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Le voci in testa gli parlavano da giorni, avrebbe voluto mettersi le mani nei capelli e grattarsi fino a scavarsi dentro il cranio. Sapeva, dopotutto, che quelle voci non fossero reali, erano le voci di persone ormai morte e che erano state uccise proprio da lui.
Sapeva anche che l'omicidio fosse una cosa ingiusta, tutta la sua vita fosse ingiusta, ma doveva continuare ad andare avanti altrimenti sarebbe impazzito fino a contemplare il suicidio.
Ma lui non voleva togliersi la vita, nonostante non la amasse più non poteva permettersi di morire, aveva altre cose da portare al termine.
Avvea delle persone che voleva rivedere.
Tachemichi. A quel pensiero, spalancò gli occhi e buttò fuori l'aria con affanno, come se l'avesse trattenuta tutto quel tempo.
Tachemichi.
Chissà dov'era.
Probabilmente, si era fatto una nuova vita, con Hinata, sapeva quanto amasse quella ragazza, magari avevano un figlio e forse erano anche sposati.
Strinse le dita fino a formare un pugno con la mano, quelle nocche consumate e intrise di sangue incrostato divennero bianche.
Al solo pensiero che ci fosse qualcuno che potesse amarlo più di quanto lo amasse lui lo faceva proprio incazzare.
Ma, ormai, non poteva fare più nulla. Era da tempo che non lo sentiva.
Fece un sospiro.
Immerso nella semi oscurità di quella stanza, vide qualcosa brillare sulla moquette incrostata di quella lurida stanza d'hotel, sotto il fascio di luce che proveniva dalla finestra socchiusa: una lametta. Su di essa vi era ancora del sangue fresco, il suo, che andava a sporcare maggiormente la moquette chiara.
Era tentato di farsi del male, ancora una volta. Le braccia, che erano ancora intrecciate sulle sue gambe, sulla quale vi erano incise quei segni verticali e rossi che non sarebbero andati via facilmente, gli bruciavano e imploravano quasi pietà.
Lui non voleva morire.
Lui voleva solo provare qualcosa, voleva ancora provare delle emozioni che solo quel pezzo di ferraglia gli dava.
Le labbra del ragazzo si strinsero in una linea dura, gli occhi si socchiusero. In più, li sentiva pesanti.
Si lasciò cadere all'indietro con la testa, fino ad appoggiarla contro il muro. Cosa aveva fatto di male per meritarsi tutto quello ?
La sua vita lo aveva odiato fin da quando era piccolo; non conosceva i suoi genitori, non sapeva chi fosse sua madre e ne tantomeno suo padre. Era cresciuto con due fratelli, Emma e Shiniciro, era molto legato a loro e li aveva sempre difesi, anche se nonostante ciò suo fratello sapeva benissimo difendersi da solo. Gli ricordava Takemichi. Forse per questo si era legato così tanto al ragazzo, in un certo senso stare vicino a lui gli faceva percepire la presenza di suo fratello che non c'era più.
Sapeva perfettamente che fosse morto, ormai da tanto tempo. E Dio solo sapeva quanto gli mancasse, gli mancava ridere con lui e scherzare. Non avrebbe mai dimenticato le battute, le risate e quei giorni spensierati che passavano insieme. Ormai era il passato e il passato era doloroso. Cercaba di non pensarci e invece ricadeva sempre in quella stupida trappola. In quel vortice continuo di pensieri che non gli lasciavano nemmeno un po' di pace.
Poi c'era sua sorella. Emma era sempre stata una bambina molto... Ma molto attiva, solo che era chiusa con gli sconosciuti. Non si fidava molto e su questo lato era stata istruita bene da loro due.
Aveva un animo dolce e gentile, si preoccupava molto degli alti...insomma, era il suo opposto e a volte la invidiava.
Non aveva più sue notizie da anni ormai e non sapeva che fine avesse fatto. Ovviamente, gli mancava anche lei ma non tanto quanto Shiniciro.
Ebbe la forza di tirarsi su, dalla posizione in cui si trovava, era tentato di raccogliere quella lametta, quell'arma mortale che lo stava portando sull'orlo della pazzia, ma non fece niente. Accese la luce, afferrò un cappotto e lo indossò. Aveva bisogno di prendere aria, di non pensare a nulla, di non contemplare il suicidio e di non immergersi nuovamente in quel circolo vizioso nella sua mente. Era notte fonda, la cavità dormiva ma lui non aveva sonno, nonostante le palpebre così pesanti che gli imploravano pietà per un riposo. Lui invece no, non le avrebbe chiuse. Non voleva rivedere tutti i volti delle persone alla quale aveva tolto la vita. Avrebbe passato un'altra notte insonne, sì, ma almeno non sarebbe impazzito.

Spazio autrice

Heyyy!!! Ecco il primo capitolo di questa storia, spero vi sia piaciuto!
È una nuova Takemikey, come avete capito, e niente fatemi sapere qualche vostro parere se devo modificare qualcosa oppure qualche errore che ho fatto~

Finish line Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora