Aiuto inaspettato

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Clelia rabbrividì per l'ennesima volta appoggiando il piede nudo su uno degli scivolosi scalini. Lei e Chigaru stavano scendendo già da qualche minuto una ripida scala, fiocamente illuminata da qualche lichene fluorescente. Tra loro regnava il silenzio, interrotto soltanto da respiri spezzati e da un gocciolare d'acqua che rimbombava nello stretto passaggio. Clelia non riusciva ad identificarne la provenienza, ed era profondamente angosciata dallo scandire dei secondi e dei minuti che dava. Davanti a sé vedeva a mala pena la schiena dell'amico: la pelle scura di Chigaru, infatti, si confondeva con la fioca oscurità. La ragazza si osservò le mani, notando che la pelle, illuminata dal riverbero dei muschi, era quasi traslucida. Le dita tremavano ancora, anche se leggermente, e le intrecciò tra loro per far cessare quell'impercettibile movimento.
All'improvviso il ragazzo si fermò, e lei fece appena in tempo ad arrestare i propri passi.
-Clelia, riesco a vedere la fine delle scale. Facciamo attenzione.
-Va bene.
Ripresero ad avanzare, i cuori che battevano quasi in sincrono, e il cui suono sembrava rimbombare tra le pareti ricoperte di licheni dello stretto corridoio.
Scesero gli ultimi scalini.

Dietro la schiena dell'egiziano, la ragazza scorse del verde. Alte canne si innalzavano dall'acqua che ricopriva il pavimento. Dal soffitto piovevano quelle goccioline che avevano accompagnato i giovani in tutta la loro discesa. Funghi bianchi, quasi trasparenti, sbucavano pallidi dall'acqua melmosa, segnando una specie di sentiero tra le canne.

I due ragazzi fissarono a lungo la scia biancastra che si perdeva tra la fitta vegetazione e la penombra della stanza. Proseguire o tornare indietro e prendere un'altra strada? Il ricordo del satiro, del suo sguardo feroce e della fame con cui aveva sbranato la sacerdotessa fece muovere il primo passo ai giovani.

L'acqua era fredda, e i piedi scalzi di Clelia faticavano a non scivolare sulla patina viscida che ricopriva il pavimento di pietra grezza. Quel posto le metteva addosso ansia, inquietudine, e anche il più impercettibile fruscio che il passaggio suo e di Chigaru provocava la faceva sussultare.
La ragazza si voltò, e già non riuscì ad intravedere la porta dalla quale erano entrati nel canneto.
"È tutto troppo silenzioso. C'è qualcosa che non va. C'è qualcosa che non va. Non ce la faccio più, vorrei così tanto essere a casa!"

Un movimento troppo brusco delle canne fu catturato dagli occhi di Clelia. La ragazza spinse l'amico tra le canne, in modo che la vegetazione li celasse alla vista di qualunque cosa si muovesse davanti a loro. Dal verde apparve un enorme granchio, così alto da arrivare tranquillamente alla cintola della giovane. La corazza era dello stesso colore delle piante, perfettamente mimetizzata ricopriva il dorso e parte dell'addome. Piccoli occhi bianchi, ciechi, erano posizionati appena sotto un paio di antenne che fremevano impercettibilmente. Due lunghe chele seghettate fecero scorrere un brivido lungo la schiena della giovane.

-E' un carcino*- sussurrò all'orecchio del ragazzo. I racconti su questo mostro non erano tra i suoi preferiti, ma erano tra i favoriti dei fratellini, che amavano giocare con crostacei e insetti, e così aveva dovuto ascoltarli numerose volte. L'enorme granchio si voltò a destra e a sinistra, muovendosi sulle corte zampette.
Stava venendo verso di loro? La ragazza non riusciva a capirlo, l'animale si muoveva a scatti, come se fosse senza una meta precisa. Chigaru le strinse la mano con forza, quasi a volerle dire "se attacca non ti lascerò indietro". Rimasero lì acquattati per quelle che sembrarono ore, aspettando una mossa del mostro.
Poi il crostaceo si voltò di scatto verso di loro. Con una velocità sorprendente si scagliò verso i due giovani, che rimasero paralizzati ai propri posti, troppo sorpresi per riuscire a reagire. Clelia vedeva solo il mostro che si scagliava verso di lei, non poteva muoversi, il cuore batteva così forte che sembrava stesse per esplodere, era congelata da una paura irrazionale, esattamente come Chigaru.
Le chele si avvicinavano. Avrebbero potuto benissimo staccare di netto la testa di uomo dal corpo.
Mancava un soffio, le tenaglie già aperte stavano per circondare i colli dei due ragazzi.
Clelia sentiva la mano di Chigaru tremare convulsamente ancora stretta alla sua, e probabilmente anche lei era scossa dai brividi.

Una corta spada arrugginita si piantò sibilando in un punto in cui la corazza non proteggeva la carne gommosa del carcino.

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*Carcino= grosso granchio che nella mitologia greca corse in aiuto dell'Idra durante il combattimento con Eracle.

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