She don't really like it but she needs me
She saying she don't really miss me
But fuck it now I'm faded off the wrong things
But I'm into it, I'm into it————
Ally era ripartita da qualche giorno, ma Dinah aveva stabilito una routine involontaria per cui ci sentivamo almeno due volte al giorno, rendendo il lavoro una convivenza forzata col passato. Non facevano altro che parlare di vecchie storie, ridere di vecchie storie, piangere per vecchie storie... Senza dubbio avevano lasciato qualcosa nel passato che nel futuro non avevano ritrovato. Per me il contrario. La malinconia non era mai stata la mia malattia, piuttosto la smania di andare più avanti possibile per dimenticare cosa lasciavo indietro.
Purtroppo nessun ricordo viene cancellato del tutto, soprattutto quelli brutti... soprattutto se si presentano nel tuo ufficio.
Lauren sarebbe arrivata fra otto ore. Avevo pensato di rimandare? Si. Avevo addirittura ideato una strategia inconscia per cui ogni giorno mi ponevo in una situazione potenzialmente pericolosa sperando di uscirne contusa, così da non dovermi assumere le responsabilità della codardia. Ma il giorno era arrivato e, anche se avessi tentato di indispormi volutamente, avrei sempre saputo che non era stato il caso bensì la mia volontà a farmi indietreggiare, e non volevo dare ulteriori motivi a me stessa per non piacermi.
Dinah fece capolino verso mezzogiorno, dopo aver terminato l'ultimo colloquio della mattina.
«Ti ho portato il pranzo.» So che la sua generosità era un'indole, ma so anche che quel giorno c'entrava ben poco con i suoi gesti.
Le feci segno di sedersi, sgombrando la scrivania quel poco che bastava per star comode. Dinah divagò da subito, come se ci tenesse ad allontanare l'attenzione dall'elefante nella stanza, sottolineando i suoi smaliziati intenti. Non durò a lungo. Quando si ha un pensiero, evitarlo conduce solo a incontrarlo due volte: la prima per caso, la seconda per tormento.
Girò la forchetta dentro la sua vaschetta di carta, ormai vuota. Rimestava le sue parole. «Allora...» Alzò gli occhi su di me, tentando di catturare la mia predisposizione prima di indisporla. «Come sei messa per il processo Tackaman?»
Okay, ha deciso di prenderla larga. Non gliene facevo una critica, ma ero stupita.
«Ho sistemato tutte le carte, ripassato i punti fondamentali... Alex verrà qui alle sette, un'ora prima. Voglio che sappia cosa deve dire, ovvero niente.» Dissi con un'espressione alquanto simpatica, ma più che determinata.
Dinah ridacchiò, ma non aveva ancora colpito il centro del bersaglio. Aveva solo fatto un tiro di prova. «E tu cosa dirai, invece?» Parlare per allusioni non era da lei. Forse il mio silenzio l'aveva intimorita più della mia furia. Sapeva che la rabbia era una difesa per me, ma interpretava il mio silenzio come un rifugio, e per quanto il fuoco bruci fa sempre più spavento il buio.
«Mi atterrò ai fatti legali.» Mi strinsi nelle spalle, scansando il suo sguardo.
«Camila.» La dolcezza nella sua voce bussò contro il mio muro.
La rimirai sprovveduta, annuendo coscienziosa al suo sguardo. «Sono tranquilla. Comunque non voglio passare per codarda...»
Dinah sospirò grevemente, condividendo il mio peso con apprensione. «Che diamine é successo a Chicago?»
Inspirai, distogliendo lo sguardo verso un punto impreciso. Mi misi in moto, riordinando la scrivania, pensando agli appuntamenti del pomeriggio, alle email... «Sei stata preziosa, ma devo davvero smaltire alcune pratiche.»
Dinah aveva l'aria smarrita. Si rendeva conto di cosa mi inquietasse, ma non trovare un motivo alla causa era peggio del non conoscere la causa stessa. A quel punto meglio essere ignari che indovinare; l'immaginario é di natura crudele.
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Guilty, your honor
FanfictionCamila Cabello è all'ennesimo caso di difesa. Non ha mai avuto timore di affrontare i possibili risvolti in tribunale, ma non ha mai neppure pensato di trovarsi di fronte a Lauren Jauregui. Entrambe avvocate di successo, si troveranno faccia a facci...