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La notte era fredda e pungente, per fortuna aveva portato con sé il cappotto per non morire di freddo. Se lo era messo addosso e si era stretto in esso, sembrava un pulcino tremante. Lui che tra l'altro era anche molto basso, nonostante fosse più che maggiorenne. Aveva venticinque anni ed era senza lavoro.
Come la maggior parte dei suoi coetanei, ma nessuno l'avrebbe preso per il semplice fatto che ormai aveva la pedina penale sporca ed era un criminale.
Non era ancora ricercato  dalla polizia, perché aveva molte conoscenze che facevano il lavoro sporco per lui e poi sapeva anche come nascondere bene le tracce. Era impossibile arrivare a lui, ma gli avevano comunque consigliato di sparire dalla circolazione. Per questo aveva scelto di vivere di motel in motel; aveva ucciso molte persone, la maggior parte innocenti.
Non se lo sarebbe perdonato mai. Non sapeva quando, nella sua vita, era arrivato al punto tale da fare del male agli altri. Eppure, lui non era cresciuto in quel modo. Aveva sempre vissuto, da bambino e da adolescente, rispettando gli altri.
Era cambiato, lui ne era consapevole, ma quel cambiamento forse gli piaceva siccome non voleva tornare indietro.
Sapeva che solo una persona era capace di tenere a freno quel suo istinto; una persona soltanto che lo aveva aiutato tanto, a cui doveva tutto se stesso,  e che in quel momento non era lì con lui. Draken, il suo migliore amico. In realtà, quello era solo un nomignolo che si era dato, il suo vero nome era Ken. Si erano conosciuti alle medie e da allora erano diventati inseparabili, fino a quando non era successo l'irreparabile.
Mikey era passato al lato oscuro e lui si era allontanato. Non lo aveva più visto, aveva sofferto per quella separazione ma non smetteva nemmeno un giorno di pensare a lui.
Camminava per le strade della città, con il viso oscurato dal colletto della grande giacca per non farsi riconoscere, il freddo continuava a insistete. Si stava avvicinando natale e a distanza di pochi giorni sarebbe anche caduta la neve. Lo aveva sentito di sfuggita al notiziario durante uno dei suoi soliti crolli nervosi.
Sapeva di essere malato, di non avere tutte le rotelle al posto nel suo cervello, ma non poteva fare più nulla. Le persone che avrebbero potuto aiutarlo non erano lì con lui, una di esse era per l'appunto Draken. Era stato come un fratello; ricordava di lui le risate che si erano fatti da giovani, quando da ragazzini andavano a mangiare nel loro posto preferito dove facevano quei buonissimi hamburger. Lui prendeva sempre il menù dei bambini, più che altro per la bandierina che mettevano sul panino, e quando non c'era si arrabbiava; ecco, Ken era sempre lì, con qualche bandierina di riserva nascosta nella tasca del suo yukata che metteva appositamente sul suo panino quando mancava. E, Mikey,  diventava subito felice. Dimenticava di essere arrabbiato.
Alzò in quel momento il viso davanti a lui, era passato davanti a quel ristorante. Ma non c'era nessuno, era abbandonato. Lo si poteva vedere dal grosso cartello 'vendesi' infisso sul vetro. Ma non era quella la sua meta.
Gli venne un po' di nostalgia nel ricordare tutte quelle cose fatte con il suo migliore amico dell'epoca. Non pianse, ma senti una grandissima tristezza dentro di sé.
Continuò a camminare.
Nell'angolo della strada si trovava una tavola calda.
Un posto tranquillo e riservato anche per un fuggitivo come lui. Aveva bisogno di caffè per non addormentarsi e rivivere quegli incubi dalla quale scappava.
Doveva farsi aiutare, ma non voleva farlo. Si era sempre ripetuto di essere abbastanza forte da superare qualsiasi cosa di brutto gli accadesse.
Appoggiò le mani sulla maniglia fredda della porta e la abbassò, entrando dentro. Nel locale vi erano solo un paio di persone, una seduta al bancone, un'altra invece al tavolino. Era abbastanza tardi, la città in quel momento dormiva, ma non lui, non ne aveva bisogno. Si mise seduto su uno sgabello, un po' più lontano dall'altro sconosciuto. Tenne la testa bassa, osservando il piano bianco immacolato del bancone e ordinò un caffè, specificando di volerlo nero e senza che mettesse delle bustine di zucchero.
Picchiettò le dita sul tavolo, sentendo dietro di sé la porta aprirsi e il campanello suonare. Una voce che salutava, dei passi che arrivarono fino al bancone, fin dove si trovava lui. Dei passi pesanti, probabilmente di un uomo che andò a spostare lo sgabello proprio vicino a lui. A quel punto, Mikey alzò gli occhi e li sgranò.
Non poteva crederci.
Tachemichi.
Lui.
Lui era lì, al suo fianco.
Era proprio lui in carne e ossa.
Che avrebbe potuto fare ?

Spazio autrice

Buonasera!
Eccomi qui dopo un altro capitolo !
Sono stanca ma non smetterò mai di scrivere per voi ;;
Spero vi sia piaciuto e commentate mi raccomando!detto questo, ci vediamo al prossimo capitolo ~

Finish line Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora