Capitolo 21

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Even on my worst day, did I deserved, babe, all the hell you gave me?

You had to kill me,
But it killed you just the same.

————

Tornai a casa per cambiarmi. Mia madre fu sorpresa di non sapermi a cena con loro. Questo perché non avevo amici a Miami.

«Infatti non ne ho, mamma.» Evidenziai perentoria, ma elusiva.

«D'accordo, allora dovrò preoccuparmi tutta la sera?» Tirò un sorriso lievemente seccato. Non sopportava la mia ambiguità, se la legava al dito. Io credo ci fossero solo cose che era meglio non sapere.

«No, mamma.» Addolcì il suo timore con tono carezzevole. «Sarò a due o tre isolati da qui.»

«Non conosco nessuno dei nostri vicini...» Fece spallucce, lanciandomi occhiate fugaci.

Mi approssimai a lei, le poggiai le mani sulle spalle e le baciai la fronte: «Meglio.» Quindi mi avviai verso l'uscita, ignorando il suo farneticare con svagata noncuranza. «Ci vediamo stasera!»

Taylor venne a prendermi, sorridente come mi aveva lasciato. Mi fece intendere di non aver detto niente a Lauren, il che non mi rincuorò. La loro casa si trovava letteralmente a dieci minuti dalla mia. Mi pareva impossibile fosse stata sempre così vicina, eppure. La squadravo stranita, come solo sa essere chi si trova davanti quello che non si aspettava mai. L'ultimo posto in cui avrei creduto di mettere piede in vita mia, era proprio questo luogo, così irreale da parere di fantasia per me.

Taylor mi invitò ad entrare, poggiandomi una mano sulla schiena per sciogliere la mia rigidità. Mi lasciai condurre. Venne ad aprire la mamma di Lauren. Le somigliava tremendamente, non aveva neppure i tipici segni dell'età di una sua coetanea. Mi accolse con grande tranquillità. Sospettavo volessero uccidermi a quel punto, ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro.

«Lauren arriverà fra qualche minuto, vuoi bere qualcosa intanto?» Mi chiese cordialmente.

«Ehm, va bene un bicchiere d'acqua. Grazie.»

Mi guardai attorno, più confusa che incredula. Era come camminare nella propria immaginazione e poterla toccare. Aveva l'odore di salsedine e fiori, era più vintage di quanto immaginassi e decisamente più accesa. Immagazzinavo dettaglio dopo dettaglio rendendola reale. Non mi capacitavo di come potesse essere vero, ma ultimamente vivevo più fantasie che realtà.

Sentii le chiavi tintinnare nella serratura, i passi nel corridoio e poi la voce della corvina: «Sono a casa! Avete per caso...» I suoi smeraldi diventarono quasi grafite. Anche lei doveva chiedersi se fosse uno dei suoi incubi.

«Ciao.» Spezzai il suo dubbio, stringendomi nelle mie stesse braccia.

«Cosa... Come... Tu, voglio dire..» Barbugliava attonita, voltandosi da tutte le parti per cercare un aiuto alla sua incomprensione.

«Mi ha invitato mia sorella. Tua sorella. Mi ha invitato tua sorella.» Maledizione, sospirai calmando i nervi.

«Perché?» Allungò la vocale assieme al suo scetticismo.

«Ehm...» Scossi la testa. Avrei voluto saperlo pure io.

«Ah, eccoti finalmente!» Taylor ci venne incontro. Il suo sorriso aggiungeva terrore al nostro incubo. «É pronta la cena.» Disse rivolta a entrambe, serpeggiando celere fra di noi. Per lei era una scena normale, quasi quotidiana dal suo modo di approcciarsi.

«Ah, ti stavamo aspettando Lauren. Sei in ritardo.» La pungolò affettuosamente sua madre, mentre il padre, a cui avevo stretto solo la mano, le mise una una mano sulla spalla invitandola a tavola.

Guilty, your honorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora