Schegge di fuoco, scintille di ghiaccio

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Callisto stava ancora cercando di riordinare i pensieri, quando la fastidiosissima voce del druido lo raggiunse, intromettendosi in quello che lui considerava il proprio spazio vitale.

"Quindi ci darai una mano, stregone?" Chiese, senza troppi preamboli, l'uomo vestito con una tunica logora e con i capelli grigi stopposi, pieni di rametti e foglie intrecciate, più che un capo druido, sembrava uno spaventapasseri, di quelli brutti persino.

"Io ce l'ho un nome, vecchio..." sottolineò Callisto, in risposta all'epiteto dell'altro.

"Mi chiamo Callisto e gradirei tu lo ricordassi, ogni tanto, visto che sei stato tu, insieme a quei circolo di folli, a decidere di liberarmi dal sigillo dell' elfo oscuro.

"Dovresti esserci grato, stregone..." disse l'anziano druido, calcando apposta quel suo accento gracchiante sull'ultima parola.

"...senza la nostra magia e la nostra conoscenza, tu saresti ancora a contorcerti tra la terra e i vermi..."

"Parli come se voi lo aveste fatto in maniera del tutto disinteressata, ma sappiamo entrambi che non è così vero, Rakinell?" Domandò Callisto, ormai stufo di sentirsi domandare sempre le stesse cose, da giorni, mentre tutto ciò che desiderava era di starsene un po' in pace.

Doveva ancora elaborare il lutto per aver perso la sua giovane moglie Nefele, con suo figlio ancora in grembo, uccisi dallo stesso elfo che lo aveva maledetto, imprigionandolo in quella non vita. Avvertiva su di sé tutto il dolore che stare incatenato ad un corpo in disfacimento gli aveva causato per centinaia di anni, sì, perché Callisto così si sentiva: come un morto che cammina (1) dopo essere tornato a respirare e a toccare davvero l'aria con un corpo vero, nuovo, diverso.

Ora lo stregone non era più un comune mortale, ma era stato riportato indietro come elfo, i suoi capelli erano rimasti gli stessi, un bizzarro bianco dai riflessi celesti. Ma le orecchie gli erano diventate a punta, proprio come quelle dell'elfo oscuro quel negromante assassino, che tanto disprezzava e che, sicuramente, una volta liberatosi di quei druidi ossessionati, avrebbe cercato in capo al mondo pur di vendicarsi.

"Se tu sapessi la gravità della minaccia che ci circonda e incombe su di noi, non saresti tanto restio ad aiutarci... nom è solo una questione di druidi, ma delle razze tutte..." precisò solenne, e serioso, Rakinell.

"Sì, sì, me lo avete ripetuto alla nausea negli ultimi sette giorni. Gli orchi, la magia, la terra che cambia e la gente che impazzisce perdendo il senno..." elencò Callisto, per nulla impressionato, quasi annoiato.

"Non mi avete detto nulla che io non abbia già visto, o combattuto secoli fa, perché dovrei preoccuparmene ora?"

"Perché non è qualcosa che si fermerà o esaurirà tanto presto, ci sono forze oscure, magie sconosciute, dietro le azioni degli orchi... la terra muore, gli animali fuggono..." ricordò all'elfo il druido, scuotendo la manica del proprio abito rattoppato.

"E una pioggia di cavallette cadrà sulla terra (2)... non sei un po' troppo vecchio per credere ancora a queste tavolette?" Domandò Callisto, non nascondendo per nulla il proprio sarcasmo e la propria insofferenza.

"Qualunque cosa sia, se si tratta di magia, ci penseranno i maghi, loro hanno i loro accademici, tutti sapientoni occhialuti. Tra loro ci sarà pur qualcuno con la soluzione adatta...". Continuò lo stregone avvicinandosi al torrente per sciacquarsi il viso con la fresca acqua gelida che accarezzava le rocce, correndo verso il cuore della terra, per poi sbucare più a valle, verso il mare.

"...È proprio questo il problema, stregone, di maghi ancora capaci di ragionare ce ne sono sempre meno, e se aspetti, non ce ne saranno più..." A parlare non era stato Rakinell, ma qualcun altro. Qualcuno che possedeva una voce decisamente più gradevole di quella del vecchio druido, anche se aveva, nel tono, un atteggiamento sprezzante e di superiorità.

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