Il miracolo.

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***Attenzione, prego. Vi lascio alla lettura, ma vi aspetto alla fine per delle spiegazioni doverose. Grazie.***

Quanta forza si può celare dentro il corpo di una donna? Le urla, i pianti, il dolore, la paura ed il rischio che possa andare tutto storto possono essere paragonabili solo ed esclusivamente ad un'immensa gioia.

«Forza Irene, ci siamo quasi! Ancora un po', un ultimo sforzo!»

Ebbene, l'ultima volta che lei e Giuseppe avevano fatto l'amore, chissà come - nonostante Irene prendesse la pillola - erano riusciti a concepire una nuova vita.
L'esito positivo era arrivato circa due settimane dopo, perché Irene aveva iniziato ad accusare i classici disturbi della gravidanza e per sicurezza aveva deciso di fare le analisi del sangue; lo aveva detto a Giuseppe quella stessa sera ed entrambi avevano pianto tanto, felicissimi per quel piccolo miracolo che iniziava a prendere forma.

Il ginecologo però le aveva raccomandato il massimo riposo per scongiurare un eventuale distacco placentare e per fortuna Irene era riuscita a portare perfettamente a termine la gravidanza.
Era stata per tutti una gioia immensa, specie per i rispettivi genitori, anche se nessuno sapeva se fosse un maschio o una femmina, perché lei e Giuseppe non avevano voluto saperlo e avevano mantenuto il massimo riserbo sulla vicenda fino alla settimana precedente.

«Se è un maschio non vedo l'ora che cresca, così io e papà gli insegneremo a giocare a calcio e gli trasmetteremo l'amore per la Roma» aveva scherzato Niccolò, appena saputa la notizia.

«E se è una bambina?» gli aveva chiesto Irene, con un sorriso.

«Terrò lontani tutti i ragazzini che si vorranno avvicinare a lei e farla stare male. Sono il fratello maggiore e devo difendere mia sorella»

E lì, sia Giuseppe che Irene si erano commossi. Niccolò aveva detto "mia sorella" ed erano state le parole più belle che avessero mai sentito fino a quell'istante.

«Dai Irene, coraggio!» la incitò l'ostetrica del Gemelli.

Irene strinse fortissimo la mano di Giuseppe e lo guardò, stremata.

«Vai amore, puoi farcela» le sorrise lui, rassicurandola prima di lasciarle un bacio sulla fronte.

Era la seconda volta che assisteva ad un parto e stava letteralmente tremando, più di quanto avesse fatto per la nascita del suo primogenito.
Stava per diventare per la seconda volta papà a sessant'anni e la cosa un po' lo impauriva, ma l'amore per Irene e per quell'esserino che stava finalmente venendo al mondo, al contempo lo tranquillizzavano.

Irene spinse un'ultimissima volta, emettendo un grido di dolore e sentendo subito dopo il pianto dello scricciolino appena dato alla luce, riecheggiare fra le mura della sala parto.

«Eccola qui, la vostra bellissima principessa!»

Irene scoppiò in lacrime e Giuseppe la seguì, poggiando la fronte alla sua e carezzandola poi sul viso mentre le sussurrava parole dolcissime.

«È una bambina» gli disse Irene, fra i singhiozzi.

«Sì, amore. È una bambina, è nostra figlia»

Giuseppe le sorrise, continuò ad accarezzarle il viso e baciarla, fin quando l'infermiera non li interruppe.

«Chiedo scusa, che nome avete scelto?»

Irene e Giuseppe rimasero senza parole e si guardarono, sorridendosi ancora a vicenda come due scemi perché non avevano scelto un nome.

«Ecco, noi non... Non ci abbiamo pensato» si scusò Giuseppe, diventando rosso per l'imbarazzo, assottigliando le labbra e portandosi una mano alla nuca.

Non mi lasciare.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora