Aveva riposto la fiala, quella che le aveva dato il professor Lupin, nel baule, proprio sul fondo, sommersa da tutte le altre cose.
Era notte, e la notte è il tempo dei sogni e delle follie, di tutto quel che il giorno non riesce a fare. Ed Annie Black, lì seduta ai piedi del letto a baldacchino, stava rovistando silenziosamente nel baule, spostando delicatamente il resto.
Appoggiato in un angolo c'era un involucro compatto, fatto con una sciarpa di Grifondoro.
Lo sfilò dal baule, lo disfece e ne estrasse la sottile fiala argentea. Se la fece rigirare fra le dita per lunghi, eterni momenti di indecisione. Poi, però, lo appoggiò sul letto, si rivestì, agguantò il mantello e, indossatolo, infilò la fiala in tasca, assicurandosi di avere con sè la propria bacchetta.
Solo a quel punto lasciò il dormitorio, avventurandosi nei corridoi senza badare al coprifuoco.
Camminava a passo svelto, cercando di fare il minor rumore possibile, scivolando nell'oscurità quieta del castello dormiente.
Quando raggiunse il Gargoyle, però, si accorse quale fosse la vera falla in quell'avventura che di pianificato aveva ben poco: non sapeva la parola d'ordine.
- Morgana, che stupida- borbottò, facendosi luce con la bacchetta, quasi quel gesto potesse aiutarla a capire meglio come fare. Effettivamente, però, la aiutò davvero. Poco lontano, infatti, si aggirava una figura ammantata che, come lei, si era fatta beffe del coprifuoco e gironzolava per il castello senza esser visto.
Quando la Black aveva acceso la bacchetta, l'aveva vista e si era avvicinato, fra il preoccupato e il divertito: che ci faceva davanti all'ingresso dell'ufficio del preside a quell'ora?
- Ma tu non dormi mai?- fu il saluto della Grifona.
- Potrei farti la stessa domanda- la rimbeccò, prima di incrociare le braccia al petto. Ed entrambi rimasero in silenzio a lungo, l'una non sapendo se potergli porre quella domanda, l'altro non sapendo se poterle rispondere.
A fendere quello stallo fu Annie, al suono di - Sai qual è la parola d'ordine?
- Certo- rispose sbrigativamente lui - Perché ti serve?
- Devo parlare con il preside- rispose, cercando di sondare i pensieri dell'amico, trovandoli lì, liberi di essere curiosati, pieni di stupore.
- È imporante- aggiunse ed Earl, che aveva già capito che qualcosa bolliva nel calderone dell'amica, tentò di dissuaderla.
- Non puoi farlo di giorno?
- No. Domani non ne avrò più il coraggio- ammise lei fra i denti. E ad Earl non servì altro per capire quanto fosse realmente importante, anche perché poteva facilmente percepire quella scia magica propria solo dei ricordi, diversa per ognuno.
Così, lentamente, annuì, per poi voltarsi verso il Gargoyle dicendo - Piperille.
'Stai attenta, mi raccomando' sussurrò poi nella sua mente ed Annie, senza nemmeno rispondergli, annuì, infilandosi velocemente nel passaggio, che si richiuse alle sue spalle.
Ed Earl, facendo finta di non aver visto nulla, incominciò a fare la ronda per i corridoi più vicini, controllando che a nessun professore saltasse in testa di andare a trovare Silente proprio in quel momento. Sarebbero già stati abbastanza nei guai tutti e due, se quell'impresa fosse fallita. Se qualcuno oltre il preside stesso li avesse scoperti, sarebbero stati non solo guai, ma guai seri.L'ufficio di Silente non era stato chiuso, nè con chiavi nè con incantesimi. L'interno era buio, assolutamente buio, ed Annie dovette illuminarsi un poco la strada per poter vedere qualcosa.
Cercò a lungo, facendo il minor rumore possibile, fino a trovare quel che stava cercando.
Sollevò a fatica il Pensatoio, appoggiandolo a terra, per poi vuotarci all'interno il contenuto della fiala. A quel punto, vi immerse il capo.
Si ritrovò in una stanza fin troppo familiare, in cui molte volte si era rifugiata da piccola per sfuggire a sua nonna.
Le pareti verde smeraldo ancora prive dei ritagli di giornale che avrebbero portato in seguito, il letto a baldacchino dalle tende scure, i mobili pregiati e le coperte nere e verdi. Tutto in quella stanza ricordava lui. Persino quella piccola, discreta piuma celeste, dalle sfumature elettriche e vive, appoggiata sopra lo scrittoio con molta cura.
Poi, poco distante, lo vide. Era lì, seduto sul letto a leggere, e lei poteva vederlo. Certo, non era adulto, non lo sarebbe mai stato davvero lui, ma era suo padre. Era lì. Lei era lì con lui.
E il sogno visse, ancora un istante, prima di infrangersi contro la nuda realtà: lui non poteva vederla, lei non poteva parlargli. Tutto quel che poteva fare era assistere, silenziosa spettatrice, attendendo che Sirius, a cui il ricordo apparteneva, si decisedde a parlare.
-Reggie?- chiamò una voce che non riuscì a riconoscere. Si voltò e, appena dietro di lei, vide un bambino, dai morbidi capelli d'ebano, posti ad incorniciare un volto alabastrino abbellito da un paio di occhi color tempesta. Subito non lo riconobbe, mentre attendeva composto sulla porta con le mani dietro la schiena, ma poi, lentamente, quella scintilla viva e bramosa di emergere si fece spazio a forza in quel volto troppo apatico e finalmente riuscì ad identificarlo: la versione bambina di Sirius Black era sulla porta e attendeva che il fratello si voltasse.
Questi, dal canto suo, si voltò un solo istante, imbronciato, osservando il gilet lavorato finemente del maggiore con malcelato astio.
- Non dovresti essere di sotto?- domandò, senza riuscire a mascherare davvero il tono deluso.
- Dovrei- concesse l'altro, aprendosi finalmente in un ghigno dei suoi. Poi, lentamente, si fece avanti e gli si sedette accanto, accolto dal cigolare infastidito del materasso.
- E perché sei qui?
- Se vuoi me ne vado- rispose scherzando e Regulus si affrettò a scuotere il capo: non voleva stare tutta la sera da solo.
Così, non brontolò nemmeno quando Sirius gli passò un braccio attorno alle spalle, stropicciando il pigiama chiaro.
La visione cambiò è quella stessa stanza si fece, se possibile, più scura, più tetra e cupa. Alle pareti, già qualche foglio di giornale s'affacciava, ma il numero era ancora povero.
- Reg?- chiamò una voce, familiare seppur divera da quella della prima visione, aprendo la porta ed entrando.
Questa volta, Sirius indossava lunghi pantaloni Babbani e una camicia della stessa origine. Di Regulus, però, non c'era traccia. Ed Annie rimase immobile, impotente, mentre lo zio si passava le mani nei capelli, in un gesto imparato qualche anno prima, mentre correva su e giù per la casa alla ricerca del minore. Lo trovò poi in una stanza piccola, un poco dismessa, vicina alla soffitta, dove raramente si erano avventurati.
-Reg?- lo chiamò, facendolo voltare, ed Annie sobbalzò. Quegli occhi, quegli occhi grigio tempesta, erano gli stessi che le rubavano il sonno da tre anni e da cui faticava a liberarsi la mente. Si avvicinò, cauta, osservando il padre, ancora quindicenne, alzarsi svogliatamente in piedi, con il bavero della camicia un poco allentato per lo stress.
- Sto studiando, parliamo dopo- Annie innarcò un sopracciglio, nel vedere quella scena: perché suo padre cacciava il fratello? Che era successo.
- No, parliamo adesso- intimò Sirius, facendosi avanti e spttraedogli i libri. Il maggiore non lesse i titoli, nè guardò le copertine, ma una era stranamente familiare ad Annie. Era familiare in modo inquietante. Aguzzò la vista, prima di accorgersi che era lo stesso libro su cui lei stessa aveva imparato a leggere. Parlava, stranamente, di Divinazione. Perché, poi, suo padre sembrasse tanto interessato a quel libro, era un mistero. E lo pensò quando lo vide gettare un'occhiata fosca proprio a quel volume, mentre Sirius lo teneva malamente sotto il braccio.
- Ridammeli, Sir, ora- intimò, senza perdere quel suo contegno naturale.
- Ah-ah, prima parliamo- lo interruppe il maggiore - Poi potrai tornare alle tue letture- e a Regulus nom restò altra scelta se non accettare quelle condizioni.
- Mi spiace per prima, davvero. Non avrei dovuto alzare la voce e lo sai. Sai che sono un cagnaccio senza cervello, alle volte...
- ...Quasi sempre- lo canzonò l'altro, aprendosi finalmente in un timodo sorriso, terribilmente simile ad un ghigno scaltro.
- Ehi- esclamò indignato l'altro - Io volevo soltanto fare pace, ma se la metti su questo piano me ne vado- minacciò, e Regulus si affrettò a fermarlo.
- No, aspetta. È vero, hai sbagliato- concordò e Sirius fece per aprire bocca per ribattere, ma il minore lo bloccò con una sola occhiataccia - Ma anche io ho le mie colpe. Non avrei dovuto aggrediti così. Tu, però, avresti anche potuto evitare di attaccare quelle foto in camera tua, ce n'erano già abbastanza prima- lo rimproverò e Sirius, per una volta, incassò il colpo senza protestare e limitandosi a scrollare le spalle.
Portava i capelli alle orecchie, suo padre, ed ogni tanto scostava un ciuffo da davanti al viso, con un gesto elegante, esattamente come faceva Sirius, che li portava raccolti in una specie di codino basso. I due fratelli se ne stavano zitti, seduti l'uno a leggere, l'altro a rigirarsi fra le dita la piuma azzurra del fratello.
- Non pensavo l'avessi ancora- se ne uscì ad un tratto Sirius, rompendo il silenzio irreale che era calato. Regulus impiegò qualche istante a capire di cosa parlasse il maggiore e, solo dopo essersi guardato qualche volta attorno alla ricerca dell'oggetto in questione, vide quella piuma fra le dita di lui.
- Oh, certo. È stato il primo regalo che tu mi abbia mai fatto, ricordi?- domandò, appoggiandosi allo schienale della sedia e Sirius annuì. Era strano che stessero riuscendo a parlare tranquillamente, senza frecciatine, senza battutine sulla casata, senza niente di tutta quella zozzeria.
- Non dovrei?- e Regulus sollevò le spalle.
- Ultimamente sembra che tu veda soltanto i tuoi amici- e Sirius si sentì terribilmente in colpa. Non era stato soltanto lui, però, a porre quel muro fra loro. Non era stato soltanto lui.
- Non avrei voluto che diventassimo come loro anche noi- e non fu necessario specificare a chi si stesse riferendo: le tre sorelle Black si parlavano, certo, ma tendevano ad evitarsi, ad odiarsi in silenzio.
- Non siamo ancora come loro- lo corresse il minore, scrutando a fondo il volto del fratello.
- Ah no?
- No.
- E allora perché siamo sempre più come loro?- domandò, eseguendo a sua volta quella minuziosa scansione.
- Perché sei un lavativo- lo canzonò l'altro e Sirius brontolò qualcosa che Annie non comprese.
Poi, la scena cambiò di nuovo, prima che lei potesse fare nulla.
Si ritrovò sulla torre di Astronomia, ad osservare una figura voltata di spalle e seduta sul bordo con gambe a penzoloni.
- Sirius- chiamò una voce, che Annie non faticò a riconoscere. Quando si voltò, però, il volto di suo padre pareva stanco, smunto, non più di quel pallore quasi regale che l'aveva distinto fino a poco tempo prima, ma di quel pallore afflitto e, perché no, esaurito.
- Non pensavo saresti venuto davvero.
- Non volevo- concordò, prima di decidersi a spiegarsi - Volevo soltanto che sapessi che non voglio più che mi cerchi. Stammi alla larga, hai già scelto con chi stare no? Hai scelto "tuo fratello" e quella feccia- sputò, velenoso, e Annie si chiese quanti avesse trattenuto fra i denti. Anche Sirius, in quel momento, tratteneva fiumi di parole e si limitò a scattare per difendere i suoi amici.
- Ti ho già detto di non chiamarli così.
- Perché? È la verità.
- Taci- sputò il maggiore, balzando giù dal parapetto e ponendoglisi di fronte - Vattene. Non ti cercherò, se è quello che vuoi- proseguì, scrutandolo attentamente negli occhi identici ai suoi.
"No, non voglio" sussurrava lo sguardo di Regulus.
"Non chiedermi questo" implorava quello di Sirius.
Eppure, nessuno di loro due fece nulla ed Annie assistette, impotente, mentre Regulus ridiscendeva velocemente le scale, seguito con lo sguardo e la mente dal fratello fin dove possibile. Poi, però, lo lasciò andare, liberando la frustrazione e l'ira con un pugno, assestato alla ringhiera di pietra chiara.
- Godric- sbottò, tenendosi il pugno sanguinante. Poi borbottò un'incantesimo e alcune bende si librarono dalla punta della sua bacchetta, avvolgendogli la mano.
E, all'improvviso, la scena mutò di nuovo. Si trovava in biblioteca e, seduto solo ad un tavolo, c'era suo padre. Ed Annie non faticò a riconoscere quello stesso tavolino sotto la finestra a cui si appostato sempre anche lei, spesso con Earl e Theodore.
Suo padre faceva frusciare lentamente, ma avidamente, le pagine ingiallite di alcuni vecchi volumi, accarezzando l'angolo superiore di ogni pagina prima di voltarla. Esattamente come faceva anche lei. E, nel notarlo, Annie sentì il petto gonfiarsi, riempirsi di una commozione che raramente aveva provato.
Poi, accanto a lei, sentì arrivare due figure, una silenziosa e l'altra goffamente silenziosa. Una versione giovanile del professor Lupin era appostata accanto a lei, assieme ad un ragazzo che subito non riconobbe, dai capelli corvini tutti scompigliati e un paio di occhiali storti appoggiati sul naso.
- Come sta?- domandò questi, che poi Annie riconobbe essere James Potter, il padre di Harry, al giovane professor Lupin.
- Come lui- rispose soltanto il castano, incrociando le braccia al petto.
- Cocciuti- borbottò Potter, scuotendo velocementeil capo e scompigliando le ciocche corvine.
- Ripetimi perché stiamo spiando questa povera creatura?- boffocchiò Lupin, osservando il giovane davanti a loro continuare a leggere come se nulla fosse. Annie, però, si era accorta di quel lieve movimento del capo del padre e, in quel momento, aveva compreso che Regulus si era accorto di tutto e non aveva, semplicemente, detto nulla, per poter restare ad ascoltare.
- Perché mio fratello vuole sapere come sta, ma allo stesso tempo non vuole vederlo- rispose il corvino, mentre Lupin roteava gli occhi. Regulus si immobilizzò un solo istante, prima di tornare a leggere il libro come se niente fosse, accarezzando l'angolo in alto di ogni pagina.
La visione scemò subito dopo ed Annie cercò disperatamente di imprimersi al meglio il volto di suo padre nella mente, prima di ritornare a vedere solo un Pensatoio di pietra.
- Buongiorno, signorina Black- salutò una voce alle sue spalle, facendola sussultare. Alle sue spalle c'era il preside, avvolto in una veste da notte e con una lunga berretta spiovente sui capelli bianchi. La scrutava da sopra gli occhiali a mezzaluna ed Annie si sentì sprofondare, presagendo l'esemplare punizione che sarebbe seguita.
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La figlia di Regulus Black - Hogsmead
FanfictionSequel di "La figlia di Regulus Black - L'erede di Serpeverde". Nessuno aveva avuto il coraggio di dirle qualcosa, nessuno aveva osato avvicinarsi alla ragazza, nessuno era stato abbastanza forte da avvicinarsi a Annie Black e a dirle ciò che tutti...