Jasper, nel frattempo, riuscendo a trovare la calma e la razionalità che fino ad allora erano vacillati nel dubbio dell'incertezza, si era promesso di non piangere, così si appellò a tutto il coraggio che aveva in corpo e con un gesto deciso e determinato aprì con fermezza quella porta che fungeva da sipario tra la triste realtà e il suo palcoscenico, dove avrebbe dovuto personificare il ruolo di intrepido scudo umano. Annalisa li lasciò soli, promettendo a Elena che sarebbe tornata presto.
Jasper abbracciò la moglie. "Non importa, amore mio, a me basta averti accanto. Ti prometto che avremo un altro bambino. Noi siamo forti, insieme ce la faremo."
La sera la dottoressa si ritrovò a fare i conti con se stessa nel momento in cui si trovò di fronte quella targhetta con sopra inciso il numero 112. Aveva promesso di passare a trovare la sua giovane paziente, ma non aveva preso in considerazione l'idea che per poter stare con lei avrebbe dovuto cancellare ogni tipo di emozione negativa dal volto per non scoraggiare una persona già eccessivamente instabile emotivamente. Al suo ingresso si imbatté nell'incombente sagoma di una persona sola, attonita in volto, disperatamente riluttante di fronte all'idea di una possibile voglia di reagire. Elena era rimasta sola con il suo senso di abbandono: il mondo intero le aveva voltato le spalle, avevano ignorato le sue richieste di felicità. Il marito le era andato a prendere un cambio per l'indomani, lasciandola momentaneamente in balia dei suoi pensieri, non senza alcuna preoccupazione. La dottoressa aveva finito il turno però, non avendo il coraggio né la volontà di lasciare Elena sola, le rimase accanto tutta la serata. Era qualcosa a cui non riusciva a dare una spiegazione, qualcosa di irrazionale: quella giovane ragazza le riusciva a trasmettere una disperazione tale da farle provare il bisogno di non ignorare quel sui grido muto. Si sedette accanto alla sua paziente, in quello spazio, normalmente, occupato da un familiare. Quello spazio che celava in sé l'assenza di un rifugio.
"C'è qualcosa che dovete dirmi, vero?" chiese ingenuamente Elena, vedendo che il volto atterrito di Annalisa.
"Domani, al mattino presto, ti opereremo per espellere il feto senza vita. L'operazione durerà poco ma è necessaria."
Elena ebbe una reazione comprensibile: scoppiò in un pianto doloroso, quel pianto che incorporava la riluttanza a voler dire addio a qualcosa che aveva iniziato a respirare dentro di lei, e dentro di lei aveva cessato di farlo. Quella notte fu impossibile per le due ragazze riuscire a prendere sonno, non c'era modo di sfuggire alla tristezza che i loro pensieri erano in grado di emanare nella loro mente. Ogni senso era stato permeato da quell'ondata di malumore che aveva messo a tacere il sonno.
"Come mai nessun parente ti è venuto a trovare?"
"In questo momento i miei sono a Milano e da Milano a Roma troppi chilometri ci dividono." rispose Elena con gli occhi lucidi. "Non possono lasciare il lavoro nemmeno per venire a trovare una figlia in ospedale."
L'espressione che comparve sul volto della ragazza non nascondeva solo il dolore per quella mancata presenza, ma si poteva chiaramente scorgere quel velo di rabbia che contraddistingue il volto di chi si sente abbandonato, inconsiderato, inutile, invisibile. Quella rabbia di chi è cresciuto in un ostile ambiente familiare, di chi non ha potuto godere della considerazione delle figure genitoriali. Annalisa avrebbe, in qualche modo,voluto aiutarla ma l'unica cosa che avrebbe potuto fare in quel momento era starle vicino, garantendole il suo sostegno. Parlarono fino a notte inoltrata, scoprendo di avere molte più cose in comune di quante se ne potessero immaginare: Annalisa era cresciuta con due genitori divorziati che avevano sempre messo in primo piano i loro interessi, tralasciando le conseguenze che il loro atteggiamento avrebbe sortito su un'adolescente in crisi con se stessa. Si addormentarono in una morsa amichevole, inaspettata quanto attesa per la giovane figura a cui era stato appena strappato il sogno di diventare mamma: Elena era stretta, quasi aggrappata alle braccia della sua compagna che le stava vicino cercando di proteggerla.
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Fiocco rosa
ChickLitDolcemente Elena poggiò il suo volto nel petto del marito, Jasper. Voleva nascondere il suo viso coperto di lacrime al mondo, per non dargli la soddisfazione di vederla soffrire. Elena aveva perso il suo piccolo quando era solo al quarto mese di gra...