Labirinto 1° parte

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Il Labirinto. Clelia non riusciva a crederci. La peggiore delle condanne era stata inflitta proprio a lei. A quanto pareva gli dei avevano ascoltato la sua preghiera, ma si sa che agli dei non interessa il destino degli uomini. In quel momento avrebbe tanto voluto morire. Del resto, chi non l'avrebbe voluto in una situazione del genere?

Quella notte, mentre cercava di prendere sonno nella piccola cella in cui si trovava da tutto il giorno, le tornarono in mente la storia che le aveva raccontato una sera la madre...

-Clelia vieni! È ora di andare a dormire!
La piccola Clelia, a quel richiamo, obbediva senza protestare ogni sera. Aveva solo una richiesta: un racconto. Quella sera la madre si sedette, come suo solito, sul bordo del giaciglio della bambina. La schiavitù li aveva colpiti già da qualche anno, ma il volto dwlla donna rimaneva luminoso e florido, e gli occhi celesti risplendevano.
-Allora Clelia, cosa vuoi che ti racconti?
-Ho sentito lo sguattero di cucina parlare di un labirinto, cos'è cos'è?
Gli occhi della madre si incupirono per un istante, ma all'espressione confusa della figlia tornarono limpidi e allegri.
-Adesso ti racconterò del Labirinto, Clelia, ma ricorda: questa non è una favola, è una storia vera.
La piccola annuì, un aria solenne sul visetto roseo.
-Perfetto, iniziamo... Tanto tempo fa, quando Olimpo non era altro che una piccola cittadina circondata da boschi e pianure, il mondo era soggetto a uno strano fenomeno. Nello spazio si aprivano dei varchi, come degli strappi. Da lì uscivano dei mostri orribili, che divoravano le persone e distruggevano campi e abitazioni. Gli arconti e i consoli di quel tempo, per sovvenire al problema, decisero di erigere un'enorme prigione per i mostri. La costruzione impiegò ben dieci anni, la maggior parte degli abitanti fu sfruttata e schiavizzata per velocizzare il tutto e dopo quei lunghi anni finalmente il Labirinto svettava su Olimpo. È una costruzione enorme, posta esattamente al confine di Ellade e Impero, e ha la forma di una ziggurat babilonese.
-Quella che ho studiato l'anno scorso mamma?
-Esatto bravissima. Dov'ero rimasta? Ah sì, il Labirinto era ormai pronto, ma bisognava intrappolarvi i mostri. Così ogni sacerdote e ogni indovino invocarono l'aiuto degli dei e chiusero con un unico grande sforzo tutti i portali. Nell'impresa molti morirono, perché il potere che serviva era troppo e non tutti lo possedevano. Rimanevano, però, i mostri. Allora ogni uomo con un briciolo di coraggio si armò e andò incontro alle spietate creature. Molti morirono, mentre quelli che riuscirono nell'impresa vennero acclamati come eroi, e in loro onore furono eretti monumenti imponenti. Gli eroi riuscirono a imprigionare i mostri e a rinchiuderli nel Labirinto con un sigillo, dove si trovano ancora oggi. Dopo trent'anni, però, i mostri riuscirono in qualche modo a uscire dalla loro prigione. Ricacciarli fu difficile, e si decise di sacrificare trenta giovani per tenere occupate le bestie nel periodo in cui il sigillo si indeboliva. Ancora oggi, ogni trent'anni, vengono scelti in trenta tra i condannati a morte, per non uccidere cittadini innocenti, che vengono usati come sacrificio.
Quando la donna finì il suo racconto, gli occhi della piccola Clelia erano spalancati, così come la piccola bocca.
-E ora va a dormire tesoro. Su.
Gli occhi della bambina si chiusero mentre ancora fantasticava su questa prigione che si trovava così vicina a lei.

Un raggio di sole colpì il viso di Clelia. La ragazza aprì gli occhi verdi, e la prima cosa che vide fu una piccola feritoia posta su un muro incrostato di sudiciume. Si ricordò di ciò che era accaduto il giorno prima, e la colpì la consapevolezza che di lì a poche ore sarebbe stata spedita dritta nelle fauci della morte. Si tirò in piedi e aspettò, appoggiata alla porta massiccia della sua cella. Mentre stava lì, le braccia conserte, pensava alla sua famiglia. Cosa sarebbe successo ai genitori? E al fratellino minore? Si sentiva in colpa ad aver lasciato tutto il peso che portava a Thyrsos. Aveva solo undici anni, e si ritrovava all'improvviso a dover badare ai genitori malati e a due fratelli più piccoli. La ragazza malediva sé stessa, i genitori, i padroni, tutti coloro che avevano solo peggiorato la situazione. E piangeva. Piangeva in silenzio, senza lacrime. Perché ormai quelle le aveva esaurite. La porticina della stanzetta si aprì. Un legionario entrò e le mise in mano una borraccia e un rotolo di carne secca.
-Ai mostri piacciono le prede in forma- sogghignò.
Clelia infilò pian piano la carne in bocca, bevendo dopo ogni boccone. Il suo stomaco era contorto, e ogni pezzo di cibo che ingoiava era come un macigno.
Quando ebbe finito, il soldato la afferrò con malagrazia. La ragazza venne trascinata fino alle scuderie e piazzata su un cavallo. Il suo carceriere montò dietro di lei e spronò l'animale al galoppo. La città scorreva veloce accanto a loro, e dopo quelle che le sembrarono ore si fermarono.
Clelia venne fatta scendere dalla cavalcatura. Alzò lo sguardo. I suoi occhi verdi si spalancarono. Davanti a lei si ergeva il Labirinto.



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