Forse non sarebbe stato un anno tanto tremendo.
Ecco a cosa stava pensando Annie Black mentre si dirigeva in Sala Grande. Aveva fatto un incantesimo, fin troppo noto, al proprio volto per nascondere le occhiaie scure e cupe che le circondavano gli occhi. Aveva passato tutta la notte nella Stanza delle Necessità, ad osservare fuori da quella finestra comparsa dal niente. Avrebbe atteso le vacanze di Natale, poi sarebbe tornata a casa. Non sapeva ancora come fare con Draco, ma aveva deciso che avrebbe sfruttato la visita ad Abrax Malfoy, il padre di Lucius, per sfuggire dalle grinfie degli zii, almeno per qualche ora. Il vialetto che conduceva oltre la proprietà del nonno di Draco era isolato, di solito poco illuminato per non infastidire il vecchio. E loro non si smaterializzavano mai prima di aver oltrepassato il grande cancello di ferro, posto ad almeno tre decine di passi dal portone. A quel punto, sarebbe salita sul Nottetempo e avrebbe raggiunto la casa, vuota, di Grimuald Place numero 12.
Restava il problema di Draco. E del ritorno, o meglio, della scusa per il viaggio, ma a quello avrebbe pensato nelle settimane successive. Il problema principale era non fari insospettire Draco.
"Brilla sola" le aveva detto il giorno prima e lei aveva capito che, per quanto fosse affezionata al cugino, questi non avrebbe potuto aiutarla in alcun modo. Era ancora troppo assoggettato dal padre per non rivelargli dove fosse diretta. O perché. Così, decise di tenere tutto per sé, ignorando che anche Draco le stesse nascondendo qualcosa di molto importante.
Questi, dal suo canto, era ancora sdraiato mollemente sul suo letto a baldacchino. A Draco era sempre piaciuto quel buio misterioso che avvolgeva il loro dormitorio, tutto quel verde scuro, intenso e brillante che ne rendeva alla perfezione l'umore volubile. C'era un che di mutevole in quelle sfumature lucide, come se fossero costantemente accarezzate dalle acque scure del Lago Nero appena fuori dalla finestra, specie nelle Sala Comune.
Non doveva sforzarsi per richiamare alla mente, anche a quell'ora scura dell'alba, il tocco liscio della pelle nera dei divani, il calore delle fiamme che scoppiettavano nel camino scuro, il brillio cupo dei candelabri d'argento posti sopra questo o sulle mensole. Un brivido di gelo gli scosse le membra, mentre ripensava a tutto quello, per la prima volta. Improvvisamente, quei colori così cupi gli infusero un senso d'oppressione e non di liberazione. Non riusciva più a sperare di fondersi con quelle ombre nei lunghi istanti di vuoto che ogni tanto lo assalivano. In quel momento, con gli occhi semichiusi e le orecchie tese per sentire il respiro pesante dei suoi compagni di casa, sentì un gran peso opprimergli il petto, un peso che non avrebbe potuto, né voluto, scaricare con nessuno. Nemmeno con la cugina. Non aveva intenzione di mostrare crepe o falle nella sua maschera di marmo, forse nemmeno con lei l'aveva più fatto davvero. Forse era da quand'erano piccoli che lui non lasciava più che lei gli leggesse in viso tutto ciò che provava. Si era imposto di essere la sua colonna e una colonna non mostra crepe.
Forse era anche per quello che era stato tanto affezionato a Dobby, l'elfo domestico, all'insaputa di tutti. Quel piccolo essere, impudente l'avrebbe chiamato suo padre, dal grande cuore d'oro, avrebbe aggiunto lui nella mente, ogni sera compariva sul davanzale delle sua camera, sulla finestra aperta, bene attento a non essere visto da nessuno. Gli chiedeva se avesse bisogno di qualcosa e lui, ogni volta, scuoteva la testa con un sorriso. Allora Dobby spariva di nuovo. L'elfo non avrebbe mai e poi mai dovuto presentarsi lì o anche solo farsi vedere, eppure Draco ne era immensamente contento ogni volta. Forse era per questo che aveva sempre rimesso via quel fazzoletto, o quel calzino, o quella scarpa, che ogni volta avvicinava a sé. Si sentiva egoista, ma il conforto di quella insulsa domanda gli permetteva di sorridere la sera, di scordare per qualche istante chi fosse. Poi era arrivato Potter, che aveva liberato Dobby. Lui l'aveva visto solo una volta, dopo quel giorno, l'elfo domestico: in piedi sul davanzale, a chiedergli se avesse bisogno di qualcosa. Draco aveva scosso la testa, ma senza sorridere. E Dobby era sparito. Era successo a metà giugno e da allora Dobby non era mai più tornato a Malfoy Manor.
Il giovane Serpeverde cacciò quei pensieri dalla mente, accusando lo spavento del giorno prima per quelle fesserie a cui stava pensando, e si alzò velocemente dal letto. Si rifugiò in bagno e si chiuse dentro, per mettere quanta più distanza possibile fra lui e tutti quei pensieri tormentati che gli impedivano di tornare a dormire, alle prima luci dell'alba.
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La figlia di Regulus Black - Hogsmead
Fiksi PenggemarSequel di "La figlia di Regulus Black - L'erede di Serpeverde". Nessuno aveva avuto il coraggio di dirle qualcosa, nessuno aveva osato avvicinarsi alla ragazza, nessuno era stato abbastanza forte da avvicinarsi a Annie Black e a dirle ciò che tutti...