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Ormai erano giorni che ci pensava a quello che gli aveva detto Hinata. Tra i due si era alzata una violenta discussione quando Takemichi non le aveva voluto dire il motivo sulla visita dei poliziotti, lui sapeva che fosse per Mikey. Era sicuro al cento per cento, come la morte, che fosse per lui. La polizia era molto attrezzata nella ricerca dei criminali e probabilmente sapevano anche gli spostamenti che avevano fatto i due in quei giorni, senza intervenire ma solo per osservare. Sapeva i metodi che utilizzavano, lo sapeva perché Naoto, il fratello di Hinata, era un poliziotto e quindi sapeva benissimo come si muoveva la polizia. Sperava solo che lui non fosse a conoscenza di troppe cose, e sperava anche che i poliziotti non avessero domande da fargli proprio su Mikey. Sperava tanto che si fossero confusi con qualcun altro. Erano passati i giorni e ancora dovevano andare a trovarlo di nuovo. E lui era nel suo ufficio, che guardava costantemente l'orologio sulla parete davanti a lui. La sua gamba andava su e giù dal nervoso. Si mordeva le labbra e sentiva di star sudando proprio freddo. Con le dita, invece, picchiettava la penna in modo rumoroso sulla superficie della scrivania colorata di un grigio triste. La lancetta si mosse finalmente in avanti, schioccando quel minuto tanto desiderato e che segnava la fine della sua tortuosa giornata lavorativa. Fece per alzarsi ma Chifuyu gli si piazzò davanti come un uragano. Le braccia erano conserte e il suo viso era segnato da una smorfia. Conosceva il suo amico, non si sarebbe scollato da lì fino a quando non gli avrebbe rivolto la parola. Takemichi andava di fretta, voleva solo tornare a casa e piazzarsi sotto le coperte; voleva solo dormire fino al giorno seguente, tanto era il suo giorno di riposo.
Poteva dormire tutta la giornata.
Ma, invece di andare via in silenzio, sapendo comunque che Chifuyu non si fosse mosso da lì, decise di rivolgergli la parola, per fare più in fretta. Non se ne sarebbe mai andato da lì sennò.
<Cosa?>
Chiese Takemichi, mettendo la tracolla nera del lavoro su una spalla, andando a coprire parte della bianca camicia che indossava.
<Ti vedo un po' distratto ultimamente. Sei sicuro che vada tutto bene ?>
Gli chiese. Era preoccupato. No, non andava per nulla bene. Aveva perso Mikey, non sapeva se lo avesse mai visto di nuovo. Gli mancava come l'aria e non lo aveva salutato come doveva. Dall'altra parte, invece, c'era Hinata. Incazzata a morte con lui solo perché non voleva vuotare il sacco e e dirle di Mikey. Ma poi, a scopo di cosa ? Solo per alimentare un fuoco già acceso e, in quel momento, era meglio evitare ulteriori scontri in casa.
<Sto bene.> Rispose a un tratto Takemichi, scuotendo la testa. Fece un sorriso tirato e strinse il bordo della sua tracolla con le dita.
Chifuyu non parve convinto. Le sue labbra si girarono in una smorfia poco convinta, mentre un mugolio uscì dalla sua bocca:<sei proprio sicuro ? Sicuro sicuro ? Non è che... Tra te e Hina è successo qualcosa ?>
Sì.
<No!> Disse Takemichi, con voce fin troppo acuta e alta. Così acuta e alta che qualche collega alzò la testa da oltre la scrivania e lo guardò male; stava disturbando la questa fatta solo di dita che battevano i tasti del computer.
<No...> Ripeté quella parola, a un Chifuyu perplesso il quale andò a sospirare.
<Va bene, se proprio lo dici tu. Però sono giorni che non vieni a giocare insieme a noi. Magari questo fine settimana potresti provare a venire. È per te, ultimamente non sembri tu. >
Takemichi allora annuì.
<Va bene. Ci sarò.> Allora l'altro gli diede una pacca sulla spalla e si mise da parte per poterlo fare passare.
<Okay, allora ti aspettiamo alle nove. Non mancare mi raccomando.>
Almeno si sarebbe svagato un po' con la testa. Non avrebbe pensato né a Mikey, né al litigio con Hina, né alla polizia che era sulle sue tracce. A nulla di nulla, doveva solo svuotare la mente e una partita a bowling era l'ideale per farlo.

Era in auto, diretto per casa sua; i grossi palazzi grigi si estendevano ai lati della strada e lui abitava proprio in fondo a essa. Abitava proprio nel punto in cui, al di fuori, vi era un auto della polizia.
<Merda.> Imprecò Takemichi, parcheggiando dietro l'auto e scendendo poi dalla sua. Chiuse la portiera, chiuse l'auto con il telecomando, le luci si accesero e si spensero velocemente, e infine si diresse verso casa.
Aveva l'ansia a mille, ma cercava di non darlo a vedere anche se il sudore che in quel momento gli stava bagnando la fronte lo tradiva. Inserì le chiavi di casa nella toppa e, con due mandate, la aprì.
Casa era silenziosa.
<Hina.> Disse lui, poi sentì la voce di sua moglie provenire dal salone.
Vide dopo un po' una massa di capelli rosa uscire dalla porta della stanza e lo sguardo della donna, che era indecifrabile. Aveva le sopracciglia corrugate, interrogative, e le labbra strette, in tensione.
Non riusciva a capire cosa stesse provando in quel momento, credeva che anche lei volesse delle risposte.
<Ci sono degli agenti per te.>
Takemichi, di conseguenza, deglutì e poi annuì. Doveva aspettarselo quel momento. Appoggiò la sua tracolla all'ingresso e andò in salone. Sulle sue poltrone presenti in una stanza, vi erano dei poliziotti vestiti in borghese; uno era basso e stempiato, l'altro era uno spilungone con il viso scavato.
Erano l'uno l'opposto dell'altro.
<Buonasera, signor Hanagaki. Abbiamo delle domande fa farvi. Prego, si accomodi pure.>
Takemichi si sentì mancare un battito. Tutto ciò che fece, fu annuire e prendere posto sul divano davanti a loro. In quel momento, avrebbe potuto osservarli meglio, tanto erano separati da un tavolino in vetro.
Ma non ci fece caso a elencare i dettagli degli agenti, in quanto era così impegnato a tenere sotto controllo l'ansia e la tensione. Non doveva far trapelare nulla.
<Tutto quello che vi serve.> Disse lui, con un filo di voce.
<Bene.> Proseguí lo spilungone, rovistando in una cartella nera da dove estrasse una foto che andò ad appoggiare sulla superficie in vetro del tavolino.<ci risulta che conosce il nostro uomo.>
Takemichi abbassò gli occhi sulla foto e il suo battito accelerò: era Mikey.

Finish line Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora