All'Interno

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La porta venne aperta completamente. Il cielo parve scurirsi, e il sole venne coperto da una spirale di nuvole scure. Dall'entrata del Labyrinto uscì un odore tremendo, di cadaveri in putrefazione e sangue, che fece cedere gli stomaci di quasi tutti quelli appostati lì davanti. Clelia si portò le mani alla bocca, cercava di trattenere i forti conati che le riempivano la gola. Non riuscì a trattenerli, e di accasciò per terra, vomitando bile e quel poco che aveva mangiato. Sentì un paio di mani trattenerle i capelli e sfregarle delicatamente la schiena. Si voltò e i suoi occhi verdi incrociarono riconoscenti quelli scuri di Chigaru, che le sorrise nonostante il colore cinereo del volto. La ragazza si sentì improvvisamente in colpa nei confronti del giovane.
"Non fosse stato per me non sarebbe in questa situazione" pensò rialzandosi "eppure è comunque così gentile... "
Un ruggito la risvegliò dai suoi pensieri, seguito da un altro, e da un altro ancora. Rabbrividì, e guardandosi intorno trovò i propri pensieri rispecchiati nei volti di tutti, guardie e non. Paura, molta paura, e comprensione: il simbolo inciso sulla porta era un sigillo. Quello che celava e tratteneva non potevano neanche immaginarlo, ma solo il suo verso li scuoteva nel profondo.
-Forza! Datevi una mossa! Se non entrate i mostri potrebbero uscire!
I legionari sembravano essersi ripresi, e iniziarono a spintonare i criminali all'interno del Labirinto. Alcuni di questi quasi non riuscivano a muoversi, altri ostentavano coraggio e spavalderia, ma i loro occhi erano lucidi e pieni di terrore.
Due alla volta, i trenta sacrifici furono gettati nella bocca dell'enorme piramide.

Buio. Un buio denso, che entrava negli occhi, nella bocca e nel naso di Clelia, soffocandola. Non sapeva di preciso da quanto tempo fosse rannicchiata lì, contro la fredda parete. Quando la porta era stata chiusa l'oscurità era calata su di loro, immobilizzandoli. La ragazza si stringeva le ginocchia, gli occhi spalancati nel tentativo di cogliere anche solo un piccolissimo bagliore luminoso. Il silenzio regnava sovrano tra le spesse mura, e non c'era traccia delle cose che avevano ruggito quando la porta era stata aperta.
La ragazza aveva ormai perso le speranze, e le lacrime continuavano a solcare incessanti le guance scavate. Era convinta che sarebbe morta così, al buio, senza nemmeno poter vedere l'aspetto della bestia che l'avrebbe sbranata.
Cercava in ogni modo di eliminare quei pensieri dalla testa, ma sembrava non ci fosse nient'altro nel suo cervello se non un'irrazionale, sconfinata paura. Stava ormai per cedere, per abbandonarsi contro una delle pareti ricoperte di muschio e chiudere gli occhi, implorando gli dei di non lasciarla in balia del destino crudele, quando un bagliore verdastro comparve al fondo di quello che si rivelò essere un piccolo corridoio. Clelia riuscì a distinguere i volti dei suoi compagni di sventura, illuminati dal fioco bagliore, una briciola di speranza che compariva in mezzo al mare di terrore nei loro occhi. Una donna dietro di lei si alzò, tremante, calamitando l'attenzione dei presenti. Aveva i capelli scuri raccolti in una crocchia disordinata, e gli occhi erano segnati da profonde occhiaie violacee. Sul corpo esile ricadeva l'abito usato dalle Vestali*, che un tempo era stata probabilmente bianca, stracciata in più punti e macchiata di sangue. Aveva probabilmente commesso l'incesto, pensò la ragazza. L'uomo che le stringeva da terra un lembo delka veste doveva essere colui con cui aveva tradito la fedeltà alla dea. La vestale tremava, ogni centimetro del suo corpo era scosso da violenti tremiti, e sul viso si disegnò un sorriso malato: un ghigno misto tra disperazione e speranza. Si lanciò verso la luce, incespicando. Gli altri ventinove sacrifici rimasero immobili, accucciati sul pavimento freddo, trattenendo il respiro. Gli occhi di tutti erano fissi sulla figura della donna. Arrivò all'apertura da cui arrivava la luce. La donna non si mosse, non urlò e non tornò indietro terrorizzata, come tutti si aspettavano.
Lentamente, si alzarono, iniziando ad avanzare. Clelia fu tra gli ultimi a raggiungere la porta. La vestale era lì, immobile, lo sguardo vacuo e fisso sulla stanza rotonda, ricoperta di muschio, e nelle pareti si aprivano gallerie scure. Gli occhi della donna erano fissi su una figura al centro della sala. Una figura minuta si avvicinava correndo.
Un grido, e la testa della sacerdotessa cadde sul pavimento di pietra grezza.

Angolo della scrittrice
Ciao! Lo so lo so non pubblico da un mese. Un mese! Mi dispiace ma avevo un cavolo di art block, inoltre questo capitolo è un intermezzo e quindi... morteee a me! Non avrei pubblicato se non fosse che oggi (25/09/2015) è il mio compleanno! Evviva! Non so quando aggiornerò di nuovo ma chissene.
Ciaooooo
TheLollipops


*Vestali= nell'antica Roma, le Vestali erano le sacerdotesse della dea Vesta. Servivano la dea dai dieci ai 45 anni, durante i quali avevano l'obbligo di rimanere vergini e di mantenere acceso il fuoco della dea. Se lasciavano che la fiamma si spegnesse o se perdevano la verginità venivano punite con la morte.

Labyrinthum (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora