Alleanze

172 30 4
                                    

Il carcino traballò sulle zampette e cadde all'indietro, una spada conficcata in una fessura dello spesso carapace.
Clelia stava ancora tremando, stringendo con forza la mano di Chigaru.
"Chi...?"
La ragazza si voltò verso il punto da cui era arrivata la spada.
Tra le canne spiccavano tre figure. Un uomo alto, imponente, con le braccia muscolose e il cranio rasato ricoperto da tatuaggi sumeri. Gli mancava un orecchio, e una lunga sfregiatura percorreva tutto il lato destro del volto.
L'uomo reggeva in una mano una spada arrugginita identica a quella che aveva ucciso il granchio. Avanzava con passo veloce, quasi militare, ma silenzioso, e dietro di lui la ragazza poté scorgere altre due persone, ferme al loro posto. Erano un uomo e una donna, entrambi abbastanza giovani, ma a causa della penombra non riusciva a scorgerne i lineamenti.
Il loro salvatore si avvicinò al carcino, estrasse l'arma dal suo corpo e poi, finalmente, si voltò verso i due ragazzi.
-Forza alzatevi! È pieno di questi cosi qui dobbiamo muoverci.
La voce era roca e profonda, ma secca come la pelle bruciata dal sole, che pareva più cuoio. Il tono era duro, quello di un uomo abituato a sangue e morti.
I due ragazzi si alzarono, ma Clelia dovette appoggiarsi all'amico per reggersi in piedi, le gambe sembravano fatte di gelatina e non reggevano più il suo peso. Respirò profondamente per quasi due minuti prima di riuscire a stare in piedi.
-Scusi, perché non sgusciamo il granchio? Almeno così avremmo qualcosa da mangiare
Alla domanda di Chigaru, l'uomo emise un breve sospiro.
-Ci abbiamo già provato, ne ho ammazzato un altro poco più in là, ma la corazza è troppo dura e non si rompe.

I tre si avvicinarono alle due figure delle quali Clelia non era ancora riuscita a distinguere i volti, solo il fatto che fossero un uomo e una donna.
Una volta a pochi passi l'una dagli altri, la ragazza poté notare l'incredibile somiglianza tra i due: entrambi erano mori, con la pelle chiara e gli occhi nocciola, il naso lungo e dritto, gli zigomi pronunciati e le labbra sottili tese nella stessa identica espressione neutra.
Sembravano adulti, ma da pochi anni, come appena usciti dal periodo della giovinezza. I volti, le mani e la pelle di entrambi erano lisci e ben curati, e insieme alle vesti di fattura pregiata lasciavano presagire l'appartenenza a una classe sociale piuttosto benestante.
"Che ci faranno qui? Non danno l'impressione di essere ladri o criminali..."
Non aveva il coraggio di chiedere, aveva passato tutta la vita a riempirsi di domande alle quali nessuno avrebbe dato una risposta, domande che avrebbero potuto costarle il pranzo.
Quasi avesse letto nel pensiero suo e di Chigaru, che probabilmente pensava le sue stesse cose, l'uomo presentò sé e i suoi compagni.
-Io sono Atab, loro due Agnes e Basil. Forza venite, dobbiamo muoverci a procurarvi qualche arma e a uscire di qui.
Vedendo che le bocche dei due ragazzi si aprivano colne di domande, continuò:- E state in silenzio.

Camminavano tra le canne, seguendo sentieri tutti uguali, nascondendosi dai carcini. Atab sembrava sapere perfettamente dove si trovava, camminava a passo spedito in testa alla comitiva e ogni tanto si voltava indietro per controllare che fosse tutto a posto.
Clelia era in fondo alla fila, Chigaru qualche passo avanti a lei, e scrutava attentamente i suoi nuovi compagni.
Era stato sicuramente un colpo di fortuna; il sumero sembrava molto forte, e sapeva maneggiare le armi, ma gli altri due... la ragazza non riusciva a capire chi fossero: i lineamenti erano tipici romani, aveva visto molti uomini e donne simili a loro nella sua vita, ma non sembravano sicuramente degli schiavi o dei servi. Continuavano a camminare tenendosi per mano, e ognuno di loro stringeva nell'altra una spada sottile e arrugginita, Basil con disinvoltura e Agnes con il braccio teso, chiaramente non abituata ad avere un'arma in mano.
Davanti a lei, Atab si fermò.
-Siamo arrivati. Cercate di prendere qualcosa di non troppo vecchio.
Si scostò per lasciar passare Clelia e Chigaru.
In una nicchia scavata nel muro, mezzi ricoperti da muschio e fanghiglia, c'erano degli scheletri. Scheletri umani, con ancora indosso pezzi di armature e spade e lance in mano. La ragazza rimase paralizzata.

-Quelli sono i resti dei folli che nel corso degli anni sono entrati nel Labirinto per ottenere gloria e onori, riuscendo ad uscirne vivi. Peccato che non ci sia mai riuscito nessuno, così i coraggiosi hanno smesso di cercare di diventare eroi.

Labyrinthum (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora