Capitolo 12

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Maybe it's a blessing in disguise
(I see myself in you)
I see my reflection in your eyes
I know you're sick
Hopin' you fix whatever's broken
Ignorant bliss
And a few sips might be the potion

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«Io non sosterrò un criminale.»

«É solo una simulazione.»

«So che per te è facile stare dalla parte del torto, ma io preferisco la giustizia.»

«Questa raccontala a chi non ti conosce.» Disse a denti stretti.

Mi voltai di scatto verso Lauren, affossando la punta del dito nel suo petto: «Tu non mi conosci.»

La corvina mi trafisse con il suo sguardo inerme, inducendomi a ingrossare le spalle anche nella tregua. Sospirai, afflosciando i muscoli tesi. «Così non ne usciamo.» Dissi, tornando a guardare davanti a me per eludere la sua flemma indisponente. C'era qualcosa nei suoi occhi per cui faticavo a resistere. Forse troppo odio conduce alla debolezza.

«D'accordo, facciamo come dici tu.» Dichiarò, e per un attimo, solo per contraddirla, pensai di voler cambiare nuovamente idea, ma mi azzittii. «Passo io alla vostra squadra, ma sarò sempre io ad affrontare il caso.» Lauren era già sgattaiolata fuori dall'ascensore prima ancora che le porte si spalancassero. «Portami i documenti stasera.» Addusse dandomi le spalle.

«Io non prendo...» L'abitacolo si era già richiuso in sé stesso prima che potessi contestare. Mi appoggiai alla parete, rilasciando un sospiro esasperato. Si, avrei dovuto lasciar venire Dinah al posto mio.

Mi presi il pomeriggio per rilassarmi. Non pensai neppure al lavoro o alle chiamate perse. Agognavo la solitudine e il silenzio, gli unici luoghi dove mi sentissi davvero me stessa. La situazione non era delle migliori di sicuro, ma non coinvolgeva solo me. C'era anche Ally a cui pensare, i suoi amici, i nostri colleghi. Dovevo abbandonare i rancori personali per fare gioco di squadra. Era più facile a dirsi che a farsi, soprattutto quando avevo trascorso tutta una vita a covarli. Una città così grande non era bastata a dividerci. Era davvero un brutto scherzo.

Ally passò verso l'ora di cena per capire come fossimo rimaste. Le dissi che Lauren aveva accettato di collaborare con noi e la sua espressione combaciò perfettamente con i miei pensieri. La pregai di essere il più civile possibile, non per lei, ma per me. Le chiesi chi aveva preso i documenti, dopo che mi ero allontanata dall'aula il più in fretta possibile. Mi disse di passare dalla stanza di John. La ringraziai per tutto e le promisi di ragguagliarla all'indomani.

Mi sistemai controvoglia e scesi al piano di sotto, dove alloggiava John. Bussai alla camera indicata da Ally, aspettando una risposta. I passi si approssimarono lentamente.

«Ehi.»

«Ehi.»

«Sei passata a prendere i documenti?»

«Si, Ally mi ha detto di venire da te.»

«Ti ha detto bene.» Sorrise sornione. Non contraccambiai. Dovevo già fingere di farmi piacere una persona quella sera, due erano troppe.

John si grattò timidamente la nuca, facendo mente locale. Si addentrò nella camera, invitandomi ad entrare. Restai sulla soglia, pretendendo di non averlo sentito. «Eccoli qui.» Mi consegnò il malloppo.

«Ti ringrazio.»

«Camila.» Mi afferrò il braccio prima che mi allontanassi: «Non so cosa sia successo fra te e Lauren oggi, ma... certe cose lasciatele fuori, non so se mi spiego.»

«Non c'è bisogno di specificarlo, John.» Abbozzai un sorriso, ma mi divincolai. Potevano mettere in discussione tutto, tranne la mia professionalità.

Guilty, your honorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora