Come una nuvola nel vento

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"Come sarebbe che Vargas non è qui?" Gridò Callisto inveendo contro il povero Oren, così si chiamava il cavaliere fantasma ancora al servizio della famiglia Vargas, nonostante fosse ormai morto da tempo. Quell'uomo un tempo certamente massiccio e valoroso, ora solo una pallida imitazione evanescente di sé, restava fedelmente e indissolubilmente legato al castello e alla protezione del suo signore, Simenon Vargas, figlio di Joseph Vargas, il quale era morto purtroppo quindici anni prima per mano di strane creature.
Oren non si era dissolto, non si era voluto dissolvere, insieme al suo corpo naturale, ma parte di lui, del suo spirito era rimasta. Una scintilla di volontà e di estremo sacrificio inchiodata lì solo ed esclusivamente per proteggere l'unico erede dei Vargas ancora in vita, il piccolo Simenon, ora fattosi uomo e mago.
"Quello che ho detto. Il mio Signore ha lasciato il castello ore fa".
"Per andare dove? Se si può sapere..." insistette Callisto sempre più nervoso.
"Non ho la facoltà di dirvelo... stregone". Quella parola, quell'appellativo fece capire a Callisto che ad Oren lui non piaceva, non si fidava, beh il sentimento era reciproco.
Chi si fiderebbe delle azioni e delle parole dette da un fantasma?
"Lo hanno richiamato in quella stupida scuola di inutili maghi vero?". Intuì Callisto, pensando al messaggio della guardia la sera precedente, quando erano stati interrotti dopo quel bacio, insomma quello che avrebbe dovuto essere un gran primo bacio ed invece si era ridotto ad un semplice tocco di labbra umide e nervose.
Dannazione avrei dovuto infilare le dita tra i suoi capelli e baciarlo finché non mi avesse chiesto di smettere o di continuare oltre...
Pensò Callisto, distraendosi da ciò che stava dicendogli la guarda con voce monocorde.
"Volete che vi aiuti in qualche cosa?" Domandò la guardia che già la sera prima lo aveva aiutato ad uscire dalla vasca lucida e confortevole per poi rivestirlo con abiti puliti, ma non suoi, presi a prestito dal guardaroba di Vargas quasi certamente.
Callisto in quelle vesti ci si trovava a disagio, non erano abiti scomodi, ma erano troppo diverso dal suo abituale modo di cestirsi, così agghindato poteva passare per un mago e quella era l'ultima cosa che desiderava, essere confuso con un mago...
"Potresti riportarmi i miei abiti?"
"Vorrei, signore, ma non posso" disse Oren a disagio.
"Perché non puoi?" Callisto iniziò a sentirsi dannatamente irritato.
"Non posso perché li ha presi il mio signore Simenon Vargas..." rispose senza alzare lo sguardo il cavaliere, facendo muovere leggermente la mano sinistra là dove stava l'elsa di una spada fantasma.

***

Simenon non aveva dormito. Aveva poche ore per riposare, lo sapeva, la convocazione dei maghi superiori non avrebbe ammesso ritardi né tentennamenti, ma lui era preoccupato. Per la prima volta in vita sua dopo l'esilio forzoso, non desiderava rimettere piede in Academia. Il mezzelfo sentiva che qualcosa non andava e continuavano a ronzargli in testa le parole di Callisto...
Hanno cercato di avvelenarti, forse quei maghi non si fidano poi così tanto di te, forse ti hanno mandato da me, per liberarsi di te.
No, non poteva essere. Non avrebbe avuto senso richiamarlo indietro, eppure, eppure c'era qualcosa in Simenon che gli imponeva di stare all'erta di non fidarsi di nessuno.
Il mezzelfo sorrise nella penombra della stanza che aveva scelto per sé, il fuoco del camino accese i riflessi sui suoi occhi, illuminando i denti bianchi e perfetti. Simenon sfiorò i vestiti rubati a Callisto e nel farlo sospirò, non era sicuro che spacciarsi per lo stregone, una volta giunto in Academia, fosse una buona idea, ma era l'unico modo che gli era venuto in mente per scoprire se ci fosse un traditore tra le fila dei maghi più illustri.
Simenon chiuse gli occhi e si lasciò andare ad un breve sonno disturbato da pensieri grotteschi, incubi e desideri inespressi.

***

"Lasciati andare ragazzino, so che lo vuoi anche tu..."
Callisto lo reclamava con la voce, con la bocca, con le mani e Simenon non riusciva a sottrarsi, non lo voleva davvero. Il giovane mago fece per indietreggiare, slittando con gli stivali umidi sul pavimento liscio dei bagni, quando Callisto si sollevò in piedi in tutta la sua altezza e gli fu addosso, talmente vicino da sentire il suo corpo zuppo d'acqua tremare dal freddo.
Sottili rivoli di vapore si sollevarono dai capelli nivei di Callisto.
Lo stregone sollevò il viso e spinse sui piedi per poter essere alla stessa altezza del mago.
"Sei guarito? Puoi muovere le gambe..." Ammise sorpreso Vargas vedendolo in piedi.
"Non sono mai stato malato, ricordi? Era uno squilibrio della magia..." confessò Callisto prima di avventarsi sulla piega tra collo e spalla dell'altro.
La pelle del giovane mezzelfo scottava a confronto della sua, era un piacevole contrasto, schegge di fuoco lambite da scintille di ghiaccio.
"Callisto non giocare con me..." tentò di protestare il giovane Vargas, mentre l'altro gli allentava i lacci della tunica esponendo il torace e la cicatrice.
"Non sto giocando Vargas, se volessi giocare con te, te ne accorgeresti... non sono così paziente e premuroso con le mie avventure di una notte..."
Simenon a sentir quelle parole deglutì vistosamente.
"Potresti... puoi fermarti?" Chiese Vargas con un certo panico nella voce.
"Cosa c'è principessa? Sto andando troppo veloce per te? La tua ritrosia è commuovente, si direbbe quasi che tu non abbia mai conosciuto le gioie del sesso..."
Vargas girò il viso come per nascondersi, si sentiva umiliato ed esposto.
"Vuoi sentirmelo dire non è vero? E va bene! Te lo dico! Mai nessuna ha voluto sfiorarmi in diciannove anni di vita, se escludi mia madre e mia sorella, ho dato solo un bacio ad una ragazza e ora lei è morta! Contento adesso?" Gridò Vargas, e calde lacrime iniziarono a scendergli lungo le guance scavate e lisce.
"Ehi... mi dispiace..." cercò di rimediare Callisto toccandogli il viso.
"Beh... c'è sempre una prima volta, per tutti..." gli ricordò Vargas che nel frattempo aveva ripreso il proprio normale auto controllo, ricacciando indietro le lacrime e la debolezza.
"Hai ragione mago, e la tua prima volta deve essere speciale, non certo con uno come me. Io sono marcio dentro, più morto che vivo, più stronzo che altruista. Insomma io sono uno stregone... un tipo poco raccomandabile..." affermò Callisto con voce cupa e rassegnata allontanandosi dal corpo caldo e vibrante di eccitazione del giovane mago, inconsapevole del proprio fascino.
"Io non intendevo dire questo Callisto..." esordì Vargas quando si accorse di quanto soffocante fosse la mancanza del corpo dell'altro premuto contro il proprio.
"Lo so, mezzorecchie, lo so... è meglio se ci separiamo qui. Il nostro viaggio insieme non può continuare. Non dopo tutto questo... questo è, e sarà un problema... scusami davvero, non posso restare" disse lo stregone e, senza più guardare gli occhi bruni di Vargas, lasciò la stanza termale, lasciando una scia acquosa e trasparente sul pavimento di piastrelle blu e oro.
"Callisto, aspetta... io..."

Schegge di fuoco. Scintille di ghiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora