Incontri

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Alle prime luci dell'alba Clelia aprì gli occhi; tutti nella piccola stanza dormivano, compresi i tre Alexander, Paulus e Massimo. Dopo aver indossato nuovamente la propria tunica e raccolto i capelli in una crocchia severa, salutò tristemente i genitori dormienti, ben sapendo che quella avrebbe potuto essere l'ultima volta che li vedeva.

La ragazza si diresse a passo sostenuto verso le stanze della padrona, al piano superiore, per prepararle il risveglio insieme alle compagne. Varcò la soglia che separava il lungo corridoio dalla stanza in cui la donna stava consumando il sonno fino a poco tempo prima, e che in quel momento era comodamente immersa in un tinello ricolmo di acqua e petali di rosa. Vedere tutto quello sfarzo, come ogni mattina, le inferse una dolorosa pugnalata al petto, mentre pensava a quanti avrebbero sofferto la sete a causa dell'enorme spreco. Alcune ragazze intrecciavano la folta chioma scura alla matrona, mentre altre preparavano le sontuose vesti che avrebbe indossato. Appena arrivata, Clelia si mise subito all'opera: cambiò le lenzuola dell'immenso letto e le sostituì con quelle in lino egiziano, acquistate poco tempo prima da Lucrezia, la serva più anziana del gruppo; l'arconte faceva di tutto per non far mancare nulla alla propria moglie, pagando però tutta quella opulenza sottraendo sempre più cibo ai servitori. Una volta che la matrona fu uscita dalla vasca, la ragazza aiutò le sue compagne a infilarle il chitone bianco, legato sotto il seno da una corda dorata. Le fece calzare i sandali e le porse una scatoletta intarsiata dove erano contenuti tutti i suoi gioielli. La donna, dopo aver scelto e indossato alcuni bracciali e una collana di pietre preziose, si diresse dal marito e dalla loro giovane figlia, che stava in quel tempo imparando a filare, congedando le schiave.

La giovane si diresse velocemente verso i piani della servitù, per svolgere i pesanti lavori che le erano stati assegnati, tra i quali nutrire i cavalli, aiutare in cucina, lavare i panni, trasportare pesanti anfore d'acqua dal pozzo ai locali nei quali serviva e sottostare a qualunque richiesta della padrona e, ogni tanto, dei suoi figli. Odiava la sua condizione, e a volte arrivava ad odiare persino il padre, che a causa dei debiti era diventato uno schiavo trascinando con sé la famiglia. Perché proprio a lei?, si chiedeva spesso, ma non era ancora riuscita a trovare una risposta.

Mentre attraversava l'abitazione per raggiungere le scuderie, pensava ai genitori malati e a come sarebbe riuscita a mantenere i fratellini dopo la loro morte. Assorta in queste riflessioni, non si accorse della figura che le veniva incontro, finendo per sbattere contro il suo petto. Alzò lo sguardo: davanti a sé trovò il sorriso sghembo e ironico del figlio maggiore dell'arconte: Ignatios. Il ragazzo la fissava divertito con gli occhi scuri e ricolmi di malizia, che stonavano su un viso da statua classica circondato da corti lucenti riccioli castani. Il tipico rubacuori che si divertiva a far piangere lacrime amare alle serve che cadevano nella sua dolce ragnatela. Clelia sapeva dalle sue compagne che da poco il giovane aristocratico aveva spezzato un altro ingenuo cuore, quindi doveva fare molta attenzione a non diventare la sua prossima vittima.

-Cosa ci fa una così bella ancella di Artemide in questi corridoi così bui e polverosi? Ti sei persa oppure sei venuta per portarmi via insieme a te?

-Mi scusi, ma non so cosa lei stia dicendo, ora devo proprio andare.

Detto questo la giovane schiava cercò di liberarsi dalle grinfie dell'uomo, ma quest'ultimo la trattenne per un lembo della tunica e la tirò verso di sé, tenendola per un braccio con la schiena contro il suo petto. Avvicinò lentamente le labbra alle sue, ma la ragazza con uno strattone si liberò dalla stretta, con espressione sgomenta e il cuore che accelerava per la paura. Si allontanò velocemente da Ignatios, ma lui la seguì intenzionato a farla diventare la sua nuova preda.

-Dove pensi di scappare piccola sgualdrinella? Pensi per caso di esserti liberata così facilmente di me? Ormai sei caduta nella mia trappola e non riuscirai mai più ad uscirne!

Inseguita dalle urla del giovane, Clelia correva spaventata in cerca di un posto dove nascondersi, ma il corridoio in cui si trovava era cieco. Ad un certo punto da una delle stanze della servitù uscì un giovane schiavo. La ragazza si accorse immediatamente delle sue origine egizie: alto, muscoli scolpiti ma non troppo evidenti sotto la pelle bronzea, capelli nerissimi che ricadevano disordinati sulla fronte leggermente imperlata di sudore e occhi del medesimo colore; colori scuri illuminati da un sorriso di denti bianchissimi.

La schiava si nascose dietro la stazza imponente del ragazzo, confuso dalla situazione, ma venne subito raggiunta da un adirato inseguitore.

-Tu, schiavo...!

-Chigaru signore.

-Sisi non mi importa di come ti chiami. Spostati, devo riacciuffare quella sgualdrinella schifosa!

Il giovane capì subito le intenzioni dell'aristocratico. Voltò lo sguardo verso la ragazza che si faceva sempre più piccola. Si ricordò di averla già vista, era quella schiava con i genitori malati, che correva da una parte all'altra della casa per guadagnare un tozzo di pane in più. Sembrava sempre così stanca, ma una scintilla di fierezza persisteva sempre nei suoi occhi, quegli stessi occhi verdi che in quel momento erano lucidi dalle lacrime. Chigaru guardò ancora per qualche secondo la ragazza minuta intrappolata tra lui e il muro, e prese una decisione drastica.

-Sono desolato signore, ma la mia risposta è no.

Lo stupore e la rabbia attraversarono il volto di Ignatios:- Taci, non ho intenzione di perdere tempo con un pezzente come te! Spostati!

Lo schiavo rimase in risposta avanzò di qualche passo, strattonando Clelia. La ragazza pensò che l'avrebbe consegnata, e rimase allibita quando venne spinta nella stanza dalla quale era uscito Chigaru, che si piazzò poi davanti alla porta per impedire ad Ignatios. L'aristocratico chiese a gran voce l'intervento delle guardie di palazzo per catturare l'egiziano e condannarlo a morte per aver commesso un atto di disobbedienza. Poi si voltò stizzito verso la stanza dalla quale la sua preda era riuscita a raggiungere una finestra e uscire nel cortile.
Clelia ormai poteva ritenersi salva, e si dirifeva di corsa verso le scuderie, le lacrime agli occhi, ringraziando mentalmente quel ragazzo che l'aveva salvata a costo della propria vita.

Labyrinthum (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora