Condanna

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Clelia alzò lo sguardo, e i suoi occhi si colmarono di terrore. A stringere il suo braccio mingherlino era la mano forte e callosa di un legionario, un uomo dalla corporatura robusta e possente. Dal suo sguardo si poteva comprendere molto facilmente che era adirato dall'atto illegale compiuto dalla giovane: gli occhi castani erano cupi, stretti in un'espressione accigliata, e fulminavano la ragazza tremante. Quest'ultima era molto spaventata, iniziò a pensare al peggio, le gambe e le mani le tremavano, facendo cadere a terra le polveri colorate che stringeva. Piccole goccioline di sudore scendevano fredde e lente lungo la sua schiena, lance appuntite che le ricordavano dolorosamente di non essere in un incubo. Non ebbe il tempo di spiegare il tutto, che l'uomo la tirò con forza in piedi. Prese a trascinarla con violenza, non curandosi dei passanti che si scansavano al suo passaggio. Clelia tentava di liberarsi, sperava che il sudore sulla mano del legionario la aiutasse a sciogliersi dalla presa, ma ogni tentativo era inutile. Le lacrime scorrevano veloci sulle guance della schiava. Pensava ai fratellini, che sarebbero stati lasciati al loro destino, al più grande che avrebbe dovuto farsi carico dei genitori e anche del piccolo malato. La gente per strada si scansava al loro passaggio, la guardava con pena, ribrezzo, divertimento. Magari già immaginavano l'esecuzione, il divertimento che chi poteva permettersi da vivere provava vedendo i poveracci morire.
Dopo strade e strade la mano della giovane formicolava, dalla sua gola non uscivano più lamenti, ma piccole gocce salate continuavano a rigarle le guance. Arrivarono davanti a un grosso edificio grigiastro. La prigione e caserma dei legionari di Ellade. Fu spinta dentro e le sue mani legate a un anello appeso alla parete. Il militare si accostò a dei suoi compagni, bisbigliando e indicando la schiava presa in flagrante.
-Io l'ho già vista! Serviva dell'arconte Alyphios!- urlò uno degli uomini indicandola.
-Sicuro?
-Certo! Non mi credi?
-Potresti anche esserti confuso...
-Basta discutere. Portiamola dall'arconte, ci dirà lui.
Cenni l'assenso e bisbigli, poi Clelia fu slegata e trascinata verso il palazzo del suo signore. Aprì una delle sue compagne. La vide, e i suoi occhi scuri si spalancarono. Li condusse tremante al cospetto dei signori. L'arconte era un uomo sui quarant'anni, con i capelli grigio fumo, duri occhi di ferro e rughe severe intorno agli occhi e alla bocca sottile. Il suo sguardo era colmo di disprezzo, e puntato volutamente appena sopra il capo di Clelia. Non avrebbe mai guardato direttamente una misera schiava. Anche la moglie la scrutava con superiorità.
-Si, era una delle nostre schiave. Era. Fatene quello che volete. Non è una nostra priorità.
Detto questo uscì dalla sala. Altri singhiozzi percossero il corpo fragile di Clelia. Il capitano delle guardie annuì tra sé e sé e la tirò in piedi. La ragazza era caduta in ginocchio quando aveva capito che la morte le era vicina.
-Bene. Dopo discuterò con il centurione a proposito della pena di morte.
A queste crudeli parole un urlo soffocato risuonò nel sontuoso salone. Da dietro la porta della stanza Clelia scorse il fratello più grande. Si tappava la bocca con le mani, gli occhi blu erano ricolmi di lacrime e tremava. La ragazza si accasciò a terra. Quando si voltarono anche i legionari si acquattò dietro a un grosso vaso. La condannata a morte fu rialzata e condotta fuori. Mentre passava davanti a Massimo, senza farsi vedere, fece scivolare per terra le medicine. Il bambino le afferrò e, quando il funesto gruppo si fu allontanato, corse via.

Un'ora più tardi Clelia era al cospetto del centurione.
-Una ragazzina così giovane... allora sgualdrinella, cosa posso fare con te?
La ragazza tremava, in ginocchio, sbirciando con la coda dell'occhio l'uomo imponente che era piantato davanti a lei. Capelli brizzolati, sbarbato, con piccoli occhi ferrigni piantati in un volto dai lineamenti duri, fisico possente anche se avanti negli anni, la scrutava, con sguardo quasi annoiato.
-Centurione, lo sa bene cosa fare con lei. La pena per il furto è la morte.
Il soldato semplice dietro di lei sembrava voler solamente andarsene e finire il suo turno notturno.
"No! Io non voglio morire! No, vi prego, vi prego..." pensava la schiava mentre attendeva il suo verdetto.
-Si certo. Fissate l'esecuzione per domani alle prime luci dell'alba.
Le lacrime ricominciarono a scendere. In quel momento entrò un'altro uomo nella piccola stanza. Si accostò al centurione e sussurrò qualcosa al suo orecchio. Quest'ultimo annuì, e il soldato se ne andò.
-Bene. Ragazzina, per ora non morirai.
Stupore e sollievo apparvero sul volto della giovane.
-A causa di alcuni avvenimenti il tuo destino sarà un altro. Forse peggiore della morte. Domani entrerai nel Labirinto.
In quel momento, Clelia desiderò per la prima volta di morire.

Salve a tutti. Ci sono alcuni annunci per voi. Primo: ormai la storia la scrivo solo io (Ale-creepypastalover) perché in due è troppo complicato.
Secondo: scusate se ho pubblicato dopo più di un mese, ma ero in vacanza e non avevo internet quindi...
Terzo: grazie! Quasi 100 voti!
Quarto: fra poco indirò un concorso. Partecipate numerosi!
Ale-creepypastalover

Labyrinthum (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora