"Dove diavolo mi hai portato ragazzino? Ti avevo detto di lasciarmi là..." Gli gridò contro lo stregone reggendosi la testa, mentre cercava di resistere alla tentazione di rimettere sul bel tappeto sul quale erano appena atterrati dopo il teletrasporto del giovane mago.
"Me lo hai detto sì, ma non è mia abitudine lasciare indietro chi sta male, e poi ho una..."
"...Una missione sì, lo so. Devi scortarmi in Accademia, dove i tuoi colleghi mi aspettano con ansia, non è vero?" lo parafrasò Callisto con un sorriso sarcastico.
Lo stregone si guardò intorno: era una stanza, grande, enorme, le ragnatele facevano bella mostra di sé un po' ovunque, insieme ad uno spesso strato di polvere, visibile anche in penombra è un forte odore di stantio e di vecchio, come se quel luogo fosse stato disabitato da anni.
"Potevi portarci direttamente là, non credi? Anzi mi domando come mai non lo hai fatto, ci saremmo risparmiati tutte queste grane!"
Callisto effettivamente non capiva il comportamento del suo giovane compagno di viaggio.
Loro due erano entrambi dotati di magia e incantesimi, ma il giovane Vargas sembrava sempre molto restio ad usare la propria arte.
"Ti aiuto a raggiungere il letto..." rispose il mezzelfo che era rimasto in silenzio a fissare qualcosa dalla parte opposta allo stregone.
Il giaciglio era in mezzo alla stanza come d'uso in quasi tutti i castelli delle famiglie nobili dell'epoca, aveva un baldacchino, ma costruito in maniera semplice e non barocca, niente oro, putti, o fiere, drappeggi di pesante broccato, solo legno intarsiato e una tela di copertura un po' consunta che pareva di lana, forse lino addirittura.
Vargas sollevò Callisto mettendoselo addosso e lo stregone fu sorpreso da quanta forza avesse il mago, all'apparenza esile e alto com'era non si sarebbe mai aspettato che riuscisse a trasportare qualcuno tanto, o più pesante di lui.
"Ora aspetta qui. Vado a cercare qualcuno che possa aiutarti..." pronunciò quelle parole troppo in fretta quasi che avesse paura di restare un attimo di più in compagnia di Callisto.
"Ehi, ragazzino, non vorrai mollarmi qui senza neanche dirmi quando ritornerai. Senza offesa ma questo posto mi mette i brividi, avrei preferito mille volte il bosco!" Si lamentò Callisto mentre cercava di poggiarsi meglio sui cuscini che sapevano di vecchio, di stantio, e di abbandono.
"Questo posto è il castello della mia famiglia, quello che ne resta insomma. Mi dispiace aver deluso le tue aspettative ma non sapevo dove altro andare. Almeno qui siamo protetti dagli incantesimi di mio padre. Il morbo succhia cervello qui non può entrare..." ribadì Vargas con un luccichio orgoglioso negli occhi.
"Interessante... quindi nessuno può entrare e nessuno può uscire?" Soppesò Callisto prendendo il polso di Vargas prima che lui potesse scansarsi.
"So come potremmo ingannare il tempo ragazzino..."
Callisto lo guardò con aria maliziosa mentre se lo tirava vicino.
"Smettila di dire queste cose..." lo ammonì Vargas, staccandosi dalla stretta, si voltò ma non abbastanza in fretta da mascherare il leggero rossore sul viso.
Lo stregone lo guardò e proruppe in una risata divertita alzando le mani.
"Va bene, va bene, non le dirò più, le penserò e basta..." continuò Callisto che si divertiva a provocare nel giovane mago anche il più piccolo turbamento.
"Attento stregone altrimenti oltre alle tue gambe sarà qualcos'altro a non funzionare più..." lo minacciò Vargas uscendo dalla stanza e lasciando l'altro che ancora rideva, anche se ombre di dolore e preoccupazione velavano i suoi occhi nocciola.
***
Passò un certo lasso di tempo, Callisto non sapeva dire con precisione quanto perché nonostante avesse cercato di contare il tempo con le ombre ed i raggi del sole che danzavano nella stanza filtrando dalla finestra, alla fine, si era addormentato.
"¿Estás seguro de que no está muerto? Se ve realmente muerto..."
"el solo esta durmiendo..."
Callisto che si era ripreso, sentendo le voci parlare nella stanza in quella lingua così musicale eppure così arrotolata decise di fingere di essere ancora addormentato. Gli piaceva stare ad ascoltare la cadenza melodiosa del giovane Vargas che parlava nella sua lingua madre con quella che sembrava una giovane donna, una guaritrice forse? La sua magia era molto simile a quella dei druidi come Rakinell. Al pensiero del vecchio Callisto ebbe un brivido di fastidio e repulsione.
"No sé si puedo curarlo... Simenon".
"Haz lo que puedas, Gretismar, lo necesitamos...".
Vargas, su quell'ultima parola, calcò l'accento quasi fosse preoccupato, ma la sua non era preoccupazione, pensò Callisto, più che altro irritazione.
Tutta quella faccenda aveva rallentato i suoi piani, la sua missione e ora il giovane mago non voleva stare dietro ad uno stregone infermo e insolente. Callisto sorrise ancora con gli occhi chiusi, la donna se ne accorse.
"È sveglio?" Domandò al giovane mezzelfo.
"Perché non lo chiedi direttamente a me?" Azzardò Callisto guardando direttamente negli occhi verdi azzurri della ragazza con fare sicuro e magnetico.
Vargas alzò gli occhi al cielo e a Gretismar sfuggì un sospiro che sembrava più di eccitazione che di spavento.
"Lei è Gretismar, una mia amica guaritrice, e quasi druida. È qui per curare le tue gambe non per far piacere al tuo ego..." sottolineò il giovane mago facendo le dovute presentazioni.
"Sei tu mezzorecchie che ci vedi quello che non c'è... Io sono uno stregone rispettabile, un elfo d'onore. Il piacere è tutto mio, Gretismar, anzi perdonami se ti ho fatto scomodare per una cosa così di poco conto..."
"Essere paralizzato alle gambe lo chiami roba da poco?"
"Beh, che c'entra non posso usare le gambe, ma ho le ali no?"
"Va bene, come vuoi ci rinuncio. È tutto tuo Gretismar, io devo mandare un comunicato ai miei superiori. Tornerò più tardi, nel frattempo chiedere alla mia guardia tutto ciò che vi occorre".
Il mezzelfo li lasciò soli e al suo posto comparve un uomo, o meglio l'ombra che era stato e fece un inchino mettendosi in un angolo della grande camera da letto, attendendo ordini.
***
Era ormai quasi notte quando anche Gretismar si congedò da Callisto lasciandolo solo con la guardia fantasma.
Lo stregone era di umore nero, non aveva toccato cibo. Quello che gli aveva riferito la giovane guaritrice dopo averlo visitato e aver tentato di guarirlo più volte non gli era piaciuto per niente.
"Tu non hai niente...niente che possa essere guarito. Il tuo corpo sta bene. È la magia che non va'..." aveva detto Gretismar.
"Stai forse dicendo che sono io a non voler camminare?"le aveva domandato spazientito lo stregone.
"Non dico questo, ma sì... è qualcosa che ha che fare con questo, con la tua parte più profonda, col tuo potere..."
Callisto non riusciva a capire. Si sentiva sempre lo stesso, eppure le gambe sembravano come morte, estremità mute, immobili, inservibili.
"Maledizione..." imprecò Callisto colpendosi col pugno la coscia sinistra, senza avvertire alcun dolore.
"Volete che chiami il mio Signore" chiese il cavaliere fantasma.
"Vorrei essere lasciato solo..." chiese lo stregone è quello obbedì e lasciò la stanza.
Callisto con fatica si mise a sedere. Dalla vita in giù non sentiva niente, solo il peso del corpo che si spostava quando mise i piedi giù dal letto. Non percepì nemmeno il freddo del pavimento sotto le piante dei piedi.
Si aggrappò con una mano ad una delle colonne intarsiate di quel letto troppo decorato per i suoi gusti e fece ciò che non avrebbe dovuto: tentò di mettersi in piedi.
Il rumore della caduta e lo schiocco della sulla faccia sul pavimento fu sufficiente a far accorrere Vargas, il giovane mago entrò nella stanza che un tempo era stata la sua con un lampo negli occhi, era pronto a combattere, la magia che gli crepitava nei palmi, poi si bloccò e la sua espressione di addolcì per quanto fosse possibile, quando vide Callisto a terra che strisciava per rimettersi in piedi.
"Che hai fatto? Sciocco! Dove pensavi di andare?" Gli chiese Vargas mentre lo tirava su piano, facendo leva con il suo corpo, sapeva do sandalo, sabbia e bosco, un profumo che Callisto non avrebbe dimenticato tanto presto.
"Avevo bisogno di espletare certe funzioni biologiche, non volevo certo farmi reggere mentre mi svuoto la vescica no?" Chiarì Callisto, anche se il motivo per cui aveva tentato di alzarsi non centrava molto col bisogno di urinare.
"Vuoi che chiami la mia guardia?"
"No".
"Posso reggerti io se vuoi".
"No".
"Oh, avanti, non vorrai mica fare il timido per una cosa così. Vieni ti accompagno ai bagni, così potrai anche darti una rinfrescata, sai non profumi esattamente come un prato in fiore..." gli ricordò Vargas.
"Tu invece hai un buon odore. Si vede che hai avuto il tempo di pensarci..." disse Callisto con tono serio e non sarcastico questa volta.
"Beh sì..." rispose Vargas imbarazzato senza motivo, "non essendo più in viaggio al momento, ne ho approfittato..."
"Dico sul serio, hai un buon odore..." ribadì Callisto incrociando il suo sguardo. Vargas evitò di ribattere e lo accompagnò ai bagni del castello.
I bagni non erano altro che una grande sala con delle vasche termali di acqua limpida e pulita da cui si librava un piacevole vapore. In un angolo c'era la "latrina" diciamo così, un buco dove espletare i bisogni prima di lavarsi e insaponasti. Il tutto gestito da condotti che portavano via l'acqua di scolo e portavano acqua pulita direttamente dal mare.
"Ingegnoso questo sistema..." Callisto parlò tra sé a voce alta.
"Lo ha voluto mia madre... è sempre stata molto fissata con l'igiene personale... il tutto funziona un po' con ingranaggi e un po' con la magia, ma è comodo davvero..." lo anticipò il giovane mezzelfo per spiegare.
"Ora se sei a posto. Ti lascio. Chiama la mia guardia quando hai finito..." disse Vargas dopo aver aiutato Callisto a svestirsi e ad entrare mezzo nudo nella vasca più bassa di acqua dolce e tiepida.
Lo stregone, a sentire l'acqua calda intorno alle membra stanche e contratte, sospirò di beatitudine. La casacca e i pantaloni di Callisto era posati lì accanto, subito fuori dalla vasca e lui era immerso nella vasca con addosso solo le braghe di tela che, bagnate, lasciavano ben poco spazio all'immaginazione.
"Sembri esausto, non vuoi restare anche tu?..." chiese Callisto mentre Vargas già si era allontanato da lui e lo stregone sentiva ancora addosso il peso delle sue braccia che fino a poco prima lo avevano sostenuto facendolo scivolare lentamente nell'acqua.
"No, grazie. Gretismar mi hanno detto che quello che hai non ha a che vedere col tuo corpo, ma con lo spirito, hai un certo disequilibrio nella tua magia..." disse Vargas evitando quei suoi occhi nocciola liquidi di godimento e rilassatezza.
"Così pare, anche se non ci ho capito granché..." rispose Callisto con noncuranza disegnando cerchi nell'acqua con le mani, i movimenti lenti, delicati, ma ipnotici.
Vargas si perse a fissare quelle dita flessuose umide d'acqua e vestite di acciaio e oro, uno stregone non si separa mai dai suoi anelli, si ricordò e il pensiero di quelle dita nella sua bocca ritornò prepotente e lo scosse nel profondo provocandogli un brivido caldo, che egli cercò ovviamente di mascherare nel suo restare composto e impassibile. Ma a Callisto non sfuggì il leggero spostamento nell'aura magica dell'altro, come se risuonasse ad un richiamo, il suo.
"Vargas..."
"Sì?..." rispose l'altro con un filo di voce che tradì un certo nervosismo.
"Grazie... grazie di... questo" e indicò se stesso e la stanza da bagno.
"Non è gran cosa. Piuttosto vedi di rimetterti in piedi presto". Lo disse guardandolo fisso stavolta, gli occhi bruni pieni di sfumature e di molte cose non manifeste.
"Non ho bisogno delle gambe per fare questo..." Callisto si spinse sui gomiti e si avvicinò a Vargas che se ne stava accovacciato lì accanto, gli sfiorò le labbra schiuse e morbide appena prima che l'altro scattasse indietro come scottato da quel contatto. Avrebbe potuto bloccarlo, rendere quel bacio un bacio vero, ma non lo fece, gli lasciò lo spazio per ritrarsi, senza mai staccare però gli occhi dai suoi.
"Smettila di prenderti gioco di me!" Sibilò Vargas levandosi le tracce di quel contatto con la manica, come fanno i bambini quando non vogliono una carezza o un bacio di troppo.
Callisto stava per rispondere qualcosa quando entrambi furono interrotti dalla voce della guardia che informava il suo signore che un messaggio urgente era pervenuto dall'Academia.
"Devo andare" rispose Vargas e abbandonò là Callisto senza voltarsi, tutta l'incertezza nei suoi passi sparita, sostituita dalla solita maschera di sicurezza e determinazione.
"Non sto giocando..." rispose Callisto sottovoce quando ormai l'altro se ne era già andato da un pezzo e nel castello risuonavano solo i canti degli uccelli notturni, il vociare della cuoca e i passi della guardia fantasma.
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Schegge di fuoco. Scintille di ghiaccio
FantasyQuesto è un mio nuovo, strampalato progetto, di cui devo l'ispirazione a quella ragazza dalle mani d'oro, Miryel che mi ha dato l'idea per scrivere una AU! Con protagonisti i giovani Vargas e Callisto, prima di tutti gli eventi che accadono nella mi...