori divenne buio. Dovevano essere le nove, forse le dieci, quando il dottor Sandy e la mamma uscirono dalla stanza di nonna. Il viso di mamma, solcato dalle lacrime, era più che sufficiente a sapere come era andata.
«Mi dispiace.» disse il dottor Sandy, passandosi una mano fra i capelli brizzolati.

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