Capitolo 8

993 56 5
                                    


Never told anyone anything bad
'Cause that shit's embarrassing.
All that you did was make me fucking sad
So don't waste the time I don't have
And don't try to make me feel bad.

———-

«Questo non é né il momento né il luogo di scherzare.» Proferii a denti stretti, inalando abbondantemente.

«Camila...»

«Avvocato.» Lo corressi. La confidenza aveva già deteriorato questo rapporto. Ristabilire l'ordine, i confini, era l'unico modo per impedirgli di oltrepassarli.

«Avvocato.» Ripeté contraendo la mascella. «Stiamo esagerando, lei non crede?»

«Voglio sapere dettagliatamente di cosa avete parlato in quell'ora. Se ritiene non sia necessario, spero abbia salvato il numero di Lauren in rubrica perché le servirà un nuovo avvocato per il suo processo.» Sostenni baldanzosa il suo sguardo, cercando di capire quale oscurità si celasse nel suo risentimento.

«Come le ho già detto, mi ha solo domandato di venirle incontro, di interrompere questo processo prima di iniziarlo. Era disposta ad offrirmi dei soldi, ne aveva parlato con quel coglione del suo cliente. Le ho detto di andare a fanculo. É abbastanza dettagliato?» Inarcò un sopracciglio. Adesso capivo perché qualcuno avesse voluto picchiarlo.

«Non mi torna.» Sussurrai per l'ennesima volta, scervellandomi. «Lauren non é tipo da ritirarsi. Non é da lei scendere a patti.»

Alex farneticò qualche fesseria, per interrompersi a metà frase ed esaminarmi: «Da come ne parla, sembra vi conosciate.»

In una corte, il mio silenzio sarebbe già stato preso come un'ammissione. Cercai di ridurla al minimo indispensabile: «Non la riguarda.»

«Ah, non mi riguarda? Se il mio avvocato é implicato in qualche modo con l'avvocato della controparte, io esigo saperlo. É mio diritto essere a conoscenza delle circostanze che decideranno del mio futuro.»

«Quello che deve sapere é che non permetto ai pareri personali di condizionare il giudizio professionale. Che le mie battaglie si basano sulla giustizia e non sui rancori. Una volta chiarita la mia posizione lavorativa, quella privata non la compete.» Versai un po' d'acqua nel bicchiere, mitigando l'arsura. Comprendevo i suoi dubbi, ma detestavo la sua arroganza. Molti credevano che pagare il tempo significasse essere in diritto anche della persona. E quello era il momento in cui tornavo a dar del lei.

«D'accordo, neppure mi interessa. Ma se trovarsi nella stessa aula di tribunale con quella vipera sarà un problema, voglio saperlo.»

«Mi creda, mi sono trovata in posti peggiori e con persone peggiori senza batter ciglio.»

Dinah interruppe la seduta. Mi avvertii che il mio prossimo cliente era in sala d'attesa. Un rapido consulto al mio orologio mi permise di salutare Alex senza dovermi scusare.

«Mi raccomando, Camila.» Mi mise in guardia, oscillando l'indice verso di me. Uscendo fece un cenno a Dinah che non ricambiò.

«Che tipo.» Scosse la testa contrariata.

«Quando sono a colloquio con lui, ho bisogno ci sia una bottiglia di scotch qui e non d'acqua.» Dinah ridacchiò, ma le assicurai di essere più che seria.

«Sta procedendo così male?» Domandò timorosa, ma se un'astemia desidera dell'alcol non c'è una risposta diversa da quella peggiore da aspettarsi .

«Non sai quanto.» Inspirai profondamente, facendo ciondolare la testa all'indietro.

«Quando avrete il primo incontro tutti insieme?»

«Fra qualche settimana.»

«Ti senti pronta?»

Guilty, your honorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora